I capi di Autonomia, dice Savasta progettavano un'intesa con le Br di Giuseppe Zaccaria

I capi di Autonomia, dice Savasta progettavano un'intesa con le Br Ai processo Moro cominciato l'interrogatorio condotto dalle parti I capi di Autonomia, dice Savasta progettavano un'intesa con le Br «Chi erano?» ha domandato un avvocato di parte civile - Il presidente Santiapichi ha impedito la risposta per evitare il coinvolgimento di persone estranee al dibattimento - Alcuni difensori si erano opposti alle domande sui gruppi fiancheggiatori dei terroristi - Il pentito: «Ho partecipato soltanto a due omicidi» ROMA — Per Antonio Savasta comincia il secondo, lunghissimo interrogatorio nel processo Moro: quello condotto dalle parti. E subito viene alla ribalta il discorso della «cerniera», dei movimenti cioè che avrebbero dovuto assicurare la saldatura tra il militarismo delle Brigate rosse e le spinte che provenivano dai disoccupati, dagli emarginati. In sostanza, si comincia a parlare dell'Autonomia e dei suoi rapporti con le Br, anche se il processo a Toni Negri e agli altri lnizierà solo il 7 giugno, dinanzi alla stessa Corte. Su un tema cosi delicato, era inevitabile che si innestassero le prime battaglie procedurali. E il contrasto tra avvocati sull'opportunità di introdurre questi temi nel processo ha fatto passare.in secondo piano momenti pure interessanti della nuova udienza. Prima, per esempio, attraverso Gallinari, i brigatisti erano entrati per la prima volta nei temi trattati finora, per smentire Savasta. «A proposito delle affermazioni dell'ultimo arruolato nei vostri servisi — aveva detto al microfono il terrorista — le Br smentiscono ogni rapporto con servisi segreti o altre organizzazioni, e tanto più quelli'mercantili con l'Olp. In quest'aula Savasta viene usato dal partito della guerra per calunniare l'eroico popolo palestinese-. Gallinari aveva annunciato anche un -comunicato n. 2 sugli infami e i delatori,,. E dopo essere passato attraverso le gabbie per la firma, il documento era stato consegnato ai giudici. Anche Savasta aveva prima irritato, poi sorpreso con una confusa spiegazione sui motivi dell'assassinio del colonnello Antonio Varisco, e quindi con una lunga dichiarazione sugli omicidi che ha alle spalle. Il presidente gli aveva chiesto se davvero, nel la riunione br di Tor San Lorenzo, si era vantato di aver ucciso tante persone, mostrando 17 tacche sul calcio della sua pistola. Alla domanda «A quanti at tentati ha partecipato?». Sa vasta aveva risposto: «Ci devo pensare...». Poi, quando gli è stato precisato che ci si riferì va ad attentati contro persone, ha detto: «Cinque o seima ne ho uccise solo due, Varisco e Taliercio. A Tor San Lorenzo, dopo aver letto su un giornale die mi era stato attribuito l'ennesimo omicidio, dissi solo che la magistratura me ne attribuiva diciassette Quanto alla storia delle tacche, la mia pistola è in mano alla polizia: chiunque può controllare se questa storia è vera o falsa...». «Ma qui dentro anche lei, presidente, — ha continuato Savasta — non ha compreso il problema della mia dissociazione e della mia collaborazione. Costruire schemi intorno\ alle persone è comunque un'i-j dea sbagliata. Mi descrivono come killer dagli occhi di ghiaccio: ma per affrontare il probleìna del terrorismo, che è storico, economico, politico, si devono lasciare da parte le etichette. Bisogna rimboccarsi le maniche». Un ruolo molto meno convincente Savasta aveva svolto poco prima, cercando di giustificare la patente di «torturatore» attribuita dalle Br al colonnello Varisco dopo la sua uccisione. Al comunicato Savasta aveva collaborato. Ma quando si è trattato di chiarire in quali occasioni Varisco avesse «torturato» i terroristi sotto processo, il «pentito» non ha saputo cosa dire: «Alcuni compagni erano stati al processo Lollo, di quello cóntro la Vianale avevamo letto sui giornali... ma veramente non so da cosa derivassero le frasi del comunicato. Le aveva scritte Piccioni». Aperta la fase delle domande da parte degli avvocati, scilo iniziati subito i contrasti. Fausto Tarsitano, patrono di parte civile, tra i più noti penalisti dell'area pel, ha rivolto subito a Savasta domande sui gruppi di cui aveva fatto parte prima di entrare nelle Brigate rosse, il comitato comunista di Centocelle, e poi i comitati comunisti rivoluzionari. Intorno a queste due formazioni — comicamente definite, per brevità, «Co. Co. Ce.» e «Co. Co. Ri.» —si è sviluppata una vera e propria battaglia. Tarsitano chiedeva di sapere (<•£' essenziale per ricostruire l'universo dal quale molti br sono provenuti») quali fossero gli effettivi, quali i capi, quali, infine, i legami di tali gruppi con le Br. Tra i difensori, prima il professor Tommaso Mancini ( E' un tema che non riguarda questo processo»), poi Eduardo Di Giovani («Sono domande che non spettano alla parte civile, e che toccano fra l'altro persone imputate in altre due inchieste») si sono opposti. Sorprendentemente, anche il patrono di parte civile della democrazia cristiana, l'avvocato De Gori, si è dichiarato contrario a queste domande, sia pure solo per non prolungare il processo. Il professor Ruggiero, per conto di Giovanni e Agnese Moro, ha sostenuto Invece la necessità di esplora re per quanto possibile 11 retroterra politico e sociale del «partito armato». La Corte, dopo un identico parere del pm Nicolò Amato, ha deciso in camera di consi¬ glio di consentire quelle domande, col solo limite dell'eventuale coinvolgimento nel processo di persone ad esso estranee. Limite che, secondo il presidente, si è superato poco dopo: Tarsitano aveva chiesto a Savasta se c'erano stati rapporti operativi tra Br e gruppi del «Movimento proletario di resistenza offensiva». E con Autonomia? «Lo escludo—ha risposto Savasta — anche se probabilmente i capi autonomi avevano questa idea». Ma quali erano i capi? A questo punto il presidente ha impedito la risposta. Il processo «7 aprile» non è ancora cominciato. Giuseppe Zaccaria Roma. Triaca durante la decima udienza del processo Moro

Luoghi citati: Centocelle, Roma, Tor