Nella gabbia dell'Assise d'appello insieme pentiti e superiduri di PI di Lorenzo Del Boca
Nella gabbia dell'Assise d'appello insieme pentiti e superiduri di PI L'anno scorso i 93 imputati avevano avuto condanne per 345 anni Nella gabbia dell'Assise d'appello insieme pentiti e superiduri di PI Sandalo, Vacca e Zedda, tra coloro che hanno ripudiato la violenza - Ci sono anche due contestatori: Maurice Bignami e Maria Teresa Conti che si sentono «vicini alle Br» - Anni di terrore descritti nei verbali A due giorni dall'approvazione del testo definitivo della legge a favore dei terroristi «pentiti» (che entrerà in vigore fra quindici giorni) comincia il processo d'appello contro la truppa di «Prima.linea» che di pentiti ne conta una decina. Due - Sergio Zedda e Roberto Vacca - sono «grandl-pentlti»; uno - Roberto Sandalo - è il «grandissimo-pentito». E POI fra le maglie di un esercito sgangherato si trovano 1 pentiti di essersi pentiti, 1 dissociati, i semi-dissociati, i duri, 1 quasl-duri e i durissimi. Anche 1 contestatori: Maurice Bignami e Maria Teresa Conti, già l'anno scorso, avevano letto un documento con il quale presentavano le dimissioni da «pielle» ritenendosi più vicini all'area delle Brigate rosse. Gli imputati sono novantatré. Sono comparsi in tribunale per il primo grado dal 4 maggio al 2B luglio 1981. Allora la Corte he aveva condannati 76 per 345 anni di carcere. Le pene più severe per Susanna Ronconi evasa all'inizio dell'anno dal carcere di Rovigo e per 11 gotha del terrore: Bruno Laronga, Maurice Bignami, Silveria Russo, Paolo Zambianchi, Francesco D'Urst, Raffaele Jemulo. L'accusa da cui devono difendersi gli uomini di «Prima linea» è quella — generica — di «partecitiazionc c organizzazione di banda armata». Ma fra le migliaia di pagine di verbale è scritta una storia di anni di terrore. All'inizio del 1978 la banda contava 800 soldati e disponeva di un bilancio di 1300 milioni. I «clandestini» —terroristi a tempo pieno — avevano uno stipendio di 250 mila lire al mese che poi, complice la svalutazione, ha dovuto essere aumentato a 350. I colonnelli e i capi-manipolo volevano fare la rivoluzione per cambiare il mondo. Sono riusciti soltanto a incendiare automobili di «nemici», rapinare banche, rubare fotocopiatrici^rivG.ltelle,. Prima di ^essere ca^ujaji hanno potuto anche uccìdere. ' L'organizzazione si è fatta viva a Torino con l'assalto in un ufficio della Fiat. Poi dopo un'impressionante «escalation» di violenza, hanno massacrato la guardia Lorusso, il barista Carmine Clvltate, lo studente Emanuele Jurilll, il dirigente Ghiglieno, il vigile urbano Bartolomeo Mana. L'ultima impresa è stata l'ir¬ ruzione nella scuola di specializzazione aziendale di via Ventimiglia con la fucilazione alle gambe di dieci studenti e professori scelti a caso. Una violenza inutile: eppure praticata e teorizzata. «C'è un livello di scontro di massa — sostengono gli Ideologi di "Prima linea" — e un livello dì scontro organizzato e clandestino. Entrambe le cose concorrono a tradurre e sviluppare il sabotaggio e la ribellione nelle fabbridie». Anche se i «filosofi» aveva- I { I no poco seguito. Fra i soldati del terrore erano tanti e pensare che «comunque bisognava ammazzare: il perché lo si {poteva trovare anche in un secondo tempo». Lorenzo Del Boca
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