Non è Biennale se non c'è polemica di Francesco Vincitorio

Non è Biennale se non c'è polemica Si accendono le discussioni per invitati e esclusi Non è Biennale se non c'è polemica IL 13 giugno s'inaugurerà la 40* edizione della Biennale di Venezia, settore Arti Visive e il mondo dell'arte, come sempre, è in fermento. Discussioni, accuse, lamenti, insomma la consueta solfa. Se Luigi Carluccio non fosse morto, improvvisamente, alcuni mesi fa, avremmo avuto una Biennale fatta completamente da lui. La «sua Biennale', quella in cui voleva affermare, sema condizionamenti, il suo pensiero sull'arte, le sue predilezioni per certe linee laterali, legate alla tradizione e contrarie alle sperimentazioni delle ultime avanguardie. Ma, per quanto si sia cercato di rispettare i suoi propositi, inevitabilmente, qualcosa è cambiato. Infatti, il piano espositivo, predisposto da Sisto Dalla Palma, segretario generale della Biennale e incaricato, pro-tempore, del settore Arti Visive, è risultatoti seguente. Ai Giardini, una rosse-' gna internazionale che, come desiderava Carluccio, s'intitola «Arte come arte: persistenza deUtopéra». L'ha curata una commissione, fra cui l'italiano Guido Perocco. Come sue premesse ideali, le antologiche di Brancusi, Matisse e (se arriveranno le opere) Schiele; Carluccio ne aveva prevista una anche di Barlach ma è stato impossibile realizzarla. Accanto a questo nucleo centrale, oltre alle abituali rappresentanze straniere, il Padiglione Italia, a cura di Luciano Cammei. Esso comprende «opere-segnali» di Fontana e Licini e di 25 artisti italiani. Fuori dei Giardini, una rassegna internazionale di giovani, curata da Tommaso Trini, divisa in due sezioni. La prima, nei Cantieri della Giudecca, intitolata «Aperto 82/ Tempo; con alcuni elementi, come dice il comunicato, «di spicco» dell'attuale panorama. La seconda, al Magazzini del Sale, intitolata «Aperto 82/Spazio», per «informare sulle molteplici esperienze oggi in corso». A latere, e precisamente nella Scuola di S. Giovanni Evangelista, una personale di Tapies e una «presenza» di Torninosi Ferroni. Come si è detto all'inizio, ■le polemiche sonò roventi. Fuori discussione gli «omaggi» a Brancusi, Matisse e Schiele, le maggiori critiche vengono rivolte al¬ la mostra «Arte come arte: persistenza dell'opera». Si dice die è una mostra che «guarda al passato», che le scelte del circa 40 artisti sono state fatte ignorando le ricerche più attuali, si lamentano parecchi squilibri qualitativi. Dei 7 italiani prescelti, i più bersagliati sono il tardo figurativo Vito Tongiani e lo scultore Floriano Bodlni. Si sostiene che, a quel livello, in ltalia.ee ne sono innumerevoli altri. Onestamente, non si può negare. Questo è anche il lamen- to che fa da refrain alle scelte per il Padiglione Italia, su cui, per la verità, le «idee di Carluccio», non hanno avuto alcun peso. . Cammei ha cercato di mantenerle — sia per quanto riguarda le tendenze che l'età degli artisti — quanto più larghe possibili. In effetti, è una campionatura abbastanza equilibrata e pure il livello—a parte qualche presenza un po' forzata, come q'uelle dell'anziano Montanarini — è accettabile. Tuttavia è naturale che gli esclusi si lagnino e così i loro aficlonados. E' il limite oggettivo di una manifestazione come la Biennale, che con il suo prestigio finisce per avvalorare l'idea di una consacrazione. Dimenticando che è una consacrazione che quasi mai ha colto nel segno. A riprova, basta una scorsa ai vecchi cataloghi, stracolmi di illustri ignoti. La musica non cambia neppure per la rassegna dei giovani. Più aspre le critiche rivolte al settore «elementi di spicco». A parte l'eccessiva preponderanza italiana, il campo delle nuove generazioni è, oggi, troppo affollato e confuso per non generare alte grida quando si tenta una selezione. Senza contare che è difficile considerare «giovani» un Mochetti, che lo stesso Trini aveva presentato alla Biennale del 1970 o la Montessort, che è nata nel 1931. Rilievi quasi analoghi per il settore giovani, detto «informativo». Ancora maggiore lo squilibrio tra italiani e stranieri. Numerosi i casi opinabili, fra i quali si può magari giocare a cercare il potente padrino. In realtà, da Trini si attendeva più coraggio, più insofferenza a questi metodi. In ultimo, forse la nota più stonata, cioè la personale di Tapies e la «presenza» di Tommasi Ferroni. In questo caso non si tratta di estetica. Accertato che non èrano «un'idea di Carluccio», malgrado le richieste, non è stato possibile sapere da chi sono stati proposti. Si è risposto, non senza imbarazzo, che era stata la Commissione consultiva, della quale fanno parte Carlo Arturo Qutntavalle, Remo Brindisi e Carmine Benincasa. Ma qualcuno hdr fatto, presente che quest'ultimo — peraltro influente «consigliere* del ministro Scotti — è assai vicino a una galleria che svolge un intenso commercio con le opere di Tapies. Da qui ipotesi non certo lusinghiere per la Biennale. La quale ha già abbastanza guai per caricarsi anche del sospetto che, con denaro pubblico — quest'anno pare ammonti a 2 miliardi — si favoriscano giochi mercantili. In conclusione, una Biennale che nasce con parecchie ombre e che, una volta aperta, di sicuro non vedrà scemare l litigi. Forse minori del solito i difensori e in aumento coloro che dicono: cosi com'è, delenda est. Francesco Vincitorio «Concetto spaziale» di Lucio Fontana

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