Guérin e la «poesia» del terrorismo di Stefano Reggiani
Guérin e la «poesia» del terrorismo Guérin e la «poesia» del terrorismo DAL NOSTRO INVIATO 8PECIALE CANNES — Anche il terrorismo nasce dalla violenza che è nella società, non bisogna chiedersi chi sono i terroristi, ma che cosa ci terrorizza. Non ci voleva un genio per una diagnosi simile, bastava un regista francese, sincero presuntuoso e purtroppo «poetico». Gerard Guérin potrebbe essere accusato per vilipendio di terrorismo (quando si semplifica, quando si sfugge, si annullano le ragioni degli uni e degli altri), potrebbe essere deplorato per un goffo plagio deU'«a//aire Moro» (le lettere, le reazioni pubbliche), potrebbe essere accusato di incompetenza sociologica (è ancora fermo alla reificazione, agli uomini-oggetto, alle formule rassicuranti degli Anni Sessanta). In realtà Douce enquéte sur la violence («Dolce indagine sulla violenza»), presentato ieri in concorso, può chiedere qualche attenuante. E' il film .impolitico» e necessariamente «poetico» di un Paese che non conosce direttamente il terrorismo, che può permettersi fughe in avanti e magari indietro. La cultura francese è un bagaglio di cui neppure un terrorista insofferente potrebbe fare a meno, ma nei momenti cruciali i vizi letterari della cultura francese diventano un peso che può autorizzare qualunque finzione. Vogliamo incolpare Guérin per un vizio quasi di Stato? Il grande linanziere Ash. «uno dei più potenti del mondo», è rapito da un gruppo terrorista e tenuto prigioniero all'ultimo plano di un grattacielo di sua proprietà in una città satellite alla periferia di Parigi. Chi penserebbe di cercarlo 11? Non la polizia, non i suoi dipendenti, non la moglie. Solo il regista Guérin, il quale immagina di sostituire all'indagine dei poliziotti l'inchiesta, ben altrimenti abile, di una équipe televisiva. La telecamera (la nostra coscienza) ha libero ingresso nella prigione di Ash, e può inseguire, nel mondo di fuori, gli uomini e le donne che hanno qualche rapporto col vecchio potere di Ash e con le sue attuali paure. Per esempio, la ragazza France, che è venditrice di appartamenti nella città satellite e che una sera grida nella metropolitana: «Volete lasciarmi morire?»; anche la vecchia signora sfrattata che aveva ospitato senza saperlo un terrosita, ma che non spera più nulla in bene o in male. Allusivamente, la sedicenne Marianne che confessa la sua solitudine al telefono o il biologo che pratica la vivisezione e parla di armi. Le lettere di Ash saccheggiano impudicamente altre lettere: «Vi supplico di intercedere presso i poteri pubblici... Mi preoccupo per i bambini, so che fate tutto il necessario, ma voi avete bisogno di me, un padre non può stare altro che nella sua famiglia. Dite ai politici: niente giustifica la morte di un uomo». Inevitabilmente la tv trasmette un nastro registrato con l'appello di Ash, ponendosi il problema morale: «Ci slamo chiesti se non ci facevamo portavoce dei terroristi, abbiamo deciso che il pubblico maggiorenne ha diritto di giudicare da solo Potrebbe essere un utile accenno di sarcasmo, ma la costruzione poetica di Guérin (anzi, è una musica, precisa lui) ha le sue rime obbligate. I terroristi, la cui natura politica rimane ovviamente sconosciuta, se ne vanno, lasciando Ubero Ash nel grattacielo deserto. Lui percorre, ammanettato e affannato, 1 lunghi corridoi vuoti, poi i cani mastini dei suoi guardiani lo azzannano e lo uccidono. E' caduto un martire della libertà, proclama alla notizia il presidente francese. Ma noi sappiamo da chi è venuta la violenza. Per Guérin non è questione di avere inventato nobilmente l'acqua calda c neppure di essere sfuggito al vero problema che si era posto. Detto in altro modo il suo discorso poteva perfino turbarci; cosi, vilipende per abbrutimento poetico le ragioni dei fatti e le idee degli uomini. Del resto, sentite come si difende in anticipo: «La poesia? Non vedo altra risposta nel momento attuale di fronte al dubbio politico e al disastro economico». Troppo facile, soprattutto perché si tratta della poesia di Guérin. Stefano Reggiani Una scena corale de «La notte di San Lorenzo», il film dei fratelli Taviani interpretato da Omero Allumimi (al centro nella foto). I due registi italiani vinsero a Cannes con «Padre padrone»
Persone citate: Gerard Guérin, Omero Allumimi, Taviani
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