Scala: la grande maratona con i Troiani di Massimo Mila

Scala: la grande maratona con i Troiani L'opera di Berlioz, diretta da Prètre, è uno dei migliori spettacoli della stagione Scala: la grande maratona con i Troiani Con la regia di Luca Ronconi e le scene di Ezio Frigerio lo spettacolo riunisce «La presa di Troia» e i «Troiani a Cartagine» - Nel cast, Nadine Denize e Alexey Steblianko Unico neo: il duetto d'amore tra Didone e Enea anticipato DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MILANO — La maratona dei Troiani di Berlioz in unico spettacolo, in lingua originale, è andata in porto senza troppa fatica, almeno per gli ascoltatori, realizzando anzi uno dei migliori spettacoli di questa travagliata stagione scaligera. I timori d'un'eccessiva lunghezza sono apparsi se non proprio infondati, almeno esagerati. Cinque ore di spettacolo, con due intervalli per un'ora complessiva e mezza dozzina di brevi pause, non sono poi un fatto eccezionale. Wagner a parte, anche il Boris o il Don Carlo integrali durano press'a poco lo stesso. Merito dell'ingegnoso impianto scenico di Ezio Frigerlo, che valendosi di proiezioni e di rosse colonne semoventi e variamente collocabili a vista, permette di attuare rapidamente i cambiamenti delle 14 scene che costituiscono l'ostacolo maggiore per la sollecita realizzazione dello spettacolo. Resta il fatto che, come ha asserito il direttore Georges Prètre in un'intervista. La presa di Troia e / Troiani a Cartagine sono due opere di stinte, con personaggi total mente diversi ad eccezione di Enea. Una è il dramma collet tivo d'un popolo sconfitto e distrutto, l'altra è una storia d'amore fondata sulla psicologia individuale. Perciò non ci sarebbe niente di male a separarle in due spettacoli come un tempo si soleva fare: in questo caso i due atti della Presa di Troia si fanno diven tar tre prolungando la pausa tra primo e secondo quadro, Ma la prima delle due opere resta un po' cortina (poco più d'un'ora di musica più i due intervalli) e soprattutto al' quanto desertica d'ispirazione musicale, tutta ridondante com'è di marce guerriere e soltanto attraversata dal grande personaggio di Cassandra, l'inascoltata profetessa di sventura. Cosi grande, che Berlioz senti la necessita di cambiarne il destino e invece di lasciarla trascinare schiava dal Greci vittoriosi, la fece finir suicida, in ovvia simmetria con Didone nella seconda parte. , Questa è di gran lunga la più bella, con buona pace di Henry Barraud, che nel suo cervellotico Berlios. recentemente tradotto in italiano considera La prise de Troie «un capolavoro assoluto» e trova Les Troyens à Carthage inquinato da infiltrazioni di Grand opera. Il che è verissimo, ma il mobile duetto fra Didone e la sorella Anna, il quintetto e il magistrale settimino, il duetto d'amore e il lu¬ gubre finale sono una succes sione di grandi pagine del mi gllore Berlioz. L'opera è stata montata assai bene. L'impianto scenico di Frigerio non è solo rapido ma attendibile: le colonne, le proiezioni dei bozzetti di Aldo Ripamonti, con le nuvole, il mare e paesaggi nel genere di Poussin o del Lorenese, accolgono l'azione entro credibili ambienti. Gli sfarzosi costumi di Karl Lagerfeld non fanno una piega in fatto di verosi¬ miglianza storica. La regia di Ronconi agisce con fantasia nel grandiosi movimenti di masse, trascurando un po' la recitazione dei singoli. La sua proverbiale inclinazione per carrelli e trabiccoli semoventi ha modo di sfogarsi con piena giustificazione nella scena del cavallo di Troia, che «deve» proprio essere trascinato in scena: un gran cavallone, più vicino a quelli di San Marco che a quelli di Marini, come magari si sarebbe desiderato vederlo. Unico grosso neo dello spettacolo è la collocazione nel quarto atto, del duetto d'amore prima della pantomina orchestrale di caccia reale e tempesta. Purtroppo quest'opera è cosi poco eseguita che rimangono aperti persino problemi fondamentali di ordinamento delle scene, e questo ne è un caso noto e discusso. Ma è chiaro che il duetto d'amore è un duetto post rem: non c'è neanche l'ombra del desiderio, ma solo la languida beatitudine dei sensi già soddisfatti. Perciò il duetto deve venire dopo la scena della caccia reale durante la quale un temporale disperde i partecipanti e costrìnge Didone ed Enea a ripararsi, soli, in una grotta. E qui si consuma il fattaccio. Lo dice chiaramente anche il casto Virgilio, tirando in ballo la pronuba Iuno quando speluncam Dido dux et Troianus eandem deveniunt (fonte, com'è noto, della famosa canzonetta Come pioveva). L'in fantile desiderio teatrale di finire l'atto con una scena grandiosa toglie ogni ragion d'essere all'episodio chiave della vicenda amorosa: difatti Didone ed Enea si rifugiano nella grotta con altre persone del seguito e se ne stanno 11 buoni buoni ad aspettare che il temporale sia passato! Esecuzione musicale d'alto livello da parte d'una compagnia numerosa, delle più svariate nazionalità. Cassandra è Nadine Denize, che avevamo già apprezzato due anni fa a Lione nella medesima parte: vocalmente brava, ma anche qui statuaria come là, dove l'esecuzione era semi-oratoriale. Del resto la recitazione di tutti i cantanti è singolarmente atrofizzata. L'unica che sta bene in scena è la Zilio, nella tunichetta (scarsa) di Ascanio, il figlioletto di Enea. Ma gli altri, anche il tenore Alexey Steblianko e il soprano Dunja Veizovich, che nella voce hanno accenti di vera passione, si limitano a gesti convenzionali di manierata nobiltà tragica. Nell'impossibilità di nominare tutti, si accomunano nella lode che spetta pure al coro, onnipresente in quest'opera, istruito da Romano Gandolfi. Coreografia di Mario Pistoni, movimenti mimici di Caterina Mattea, direttore dell'allestimento scenico Giorgio Cristini. Dulcis in fundo la direzione vibrante e duttilissima di Georges Prètre, che compie la quadratura del circolo di ren der giustizia alla splendida partitura orchestrale senza compromettere la percepibil tà delle voci. (Vero è che un bel po' di merito in questo ce l'ha lo stesso Berlioz). Perciò, ad ogni inizio d'atto Prètre è stato applaudito con entusia smo, rinfocolato dallo zufolio solitario dei soliti vedovi di Abbado in loggione. Massimo Mila Un momento delia prima parte dei «Troiani» di Berlioz nello splendido allestimento di Ronconi

Luoghi citati: Lione, Milano, Troia