Nuove minacce al processo Moro a chi collabora con la giustizia di Giuseppe Zaccaria

Nuove minacce al processo Moro a chi collabora con la giustizia Nuove minacce al processo Moro a chi collabora con la giustizia ROMA — L'ultimatum intimato sabato scorso con la nuova «legge sui pentiti», evidentemente ha punto sul vivo i terroristi. Ieri mattina, alla ripresa del processo Moro, la prima preoccupazione dell'ala «dura» delle Br (quella che oggi si autodefinisce «partito della guerriglia») è stata quella di leggere in aula un comunicato che avrebbe dovuto lanciare nuove minacce agli «infami». Questa volta, ci ha provato Rocco Micaletto: all'ingresso della corte, il terrorista si è sporto attraverso le sbarre della sua gabbia tenendo in mano un foglietto intitolato «Comunicato numero 3 sulla dissociazione, gli infami e la tortura». Ha chiesto di leggerlo: «Lei non legge nulla», ha ribattuto il presidente Santiaplchi. E prima che lo interrompessero, Micaletto è riuscito solo a lanciare una minaccia: «Continuiamo la campagna Peci... annienteremo tutti i traditori». Questo gli è servito solo ad essere definitivamente espulso dall'aula, come nelle scorse settimane era già accaduto a Nicolotti, Azzollni, Petrella e Zanetti. I resti del «partito della guerriglia» hanno abbandonato le gabbie, come al solito, non imitati da Morucci e dai suoi. Subito dopo, è ripresa la testimonienza di Massimo Cianfanelll che questa volta, dinanzi alle domande dei difensori e del pubblico ministero, è dovuto tornare su temi che nella prima parte della sua deposizione erano stati trascurati. Anzitutto. 11 rapporto tra Br e Autonomia: o per meglio dire, tra la fazione del «partito armato» che faceva capo a Valerio Morucci (gruppo al quale Cianfanelll apparteneva) e il nucleo di ex «Potop» rappresentato da Franco Piperno, Oreste Scalzone e Lanfranco Pace. «Morucci — ha spiegato Cianfanelll, rispondendo a una domanda dell'avvocato Fausto Tarsitano — era contrario non solo all'uccisione, ma anche al sequestro dell'on. Moro. Quell'azione era inadeguata alle strutture di classe. era destinata a portare lo scontro a un livello inaccettabile per il proletariato». Che poi, nonostante la sua opposizione, Morucci avesse concorso al sequestro con la famosa, ultima telefonata, o che Moro fosse stato ucciso proprio con la «Skorpion» del capo movimentista, sono fatti che, secondo Cianfanelli, non dovrebbero stupire. Il «pentito» lo ha spiegato piU tardi rispondendo al p.m.: «Proprio perché in contrasto con la linea dell'Organizzazione, Morucci per avere voce in capitolo doveva rispettare i regolamenti interni: e questi dicevano che le armi non erano patrimonio personale, ma dell'organizzazione. Morucci non poteva perdere terreno per la sua battaglia politica con travvenendo a queste disposi zioni...». E' indubbio comunque che, una volta abbandonate le Br (con le armi e 30-40 milioni: la quota che, dei 400 milioni in quel momento nelle casse del «partito armato», secondo Morucci spettava al suo gruppo) il leader dell'ala «movimentista» continuò a tenere rapporti coi capi dell'Autonomia. «Altri milioni, una decina — ha raccontato ancora Cianfanelll, confermando sue precedenti deposizioni — furono consegnati a Morucci da Andrea Morelli, per conto dei Comitati comunisti di Milano. Morelli faceva riferimento alla rivista "Metropoli": il dollaro proveniva da rapine compiute nel Nord». Ancora l'avv. Tarsitano, ha chiesto se «Metropoli» avesse ricevuto altri finanziamenti, e la domanda è stata accolta nonostante l'opposizione di uno dei difensori, il professor Mancini. «Morelli mi raccontò — è stata la risposta — che i Comitati comunisti dì Milano e del Veneto avevano finanziato il giornale con 2 o 300 milioni. Anche quelli provenivano dalle rapine, e dovevano servire per le spese della rivista...». Ha aggiunto che nessun finanziamento è mai giunto alla rivista del psl. Cianfanelll ha detto anche che durante 11 sequestro Moro, Morucci si era Incontrato più volte — non si sa dove e quando — con Pace e Plperno: «Loro non volevano che Valerio uscisse dall'Organizzazione... a loro interessava che nelle Br luì portasse avanti la loro linea polìtica». Tentativo di egemonizzare dall'esterno le Brigate rosse, «o di contrastare la loro linea "militarista", per ricondurla verso obiettivi comuni a fasce più vaste di popolazione». Giuseppe Zaccaria

Luoghi citati: Milano, Roma, Veneto