Nel castello di Verne ramata appare sul video-registratore

Nel castello di Verne ramata appare sul video-registratore Un romanzo sconosciuto dello scrittore francese Nel castello di Verne ramata appare sul video-registratore VERNE l'aveva dettoQuante volte, nel corso del secolo, elzeviristi di scaltro mestiere hanno infiorato le cronache delle grandi conquiste tecnologiche con opportuni riferimenti alle più profetiche pagine verniane. Verne come Nostradamus: miti destinati a crescere nella notorietà dell'uomo-massa, tanto'.più citati quanto me-> no effettivamente frequentati. Oscuro e ossessivo Nostradamus, esplicito e didascalico Venie: l'uno e l'altro pco leggibili sema la pietas della nostalgia, o sema le improvvise curiosità dell'età adulta. Per leggere Verne oggi ci vuole una pazienza da restauratore, e una valigetta di grimaldelli strutturalistici, antropologici, narratologici, psicoanalitici. Verne è il contrario del grande scrittore: prolisso, ripetitivo, divagante, infarcisce il racconto con dettagli didascalici che starebbero meglio in una guida turistica o in un vecchio manuale di geografia. Cose risapute. Eppure il Grande Vecchio del positivismo letterario riesce a montare delle macchine fantastiche che non soltanto resistono alle liquidazioni sommarie come alle esaltazioni di letture troppo sofisticate, ma ti lasciano a fare i conti con delle intuizioni non banali. Prendiamo II castello del Carpazi, nella nuova traduzione di Mariella Di Maio, introduzione di Edoardo Sanguineti. Libro relativamente tardo (1892), piuttosto breve, riciclaggio dichiarato e divertito di elementi del romanzo 'nero» e gotico, con espliciti omaggi e Hoffman. Gli ingredienti sono obbligati: le rovine di un castello dei Carpazi, un borgo di anime semplici e inclini all'horror, una serie di inquietanti prodigi, i quali annunciano che il castello è abitato da qualcuno che, al pari del Capitano Nemo, non lesina invenzioni per difendere ringhiosamente la sua privacy. Guai ad andargli sotto. (Dracula è nell'aria: Bram Stoker, che è stato sicuramente tra i let¬ tori del Castello, pubblicherà il suo romxmzo cinque anni dopo). Dietro questo décor amabilmente fittizio e poco spaventevole si consumano le braci di vecchie passioni. Due grandi signori del luogo, Rodolphe e Fram, si erano contesi la stessa donna, la cantante lirica napoletana Stilla. Quando lei sceglie Fram, Rodolphe la fulmina con uno sguardo assassino (alla lettera!), ma può continuare a farla rivivere per suo esclusivo uso e consumo perché si è assicurato i servigi di un inventore strambo, repellente e geniale che risponde al nome di Orfanik. Costui costruisce non soltanto microfoni spia e luci stroboscopiche, ma una sorta di rudimentale video-registratore, coi quale Rodolphe può udire e vedere l'amata che canta l'aria che l'ha resa famosa. Che Verne abbia inventato anche il video-regi-, stratore, non può stupirci' più. che tanto, vista la sua bravura in materia. Stupi¬ scono invece certe sottigliezze implicite in quello che noi oggi leggiamo come un apologo su qualcosa che è già accaduto. Anzitutto, come osserva Sanguineti, l'intuizione che il vero eterno femminino dell'età moderna è quello costruito a macchina: Stilla non è mai così vera, così mitica come quando viene riprodotta artificialmente dal videotape di Orfanik. Allo stesso, modo, cinema e tv impongono il consumo di modelli femminili costruiti a tavolino, ispirati da ricerche di mercato: mere finzioni.pure illusioni elettroniche. i Come non accorgersi poi che nel destino di Rodolphe, che si chiude nel. suo castello diruto per nutrirsi di immagini registrate, sta iscritto il nostro stesso destino di video-dipendenti, ridotti a guardare la vita correre sul teleschermo più che a viverla, sempre spettatori e mai protagonisti, sfuggiti alla forza gravitazionale dell'antica civiltà della scrittura e della parola. C'è, al fondo delle favole verniane, dei suoi trucchi di illusionista aggiornato, una prudenza, addirittura una soitanziale sfiducia verso il mito del progresso. Non c'è redenzione dal peccato d'orgoglio del moderno Prometeo, non c 'è grandezza di eroe demiurgo in Orfanik, risibile figuretta più vicina al ricovero nell'asilo psichiatrico che a una medaglia d'oro all'esposizione universale. Sono i riflessi autobiografici di qualche stanchezza, di qualche delusione? O è già l'ammonimento a non fidarsi degli apprendisti stregoni? Fatto sta che anche Il castello dei Carpazi finisce in catastrofe: Fram impazzisce, il maniero esplode, Rodolphe muore, il video-registratore va distrutto. Ci vorranno settantanni perché degli ingegneri giapponesi, dopo un viaggio organizzato nei Carpazi, riprendano con successo i vecchi brevetti del povero Orfanik. Ernesto Ferrerò Jules Verne, Il castello del Carpazi. Editori Riuniti, 146 pagine, 6000 lire. Illustrazione tratta da «Il secolo delle invenzioni» (ed. Mursia)