Quando lo morte di un pilota entra in casa
Quando lo morte di un pilota entra in casa Mentre ci si chiede se le corse servono al progresso o siano ormai una vetrina commerciale Quando lo morte di un pilota entra in casa j p E' morto un pilota. Angoscia, tristezza, rimpianto in z quel microcosmo che è l'am Mente delle corse, dove pure a questo evento sono prepap raff; dolore tra le schiere di P appassionati che amano lo sport automobilistico; racp capriccio — nel caso del poP vero Gilles Villeneuve — tra i ' milioni di persone, anche se p Indifferenti al fatto sportivo, % che nella serata di sabato p hanno rivissuto il dramma p nelle ripetute stravolgenti p immagini televisive che arri% vavano da Zolder. k Da più di ottanfanni si p corre in automobile ed è lunga la schiera di chi ci ha la% sciato la vita. Eppure — non sembri cinismo — se si consi(fera il tasso di pericolosità sulle piste è relativamente M esigua. Questo non toglie che m ogni volta l'emozione sia forl te, che ogni volta ci si chieda p se è giusto, se è umanamente %> accettabile. Tanto vero che ogni lutto è sempre stato seguito (e lo sarn rà forse anche oggi) da apM, pelli a smetterla, pronta- | mente controbattuti da chi, con un po'di retorica, sostieM ne che senza le corse, senza | sacrifici di vite umane, il p progresso dell'automobile % sarebbe in ritardo di decen¬ ni. O da chi, più semplicemente, identifica lo spettacolo con il rischio, componenti che riportano ai ludi gladiatori nei circhi romani. Polemica inutile e molto triste, se si pensa che nasce da eventi luttuosi. Ritornando alla tragedia di Zolder, i tecnici cercheranno di spiegare com'è successo e perché è successo, collegandosi anche — pensiamo — al gran polverone che da tempo regolamenti sportivi, diatribe, sotterfugi hanno sollevato nel mondo della Formula 1. Se si parla di progresso, è semplice progresso della velocità (che in ultima analisi è l'essenza delle competizioni dove protagonista è il motore); ma non si confonda con la vera evoluzione del mezzo meccanico che usiamo tutti i giorni, se tra questo e la monoposto da corsa c'è davvero un rapporto. Quando leggiamo di »mi- nigonne*. di assenza di ammortizzatori, di trucchi per alleggerire le macchine al di sotto del peso minimo consentito dai regolamenti (non è il caso della Ferrari del povero Villeneuve), ci chiediamo se tutto questo ha un senso, se non si stia disprezzàndo oltre misura la pelle di quel gruppo di uomini per molti aspetti eccezionali che devono dar vita allo .spettacolo». Anche ieri e l'altro ieri si moriva in pista, ma forse lo spirito era diverso, si respirava più umanità, c'era meno calcolo al di fuori del rischio, non occorreva mettere sotto il microscopio vittorie e sconfitte. Un tempo neppur lontanissimo, accanto ai professionisti si battevano sui circuiti persino i cosiddetti gentlemen. Eppure, in questo tipo di civiltà mercantile in cui oggi dobbiamo vivere, era inevitabile si arrivasse a questo pun to. Vogliamo tentare una spiegazione? Osserviamo la tuta (e il casco e la stessa macchina) dei campioni del volante: tutte quelle scritte, quel pezzi di stoffa appiccicati uno accanto all'altro, -valgono* ciascuno pacchi di dollari. Se l'uomo è per natu¬ ra così sensibile al fascino del denaro, figuriamoci questi uomini che sanno di giocare con la vita, e ne esigono adeguata contropartita. Cosi sono nati gli sponsor, aziende che ben sovente nulla hanno a che fare con l'automobile, ma che credono — non a torto, in verità — nel ritorno pubblicitario dell'investimento attraverso le immagini che le corse e i loro protagonisti largamente diffondono attraverso gli onnipresenti mass media £ cosi, anche il pezzettino di stoffa sulla tuta ha un prezzo e una resa. Non ci permettiamo di dare giudizi, tanto meno di ordine morale. Gli sponsor sono, nello sport, e non soltanto automobilistico, come vediamo ogni giorno, un mezzo per aiutare a sopravvivere attività che con le sole loro risorse non ce la farebbero. Ma si direbbe che nel settore dell'automobilismo si stia andando troppo in là, cioè che ti fiume di quattrini finisca per rompere gli argini, esasperando l'agonismo, le rivalità, gli interessi, inducendo i meno seri a ricorrere a qualsiasi mezzo pur di emergere e alzare il prezzo. Ferruccio Bernabò
Persone citate: Ferruccio Bernabò, Gilles Villeneuve
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