«Il capitalismo non è la grotta di Alì Babà»

«Il capitalismo non è la grotta di Alì Babà» Parla Delors, l'economista di Mitterrand «Il capitalismo non è la grotta di Alì Babà» (Con l'interviste al ministro-chiave dei governo socialiste comincia un'inchiesta sull'economia francese, un anno dopo) DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PARIGI — Attorno alla sorte di Jacques Delors si gioca 11 futuro della politica economica francese. Il ministro dell'Economia e delle Finanze è l'ago della bilancia tra le due tendenze che influenzano le decisioni dell'Eliseo. Da un lato vi sono l'ala massimalista del ps. che ancora al recente congresso di Valence Invocava Robespierre e, sia pur metaforicamente, -la caduta delle teste dei padroni», una parte notevole del gruppo parlamentare, in buona misura formato da istitutori e professorini di provincia nutriti di vecchi miti giacobini e privi di ogni cultura economica, 1 comunisti che propongono plani e riforme sempre più radicali che isolerebbero la Francia dal mercato internazionale. Dall'altra vi sono 1 sindacalisti della Cfdt, gli intellettuali tecnocrati di Rocard, tutti coloro che ne avevano abbastanza di Oiscard ma non volevano certo una •rottura» con il capitalismo. In mezzo vi è Mitterrand il quale «/ino a ieri credeva che il socialismo consistesse nello strappare il potere politico a quello economico». Chi mi dà questa definizione è Jean Daniel, direttore del Nouvel Observateur, l'intellettuale che riesce oggi, forse più d'ogni altro, a far riflettere sulle sue critiche positive il solitario ospite dell'Eliseo che sovente lo incontra «Per i socialisti — dice ancora Jean Daniel —è un dramma scoprire che per governare hanno bisogno di un padronato attivo e di capi d'impresa impegnati. Il ministro dell'Economia vive questa scoperta sulla sua pelle: ogni volta che qualche suo collega massimalista parla, gli industriali, che lui si affanna ad agganciare, scappano. Le incertezze finiranno quando Mitterrand darà disco verde alla politica di Delors. E solo lui è in grado di farlo, solo lui è in grado di far accettare il passaggio dai sogni socialisti alla realtà socialdemocratica. E non può nemmeno, co- me si permetteva Giscard con Barre, farsi coprire dal primo ministro e conservare l'immagine del sovrano muto, dell'enigmatico gran vecchio del Castello che tace cosa pensa. Mi sembra che i suoi recenti discorsi sulla esigenza di uno sforzo unitario del Paese dimostrino come stia prendendo coscienza di questa necessità». Delors mi ripeterà questa diagnosi: «E' Mitterrand che ha le chiavi in mano ed è lui che ha ordinato che il deficit pubblico non salga più del 3% del prodotto interno lordo». Intellettuale di matrice cattolica consigliere di Chaban Delmas quando questo esponente del gollismo storico era primo ministro di Pompidou, autore di un progetto di «Nuova società» discusso nelle tavole rotonde della sinistra europea avversario, perdente, delle nazionalizzazioni soprattutto quelle del credito, il ministro dell'Economia e delle Finanze appare oggi come il più affidabile garante di un matrimonio di convenienza tra Mitterrand e il mondo industriale impaurito e frustrato dal primo anno di gestione socialista. Fino a ieri isolato, Delors si sente confortato non solo dalle recenti misure di sostegno fiscale prese dal governo a favore dell'industria («un inaccettabile regalo al padronato» hanno tuonato le vestali del gruppo parlamentare socialista), ma da un sondaggio che lo ha confermato come il più popolare del ministri con il 75% di suffragi tra l'elettorato di sinistra e il 52% tra quello di destra. Nell'intervista che ci ha concesso non nasconde 1 contrasti ma mira a ridimensionarne la portata: «Sono tensioni normali, nel corso di una esperienza socialista, tra chi crede sia possibile applicare una logica diversa da quella europea e quelli come me che pensano che i fatti sono i fatti, ed alcuni insormontabili. Coloro che vorrebbero gettare alle ortiche alcuni princìpi elementari classici non tengono conto che Mitterrand ha compiuto una scelta europea e che questo ci impone degli obblighi e ci impedisce, per fortuna, di isolare la Francia, fosse anche per solo due o tre anni, dal mercato in ternaziondle». — Peraltro la Banca centrale tedesca vi ha recentemente criticato perché attuate una politica di spesa facile divergente da quella degli altri membri della Cee... «La polemica della Bundesbank è pretestuosa e si colloca in un gioco interno tedesco. E' la Bundesbank che si rivela sorda alle esigenze di un rafforzamento dell'unità europea come dimostra il fatto che si è opposta al progetto che assieme ad Andreatta avevamo presentato alla Cee per il rilancio dello Sme. Schmidt se ne rende conto ma si scontra con ostacoli terribili. I tedeMario Pirani (Continua a pagina 2 In sesta colonna)

Luoghi citati: Alì, Francia, Parigi