Possibile, ma forse inutile
Possibile, ma forse inutile Possibile, ma forse inutile Dopo quel che s'è visto negli ultimi 40 anni, non è prudente adoperare l'aggettivo «impossibile».' e quel Leonov che ha parlato della costruzione di un'immensa centrale elettrica nello spazio merita ascolto. Egli, da bordo della Voshkod 2. lanciata il 1S marzo 1965. fu il primo astronauta a uscire da un veicolo in orbita per una fortunosa e solitaria escursione nello spazio. Non diremo dunque che quella centrale sia impossibile; ma. si improbabile, ed economicamente assurda. Difatti, quell'idea presuppone l'uso delle batterie solari, di cui sono già stati muniti sonde e veicoli per dotarli di sorgenti autonome di elettricità; e ciò sia ad uso degli equipaggi, sia per il funzionamento degli strumenti di bordo, ivi compresi gli apparecchi per le comunicazioni con la Terra. Com'è noto, una batteria solare è un slstejna di sottili cristalli di silicio, preparati e ••medicati» con altre sostanze: quei cristalli hanno la preziosa proprietà di erogare corrente quando siano comunque illuminati. Essi furono inven¬ tati nel 1955 da tre fisici statunitensi, e sono adoperati ormai anche sulla Terra per dare elettricità alle case o per altri usi minori, come l'alimentazione di linee telefoniclic. La sola difficoltà c/te impedisce un più ampio uso di questa sorgente di energia elettrica, la meno inquinante di tutte, è il costo delle cellule solari, costo peraltro in forte diminuzione e che si tende ad abbattere ancora. Quando esso fosse tanto diminuito da renderlo accettabile per una centrale elettrica spaziale, le batterie solari avrebbero già trovato un impiego, di gran lunga più conveniente, qui sulla Terra: e a questo scopo si sta lavorando con buone speranze. Certamente vi sarebbe qualche vantaggio nel collocare gli impianti per la conversione della radiazione solare in elettricità fuori dell'atmosfera dove i raggi del sole battono senza essere filtrati e indeboliti dall'aria. Ma questo beneficio non compenserebbe le spese necessarie a portare gli impianti a centinaia di chilometri di altezza, facendoli ivi orbitare. D'altra parte, non è difficile trovare qui sulla Terra vaste zone improduttive dove la radiazione solare batte forte, luoghi die si presterebbero benissimo a quella conversione. Si pensi ai deserti d'Africa o d'Arabia o al Tibet. Si potrebbe obiettare die sono luoghi fuori mano, e lontani, e che non sarebbe conveniente \conrogliare di là l'energia elettrica prodotta verso i Paesi consumatori d'elettricità. Ma a questo punto già si discorre di un «idrogeno solare». La corrente elettrica prodotta dalle batterie solari in quelli o in altri luoghi, cioè, sarebbe adoperata per scomporre acqua in idrogeno e ossigeno (come si imparò a fare fin dall'anno 1800, in cui fu inventata la pila di Volta). L'idrogeno cosi prodotto, che è un combustibile di alto pregio, verrebbe mandato o con gasdotti o per nave (previa liquefazione, come si fa per il metano), verso i Paesi industriali. In generale, già si pensa all'idrogeno come vettore energetico che sostituirebbe in altri casi con vantaggio le linee elettriche per il trasporto dell 'energìa. Didimo
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