Verso colloqui diretti tra le parti «ma negoziato non significa tregua»

Verso colloqui diretti tra le parti «ma negoziato non significa tregua» Verso colloqui diretti tra le parti «ma negoziato non significa tregua» De che Cuéllar spera che Londra e Buenos Aires si incontrino «a tu per tu» a fine settimana ì delegati inglese e argentino - Il rischio di un ricorso al Consiglio di Sicurezza dopo il - Ottimisti annuovo scontro DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — Un'atmosfera di cauto ottimismo prevale da alcune ore alle Nazioni Unite. Il segretario generale De Cuéllar ha detto di sperare che per la fine della settimana Inghilterra e Argentina incomincino a negoziare «a tu per tu». Sinora De Cuéllar ha condotto colloqui separati con i due governi, trasmettendo all'uno le proposte o controproposte dell'altro e viceversa, e avanzando le proprie. Il segretario generale ha precisato che l'avvio di trattative bilaterali non comporterebbe automaticamente una cessazione delle ostilità né tantomeno un ritiro delle forze di Londra e Buenos Aires dalle Falkland: «Ma ritengo possibili sviluppi positivi» ha concluso. La fiducia diffusasi al Palazzo di Vetro è stata però profondamente scossa dalla notizia che la task force britannica alle Falkland ha abbattuto ieri due aerei militari argentini. Parallelamente, è tornato il timore che la crisi precipiti. A Washington, Reagan e il presidente brasiliano Figueiredo, in visita ufficiale alla Casa Bianca, hanno rivolto un appello alle due parti «per una via d'uscita diplomatica». Gli Stati Uniti appoggiano l'Inghilterra, il Brasile appoggia l'Argentina. Ma Reagan e Figueiredo sono stati concordi nel sostenere che «deve vincere lo spirito della conciliazione». Entrambi hanno assunto l'impegno di promuovere l'unità dei Paesi americani «nella pace e nell'a¬ micizia verso l'esterno». Le speranze di De Cuéllar sembrano condivise dai suoi due interlocutori, il sottosegretario agli Esteri argentino Ros e l'ambasciatore inglese Parsons. Al termine della sesta giornata consecutiva di colloqui, Ros ha asserito ieri di aver presentato al segretario generale «novità importanti». Parsons lia aggiunto di aver ascoltato «con interesse» alcune precisazioni successive di De Cuéllar. «L'altro ieri eravamo in una grave impasse — ha detto — adesso stiamo compiendo buoni progressi». Sia Ros che Parsons hanno però ammonito die un accordo «non è ancora vicino». 7/ portavoce del capo dell'Onu, il francese Giuliani, ha sottoli- neato che «come minimo occorrono ancora due o tre giorni di discussione». Il cauto ottimismo del Palazzo di Vetro lia trovato riscontro in un'intervista rilasciata dal segretario di Stato americano Haig al New York Times a Washington. Haig ha dichiarato all'autorevole columnist James Reston che grosse difficoltà si frappongono sempre a un accordo sulle Falkland, ma die il confronto tra l'Inghilterra e l'Argentina «è destinato ad avere una soluzione pacifica». Il capo della diplomazia Usa non ha escluso lo scoppio di altre ostilità tra le forze armate argentine e la task force britannica. «Uno sbocco armato non è però uno sbocco» lia concluso, ribadendo die gli Stati Uniti rimangono pronti ad aiutare la mediazione dell'Onu in qualsiasi momento. E'difficile stabilire die cosa esattamente abbia provocato un cambiamento così profondo del clima alle Nazioni Unite. L'altro ieri, come accennato da Parsons, i colloqui parevano addirittura prossimi alla rottura: solo all'ultimo minuto una concessione della signora Tìiatcher, di prolungarli per quattro giorni, li aveva salvati. Forse la chiave dei progressi registrati è in un'intervista concessa al Washington Post da un membro della giunta militare di Buenos Aires, il generale Iglesias, il quale ha affermato che il governo di Galtleri «non esige un rlconosct.mento formale e preventivo di propri diritti sulle Falkland... Abbiamo trovato una ■formula che porta di fatto alla nostra sovranità, ma non lo dichiara esplicitamente». Il problema è se tale formula sia così elastica da consentire il ripristino della sovranità inglese a breve e medio termine, e salvaguardare in qualche modo la volontà degli isolani. Nell'intervista, che è consistita di risposte scritte a domande rivoltegli dalla Washington Post, Iglesias ha fatto un'affermazione sorprendente, e cioè che è stato l'af¬ fondamento dell'incrociatore General Belgrano da parte della task force a causare il fallimento della mediazione degli Stati Uniti e del Perù. L'affermazione ha alimentato il timore die l'abbattimento dei due aerei argentini abbia ripercussioni estremamente negative sulla mediazione dell'Onu. Al Palazzo di Vetro ieri sera non sembrava che il sottosegretario Ros avesse però protestato con De Cuéllar. Un intervento del governo di Buenos Aires è comunque atteso per oggi. L'iniziativa del segretario generale delle Nazioni Unite si arenerebbe se l'Argentina decidesse di ricorrere al Consiglio di sicurezza. Per l'Inghilterra, infatti, la mozione dello stesso Consiglio del 3 aprile scorso è intoccabile. Il motivo è chiaro: essa chiede esplicitamente il ritiro delle truppe argentine dalle isole e la reintegrazione dell'amministrazione britannica. Se il Consiglio di sicurezza dovesse discutere una nuova mozione a lui sfavorevole, il governo di Londra opporrebbe il veto. In tal caso, il dialogo diretto previsto da De Cuéllar non sarebbe più possibile. Ennio Gaietto