L'Iran alla corte degli emiri

L'Iran alla corte degli emiri Le forti comunità iraniane nei Paesi del Golfo Persico e i timori di contagio khomeinista L'Iran alla corte degli emiri In interi quartieri dei 5 Paesi degli Emirati Arabi Uniti si sente parlare soltanto farsi • Famiglie di orìgine iraniana controllano imperi economici e posti-chiave - Tutti sono per la Repubblica Islamica nella guerra contro l'Iraq • Nei loro confronti le autorità mostrano estrema tolleranza » I governi schierati con Baghdad per opportunità, ma con riserva NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE ABU DHABI — Sembra di essere In una qualsiasi cittadina della Repubblica Islamica. Passeggiando nel mercato ortofrutticolo di Abu Dhabi si sente parlare soltanto 11 /arsi Tra le piramidi di mele e peperoni, di cetrioli e di arance s'intravedono gigantografie di Khomelni che sorride paterno. Versetti del Corano e citazioni dell'Imam ornano i muri delle botteghe. A circa 200 chilometri di qui, a Dubai, la «Venezia del Golfo», si scoprono lembi di Persia trapiantati In terra araba. A pochi passi dalla baia nella quale sciabordano a fianco a fianco, lungo le banchine, vecchie navi giunte dall'Asia o dall'Africa, interi quartieri brulicanti di iraniani vivono riesportando i prodotti verso la loro patria. Cinquantamila, 70 nula, centomila persiani si sono stabiliti negli Emirati Arabi Uniti? Nessuno lo sa con precisione. Molti erano emigrati nel XIX secolo, e i loro discendenti naturalizzati ai considerano arabi al cento per cento, come molte grandi famiglie del Qatar, del Kuwait e diBahreln. Ma In casa continuano a parlare farsi. Altri erano fuggiti dal regime oppressivo dello Scià, e hanno ancora 11 passaporto Iraniano Sono numerosi quasi quanto 1 cittadini del Qatar (40-50 mila) e rappresentano un decimo della popolazione autoctona del Kuwait. Dovunque nel Golfo gli Iraniani naturalizzati e no occupano nella società un posto che supera la loro importanza numerica. I Behbehani,. gli Zayyani, i Galadari, i Kaziini guidano imperi finanziari, frequentano 1 potenti, a volte sono amici intimi degli sceicchi. I figli delle famiglie bene sono professori, alti funzionari, ufficiali dell'eserecltoe della polizia A un livello meno alto sono spesso elementi indispensabili nella vita quotidiana. In Kuwait, per esempio, quasi sicuramente avrai a che fare con un Iraniano quando compri il pane, fai la spesa in drogheria o in merceria, affidi le valigie a un facchino o fai lavare l'auto. Si può attraversare tutto un popoloso quartiere sentendo soltanto la voce militante del- lo speaker di Addio Teheran che esce dalle radioline appese alle porte delle botteghe. Oli Iraniani d'origine, naturalizzati e no, sono quasi tutti favorevoli alla Repubblica Islamica. Come 1 loro compatriòti nella madrepatria, all'Inizio hanno appoggiato unanimi la rivoluzione, poi si sono scissi quando 1 khomeinistl hanno incominciato a prendersela con 1 loro nemici di destra e di sinistra. Ma dopo l'Inizio della guerra del Golfo hanno ritrovato una unita almeno apparente. Ricchi e poveri sono anti-lrachent per patriottismo. La cosa che più colpisce è la tolleranza, quasi la compiacenza che i governi del Golfo mostrano nel confronti delle comunità iraniane. Vero è che gli immigrati persiani, almeno in apparenza, non svolgono alcuna attività sovversiva. Gli Emirati continuano a ricevere visite di esponenti a agitatori Iraniani, come l'ayatollah Khalkhall e U focoso deputato di Teheran Fakhreddin Hejazi, che arringano liberamente le folle di ammiratori. Il sovrano di Dubai, lo sceicco Rashed; a quanto si dice si preoccupa più per 11 crollo del commerci con l'Iran, 11 quale ha provocato una certa recessione nel suo emirato, che delle sirene della rivoluzione islamica. E* difficile credere ai leader del Golfo quando assicurano tutti, uno dopo l'altro, tranne quelli di Bahrein e Arabia Saudita, •che non esiste, davvero non esiste un pericolo' iraniano». Particolare significativo: l'unico sovrano che pare sinceramente convinto di questa tesi, che mi ha pure dimostrato con molteplici argomentazioni, ha chiesto di mantenere l'anonimato. La sicurezza ostentata dagli altri è certo dettata da calcoli geopolitici: è potenzialmente pericoloso provocare un potente vicino che non manca di mezzi di risposta politica, economica e militare. Il 1° ottobre 1981 l'aviazione Iraniana ha polverizzato In pochi minuti Impianti petroliferi che sono costati al Kuwait circa 200 milioni di dollari, oltre 250 ml- 1 lardi di lire. 81 capisce dunque perché il governo di questo Paese chiuda entrambi gli occhi sull'invio nella Repubblica Islamica di carichi di viveri acquistati e spediti discretamente da alcune ricchissime famiglie di origine iraniana, o perché i servizi di sicurezza di Dubai guardino altrove mentre i battelli carichi di armi prendono 11 largo nella notte per far rotta verso le coste iraniane. Volenti o nolenti, che l'ammettano o no 1 leader del Golfo hanno però scelto di stare dalla parte dell'Iraq. E l'hanno fatto certo per «solidarietà araba», ma anche per paura del khomeinismo quanto di eventuali rappresaglie Irachene. Tranne il presidente degli Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Zayed, il quale mi ha assicurato che non concede particolari aluti all'Iraq, gli altri leader del Golfo ammet¬ tono di foraggiare il governo di Baghdad: sinora 21 miliardi di dollari sotto forma di prestiti senza, Interesse da parte di Emirati, Arabia Saudita, Kuwait e Qatar, rivela il ministro delle Finanze del Kuwait. Abdel Latlf el-Hamad; al quali bisogna certo aggiungere una decina di miliardi di dollari In doni e facilitazioni di pagamento. •Dov'è la solidarietà Islamica?* — chiede Indignato l'ambasciatore iraniano In Kuwait, AH Shams Ardakanl. Il popolo iraniano è sull'orlo della fame e ha da due a tre milioni di sinistrati di guerra: « Oli sceicchi — aggiunge 11 diplomatico — non hanno neppure offerto un paio di calze a questi disgraziati/ Temo che l miei compatrioti non dimentichino molto presto questo disprezzo per la vita umana». E' una minaccia appena velata; ed è soprattutto 11 futuro a preoccupare 1 leader del Golfo. All'Inizio speravano che la guerra avrebbe sfiancato 1 due potenti vicini, entrambi Invadenti in prospettive diverse, e che sarebbe finita zero a zero grazie ad un compromesso 11 quale avrebbe avuto il vantaggio di neutralizzarli. Le ultime vittorie Iraniane hanno notevolmente modificato i termini dell'equazione. Un Khomelni trionfatore chiederebbe certo 1 conti alle •petromonarchie corrotte, «frumenti dell'imperialismo». E anche se il regime di Baghdad non crollasse sotto i colpi iraniani, gli Stati del Golfo, già In recessione per la stasi del mercato petrolifero, non avrebbero comunque riserve eterne per finanziare un conflitto senza fine. Il dopoguerra, quale che esso sia, preoccupa già. Uno degli uomini politici più stimati del Kuwait, 11 presidente dell'Assemblea nazionale Mohammed el-Adassant, parla con franchezza: 'Sarebbe un errore sottovalutare i fattori destabilizzanti in quest'area del mondo. Uno di questi è la guerra del Golfo. Che sarà di noi il giorno in cui tornerà la pace? L'Iraq e l'Iran per forea di cose pomperanno il massi' ma possibile di petrolio per ovviare ai danni della guerra, rischiando di inondare il mercato del greggio a nostro danno. Possono rovinarci. Sul piano politico, l'uno o l'altro, 0 tutti e due insieme tenteranno di estendere la loro influenza nell'area, di limitare la nostra libertà di movimento. Queste prospettive si fanno ancora più fosche se si considerano i mutamenti che potrebbero avvenire nei regimi di Baghdad e di Teheran. Si ■raidealizzeranno? Da che parte penderà la Repubblica Islamica, a Est o a Ovest?». Di fronte al pericolo reale o ipotetico l'Arabia Saudita tenta di mobilitare i partner del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg) sempre più reticenti ad impegnarsi ulteriormente in un fronte anti-iraniano. Grazie al complotto sventato nel dicembre scorso a Bahrein, Riad è riuscita a Ottenere dal Ccg la denuncia dei tentativi iraniani di destabilizzare la regione», e più concretamente la conclusione di accordi bilaterali in materia di sicurezza. Attento a mantenere l'equidistanza dal tre vicini che lo stringono come in una tenaglia — Iraq, Iran e Arabia Saudita — il Kuwait, unico a tu t foggi, non ha ceduto alle sollecitazioni di Riad. Questo non gli Impedisce di usufruire della «banca del dati» saudita la qua ? U! menta con una ventina di terminali i servizi di polizia di tutti 1 Paesi del Golfo. E' una cooperazione basata sull'ambiguità: gli uni l'accettano nel nome della «sicurezza interna», gli altri per far fronte al «pericolo esterno». Bahrein, punta di lancia antlkhomeinista, fa parte del secondo gruppo. Contrariamente alla maggior parte del suol partner, 11 governo di Man ama addossa a Teheran la responsabilità esclusiva del movimento sedizioso smantellato In dicembre. •Negare l'evidenza è ipocrisia» dice indignato il premier di Bahrein, lo sceicco Khallfa, enumerando tutte le «prove» In suo possesso. «Tuffa questa propaganda conta poco — risponde l'ambasciatore Iraniano In Kuwait, Ardakanl — la rivoluzione islamica si ripeterà dove regnano l'oppressione e l'ingiustizia sociale, e nel momento in cui la situazione sarà matura per il cambiamento. Chi pensa che la rivoluzione sia esportabile come un volgare prodotto di consumo dimostra idiozia politica. E sarebbe altrettanto idiota pensare che le idee rivoluzionarie si fermino alle frontiere». Anche Ardakanl, formatosi in prestigiose università americane, ostenta falsa Ingenuità. Sa benissimo che 1 leader del Golfo non si preoccupano tanto di un intervento diretto dell'Iran quanto del carattere contagioso della rivoluzione islamica. __, _ , Eric Rouleau Copyright Le Monde c per l'Italia La Stampa ■;"'":"""""-";ì Un porto degli Emirati: navi cariche di viveri e armi partono da qui verso le coste dell'Iran

Persone citate: Eric Rouleau, Rashed