Garibaldi non abita più qui di Franco Giliberto

Garibaldi non abita più qui TRA LE RELIQUIE E I GUASTI DI CAPRERA, GELOSA DEL SUO EROE Garibaldi non abita più qui La casa-museo dell'eroe il pomeriggio è sbarrata: sebbene abbia ventun custodi, centinaia di turisti tornano indietro senza averla vista - Coi mobili tirati a lucido, non sembra più la dimora del guerriero - La assediano quintali di lordure Cresce il timore che l'Italia ufficiale emargini l'isola dalle celebrazioni - «Siamo capaci di non far partire i traghetti» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CAPRERA — Sarebbe piaciuta a Garibaldi questa ragazza di Ollolai — nera d'occhi e di capelli come soltanto certe donne barbaricine sanno essere — che si stocca dal gruppo di studenti nuoresl in pellegrinaggio al museo. Ha un gessetto bianco in mano. Sul cocuzzolo d'un masso di granito che spunta da terra la brunetta va a scrivere: Giuseppe, amore mio». E sono due le ipotesi: che la ragazza stia vivendo un flirt scolastico e Giuseppe sia un suo compagno di classe; oppure che quel caduco messaggio, affidato al granito fino alla prossima pioggia, sia proprio per il generale. Ma sì, quest'ultima interpretazione è verosimile. Sui banchi di scuola il Risorgimento si ripassa all'ultimo anno di liceo. La brunetta deve aver preso una recente, storica cotta per l'eroe dei due mondi e vuole farlo sapere così, con una scritta innocente. Minuscola celebrazione nel centenario della morte di Garibaldi, che nei mesi a venire avrà altre, paludate commemorazioni. Poco male la dichiarazione d'amore a gessetto, ma terri-t bili le lordure che cingono' d'assedio la casa-museo. Si vede qualche quintale di sporcizia tutt'attorno all'ultima dimora garibaldina, lungo i sentieri che salgono alla dorsale collinosa e al monte Telatone o che scendono verso la rada del canale della Moneta. A stimare dalla corrosione, piatti e bicchieri di plastica, lattine di birra e carte stagnole sono qui da più. di un anno. Bottiglie e vetri frantumati tra i cisti e i lentischi, brandelli di nailon appesi agli olivastri e ai lecci, pannolini di neonato fra i ginepri cipressiformi: macchia mediterranea profanata. Qualcuno si metterà a far pulizia prima del 2 giugno, culmine delle celebrazioni in memoria dì Garibaldi, quando a Caprera potrebbero giungere Giovanni Spadolini e, chissà, Sandro Pettini? Vedremo. Schegge rubate Nella sede municipale della Maddalena si accampano alcune giustificazioni: «Nel nostro Paese gli sporcaccioni sono in grande numero». E ancora: «Non è escluso che molte persone abbiano sporcato per dispetto, avendo trovato chiuso il museo garibaldino nel pomeriggio». E' vero, ogni pomerìggio la casa di Garibaldi rimane sbarrata. I visitatori sono respinti. C'è chi sbarca alla Maddalena giungendo da lontano, dalla Penisola o dall'estero, e se ha la sventura che da un po' sia scoccato mezzogiorno non può visitare né tombe né stame. Le reliquie del generale — dispone la Soprintendenza ai Beni culturali — vanno ammirate soltanto al mattino, pur senza l'obbligo del digiuno: Una storia burocratico-sindacale sta dietro al mutilato orario d'apertura. Turni di riposo, ferie, periodi di malattia: i custodi non sono in numero sufficiente per garantire la sorveglianza mattina e pomeriggio. Eppure non sono pochi: tredici assunti ufficialmente e altri otto presi dalle liste di disoccupazione, con il ruolo di ciceroni. Ma l'altr'anno approdarono a Caprerapiù di centoventicinquemila visitatori, ne fa fede il registro delle firme nell'atrio del museo. Un enorme carico di lavoro, sostengono alla Soprintendenza di Sassari, sulle spalle di addetti che devono soprattutto evitare piccoli furti di oggetti — anche schegge di mobili, persino frammenti di tappezzerie — che parecchi patiti del cimelio garibaldino hanno compiuto in passato e ancora oggi potrebbero compiere. Occorrerebbero altri custodi. Se si volesse tenere aperta fino al crepuscolo la casa-museo, sarebbe necessario un 7nassìcclo doppio turno di guardiani. Il ministero dei Beni culturali sta valutandone l'opportunità. I maddalenini non credono molto alla storia dei furti. «II museo è stato talmente tirato a lucido dai restauratori, talmente spogliato d'ogni suppellettile apparentemente superflua, che nemmeno volendolo i visitatori più ma-, rluoli potrebbero allungare le mani», dice Pino Piras assessore democristiano all'Urbanistica. La diatriba sulle ultime opere di riassetto del museo («reinaugurato* nel 1976) non è sopita. Come Hollywood Mobili a lustroftno, pavimenti costruiti ex novo, strutture di soffitti portate a vista e ben verniciate, biancheria e drappi smacchiati a secco. Esisteva l'esigenza di preservare l'elementare funzionalità della grande casa garibaldina, ma forse c'è proprio stato uno sconfinamento, per eccesso di zelo. Più che del rude guerriero a riposo con la vocazione del contadino, ora sembra la dimora d'un pretensioso signorotto di campagna con la mania dell'ordine e della pulizia e con qualche vaga predìlieione hollywoodiana. «Il generale era un uomo pulitissimo, ricorda Piras evocando testimonianze di storia minima, che curava si personalmente la propria persona: mani, piedi, viso, barba e capelli. Usava una vasca per i bagni a vapore, cercando di lenire i reumatismi. Ma in quel suo igienico comportamento non v'era la Semai il contrarlo, lo sanno tutti. E allora perché conservare questa sua casa come un lindo alberghetto per educande? Qui Garibaldi ha ospitato centinaia di compagni d'arme, parenti, conoscenti, ammiratoli e ammiratrici: un via vai continuo, un sicuro disordine, connaturato al ciclopico ménage. E poi allevava decine di mucche, muli, animali da cortile. Le travi dei soffitti erano imbiancate a calce, non peri e ttamente verniciate in color noce scuro, come adesso Rammarico anche per i tanti oggetti portati via dal museo anni or sono e accatastati in un magazzino di Sassari. Coperte, tende, maglie, stampe, pezzi di specchio, pennelli, bottiglie, storiche cianfrusaglie d'ogni genere e una caterva dì corone metalliche ch'erano state mandate a Caprera dopo il 2 giugno 1882—quando Garibaldi morì—da capi di Stato e da cittadini sconosciuti, da nobili e da popolani. Alcune di quelle cose torneranno forse al museo nelle prossime settimane, resipiscenza ufficiale nel centenario della morte. Già, il centenario. Il comitato maddalenino delle cele-orazioni ha preparato un calendario di «manifestazioni sociali e storico-culturali... Abbonderanno le esibizioni di bande musicali e di gruppi canori, ci sarà qualche convegno dì studio, gare veliche e di windsurf, una sagra del pesce, un po' di pugilato e scherma. «Programma non definitivo, ma finora poverello, commenta Aldo Chirico, medico, membro del comitato e già grande amico di Clelia, la figlia di Garibaldi morta qui nel 1959, ma non avremmo potuto fare meglio con i pochi quattrini a disposizione». Giochi in tv Anche sotto questo profilo i maddalenini hanno di che lamentarsi: «Roma e il comitato nazionale sembrano voler monopolizzare le celebrazioni. La stessa Regione sarda non ha avuto occhio particolare per Caprera, che l'avrebbe meritato per ciò che ha significato nella vita di Garibaldi. Temiamo che persino i militari americani di stanza nella nostra isola e nella vicina Santo Stefano, base di sommergibili nucleari, facciano più di noi italiani. Hanno in programma una settimana statunitense in memoria dell'eroe, dal 9 al 16 maggio, e sembra che ci si preparino alla grande. Il nostro clou invece saranno i "Giochi senza frontiere", organizzati dalla televisione». E' la prima volta che la trasmissione viene in Sardegna. Andrà in onda il 25 maggio. Il filmato sarà venduto ad alcuni Paesi sudamericani, forse alla Romania e ad altre poche nazioni europee. Centocinquanta giovani maddalenini sono già stati selezionati per le gare. Non si sa ancora chi avranno per avversari. La Rai mantiene riserbo anche sul tipo di competizioni. E trapelato soltanto che molti giochi s'ispireranno alle gesta di Garibaldi: vedremo ca¬ valieri che tenteranno dì disarcionarsi a vicenda da cavalli di legno? Finti naufraghi in piscina e loro salvatori che tanto maggiore punteggio otterranno quanto più in fretta porteranno a riva i pericolanti? «Non sottovalutiamo i "Giochi senza frontiere", ammonisce l'assessore Piras, visto che almeno daranno modo a milioni di spettatori di vedere La Maddalena e di sapere bene o male che ci si ricorda di Garibaldi. L'iniziativa della Rai va applaudita. Ma la stessa gratitudine vorremmo nutrire per l'Italia ufficiale, quella che ha in mano le celebrazioni del centenario. Olà corre voce che il 2 giugno molte altissime autorità non verrebbero a Caprera, ci lascerebbero pressoché emarginati alla commemorazione. Ebbene, se l'Italia ufficiale si mostrerà cosi avara, Garibaldi ce lo festeggeremo da soli, ma nel vero senso della parola: siamo capaci di non far partire i traghetti da Palau; di isolare, se cosi si può dire, l'isola della Maddalena e Caprera». Possibile che un pubblico ufficiale, nella piazza del municipio, fra persone che ascoltano e assentano, lanci questi fieri propositi? «Oh, non sarei lo a fermare 1 traghetti, precisa Piraj, né a suggerire di farlo. Ma molti Isolani hanno ventilato quell'idea: per rlpicca, se veramente ci snobberanno...». Strano. Viene il dubbio che i maddalenini, fra i sardi conosciuti come l più miti, covino la brace. Chiediamo lumi a un anziano pastore d'anime, monsignor Salvatore Caputo, che dell'isola conosce molti segreti. E' un 'parroco storico». Raccolse più volte gli sfoghi di Mussolini (dal 7 al 27 agosto 1943) quando caduto il fascismo fu tenuto prigioniero nella villa Weber. Monsignor Caputo teme quasi più del diavolo domande su quel periodo. Probabilmente vuole custodire per sé, in eterno, le vecchie confidenze mussoliniane. Si sgela soltan¬ to dopo aver appurato che il cronista non intende interrogarlo a quel proposito. Allora afferma: «I maddalenini? Sono buona gente. Una comunità senza rancori né troppe cattiverie, bene amalgamata, di rispettosi cristiani». E Garibaldi? Fanno bene a voler onorare la memoria di un mangiapreti, del presidente onorario di una società atea oeneziana, come ricorda un attestato del 1879 affisso nel museo? «Strumentalizzazioni, strumentalizzazioni. Spessissimo Garibaldi ne fu vittima: durante la sua vita, dopo morto, e anche nella recentissima storia d'Italia. Invece, dico che è un onore avere un uomo cosi, sepolto in questa nostra terra». Monsignor Caputa non può però dimenticare che nel vecchio cimitero dell'isola (che egli stesso fece smantellare per costruirvi una casa di riposo mai entrata in funzione) c'era una lapide con un epitaffio dettato da Garibaldi. Il maddalenino Martino Branca (padre di Giuseppe Branca, il costituzionalista) descrive quell'epitaffio in un suo ormai quasi introvabile opuscolo storico: «Qui giace Il maggiore Luigi Gusmaroli, dei Mille. Egli vesti l'abito da prete. Quando giovane in età di ragione capi che non doveva essere della setta degli impostori, el si fe' uomo, milite valorosissimo della libertà italiana. Pugnò in tutte le' patrie battaglie e fu padre e marito onesto ed amorosissimo». E allora? Il sacerdote scuote il capo e sorride. Ma sì, Garibaldi va assolto — grazie alla sua onestà — per questa e per qualche altra intemperanza. Monsignor Caputo sembra d'accordo con Pio IX. Sempre che sia vero, come qualche cronista d'altri tempi sosteneva, che quel pontefice usasse dire: «Due veramente onesti uomini conosco In Italia: Garibaldi e me stesso». Franco Giliberto Giuseppe Garibaldi fotografato in larda età con la terza moglie Francesca Armosino