Pietro Longhi tra comari maschere, scherzi d'amore di Angelo Dragone

Pietro Longhi tra comari maschere, scherzi d'amore DA VICENZA UNA MOSTRA TOCCHERÀ' DODICI CITTA' Pietro Longhi tra comari maschere, scherzi d'amore DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE VICENZA — Un'attraente mostra itinerante di Pietro Longhi (1702-1785) è aperta fino al 23 maggio a Vicenza per iniziativa della Banca Cattolica del Veneto che l'ospita in quello straordinario edificio ch'è Palazzo Leoni Montanari, dal 1908 sede storica dell'istituto che nel 1980 ne ha fatto il proprio «centro di cultura». L'esposizione è costituita dai quattordici dipinti — parte del Longhi. parte di «bottega», di «scuola» o addirittura di anonimi imitatori — che, nel novantesimo anniversario di fondazione, la banca ha voluto acquistare anche per garantirne il più vasto godimento pubblico. Nel palazzo di contra S. Corona i quadri dell'artista, che .con acuto spirito di osservazione e garbata ironia più di ogni altro aveva saputo ritrarre la vita di Venezia nei campielli popolari come all'interno dei palazzi patrizi e delle dimore borghesi, avranno infatti stabile sistemazione dopo il 29 maggio 1983, quando vi torneranno reduci dall'itinerario già predisposto che li avrà intanto portati a far tappa in altre dodici città del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia. Raccolti nel secolo scorso da un collezionista veneziano, Giuseppe Salorn che li aveva conservati in Palazzo Corner Spinelli, i dipinti di «Pietro Longhi & C.» erano poi stati trasferiti per eredità presso Lucca, nella Villa Mansi di Segromigno, dove potevano tuttavia esser visitati. Quando alla fine dell'anno scorso ricomparvero a Venezia, essendosene decisa l'alienazione, vi vennero venduti all'incanto in un unico lotto per 850 milioni (più diritti d'asta) acquistati dalla banca vicentina che destinò loro, co me sede permanente, la «Sala verde» di Palazzo Leoni Montanari, incaricando dell'allestimento l'arch. Giorgio Bellavitis. Nello stesso tempo af¬ fidava a Vittorio Sgarbi, direttore presso la Sovrlntendenza per i Beni artistici e storici di Venezia, un più approfondito studio della raccolta e la presentazione della mostra ch'egli ha puntualmente curato insieme all'esaurien'e catalogo edito dall'Electa. Nel gruppo dei dipinti, attualmente esposti nella Sala delle Quattro Epoche e nell'adiacente Galleria della Verità (nella prima le scene d'Interni, nell'altra 1 soggetti all'aperto cui parve più consono l'ambiente che guarda sulla strada) emergono intanto. con il loro più puro carattere longhlano. Il ciarlatano. Il «Mondo Novo-, Il Casotto del Borgogna e L'elefante. Vi si notano tuttavia anche le «versioni», alquanto più tarde rispetto agli originali, di alcuni dei più famosi motivi di questo pittore che grandeggiò certo nella storia dell'arte del suo tempo con la giustamente celebre Caccia all'anatra (della Querini Stampalia di Venezia) e con la serie della Coccia in valle «d'una forza — notò autorevolmente Roberto Longhi — do presagire Goffo?». La collezione ex Salom comprende ancora In tarde varianti Lo svenimento. Il gioco della pentola e Ritratto di famiglia dove potè manifestarsi in tutta la sua portata la vena «assolutamente nuova» con cui l'artista guardò alla vita del suo tempo attraverso l'ironia bonaria e sapida, di veneziana malizia, del suo più fluido pennello. Ed era un «pennel che cercava il vero*, come nel 1750 lo aveva celebrato 11 Goldoni, mentre, secondo Gaspare Gozzi che ne aveva scritto nella Gazzetta Veneta del 13 agosto 1760, si era più propriamente esercitato nelle sue «imitazioni inventate». Oltre all'attenzione per «quel che vede con gli occhi suoi propri», l'acuto letterato veneziano non mancava di sottolineare l'originalità dell'interpretazione pittorica di fronte a quella società che amò farsi ritrarre nelle sue pose più studiate e nel «civili trattenimenti» che potevano svariare dalle più minute occupazioni domestiche, agli intrighi mondani e agli «ischer•A d'amore», quando, complice il serico diaframma d'una equivoca bautta, una stessa festosa atmosfera poteva accomunare popolo e patriziato. Roberto Longhi, che doveva aver guardato non senza simpatia al suo omonimo, sceverava le qualità migliori del pittore che aveva preso «un passo europeo» misurandosi •con la scala del Watteau e dello Chardin». Ma fu il Pignatti a mettere ultimamente in risalto, al di là della «qualità poetica dello stile personalissimo», una sua «sempre più profonda, delicata umanità»; quella che ci sembra distingua veramente ogni autografo longhlano da qualsiasi sua imitazione, lasciando bene in teso al suo misterioso autore il Rinoceronte ex Salomi nel quale il motivo originale sembra davvero rivissuto in sorprendente tangenza col clima d'un primo Goya. Angelo Dragone Pietro Longhi: «Il casotto del Borgogna» (particolare)