Breznev appoggia Baires (ma non accenna ad aiuti per i militari di Galtieri)

Breznev appoggia Baires (ma non accenna ad aiuti per i militari di Galtieri) Breznev appoggia Baires (ma non accenna ad aiuti per i militari di Galtieri) DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — Leonid Breznev si è Inequivocabilmente pronunciato ieri sera a favore delle aspirazioni argentine nella disputa per le isole Falkland. «I popoli vogliono essere padroni della loro terra, delle loro case, sia nell'America Centrale come nell'Atlantico del Sud», ha detto il capo del Cremlino durante il brindisi alla cena in onore di Daniel Ortega, il leader sandlnista del Nicaragua da ieri in visita ufficiale a Mosca. «Se anche nell'emisfero occidentale emergono pericolose complicazioni e situazioni di conflitto—ha. aggiunto Breznev — è perché ci sono forze che cercano di mantenere o restaurare le loro posizioni di dominio e di imporre un'oppressione esterna sui popoli». Con parole che riflettono i commenti di questi giorni della stampa sovietica, e che è quindi difficile non interpretare come esplicito riferimento alla Gran Bretagna (e agli Usa), 11 capo del Cremlino ha proseguito: «Quelle forze non rinunciano a minacce, pressioni, ricatti e blocchi, né all'uso delle armi, e fanno ricorso ad azioni che risalgono ai tempi del brigantaggio coloniale». La voce più autorevole dell'Urss ha cosi ufficializzato il palese atteggiamento filoargentino del Cremlino. Ma, si nota in ambienti diplomatici, Breznev nulla ha detto che possa far pensare a un aiuto materiale di Mosca per Buenos Aires. E questo coincide con alcune significative espressioni pronunciate ieri da una nota figura della massmediologia sovietica. «Né la Gran Bretagna né l'Argentina sono alleati dell'Unione Sovietica»: compassione quindi per «i soldati mandati in guerra» e condanna per «il sangue che si sparge», ma implicita indicazione del desiderio Urss di tenersi a distanza dal conflitto nell'Atlantico meridionale erano state espresse da Jurij Zhukov, uno dei più noti commentatori di politica estera della Pravda e presidente del «Comitato sovietico per la pace». Le dichiarazioni hanno sorpreso non pochi diplomatici occidentali. Zhukov, che nella conferenza stampa ha fra l'altro sollecitato da Reagan una risposta relativa al vertice d'ottobre proposto da Breznev (escludendo implicitamente che possa svolgersi il mini-vertice di giugno ventilato dal presidente Usa), ha descritto la crisi delle Falkland «una seria lezione per tutto il mondo», un esempio di ciò che accade quando un negoziato è soltanto «di carattere formale e propagandistico». Ma il con flltto, ha ribadito, va risolto con mezzi pacifici. La sua è apparsa, a osservatori occidentali, una mossa distensiva dopo 1 duri lnterven ti Tass di lunedi nei quali si era" praticamente diffidata la Gran Bretagna dal voler restaurare lo status coloniale (definito «inammissibile») nelle Falkland. L'agenzia di Stato aveva parlato di «una manifestazione della politica imperialista», di un focolaio di tensione capace di «compromettere l'intera situazione internazionale». Ma la Tass non si era limitata a quelle accuse generiche. Aveva accusato Londra di 'ignorare testardamente le risoluzioni Onu sulla decolonizzazione delle Falkland», di covare «ambizioni imperiali», di «preparare lo sbarco di truppe sulle isole», di far rivivere la «diplomazia delle cannoniere» attraverso «un'aggressione con la complicità Usa». DI qui un altro duro at tacco a Washington, accusata di avere tradito l'America !•&■ tina «dimenticando» 11 tratta' to di Rio quando si è accorta che l'azione britannica «coincideva perfettamente con la sua politica imperialista globale», f. gal