Capolavori perduti da ciechi burocrati

Capolavori perduti da ciechi burocrati ACQUISTI SBAGLIATI (Ó MANCATI) Capolavori perduti da ciechi burocrati Circola la voce, da qualche tempo, che l'Amministrazione Statale delle Antichità e Belle Arti stia preparando una Mostra nazionale che ponga davanti al grosso pubblico e agli studiosi ciò che negli ultimi tempi è entrato a far parte del f>atrimonio artistico nazionae, soprattutto per acquisti. Una rassegna del genere, di ampiezza non esclusivamente regionale, non è frequente nel noscro Paese; l'ultima, se ben ricordo, fu quella del 1932, allestita nella Galleria Nazionale d'Arte moderna, in occasione del decennale della marcia su Roma, e riguardava gli accrescimenti di interesse artistico, storico e archeologico effettuati dopo il 1922. Non si conosce se la Mostra attualmente (si dice) in preparazione osservi un preciso termine di partenza; tuttavia, sarebbe spiacevole dover rinunciare, a causa di un post quem troppo vicino (si afferma sia il 1970), a esporre nella Capitale la famigerata Madonna della Palma, acquistata nel 1968, e che continua ad essere esposta nel Palazzo Ducale di Urbino sotto il nome di Raffaello, tra l'ilarità generale. Sarebbe poi opportuno che {;li organizzatori della mostra a ampliassero con una sezione fotografica, dedicata alle opere che lo Stato grazie all'azione dei suoi burocrati e del suo brain trust (già denominato Consiglio Superiore, ora Comitato di Settore) avrebbe potuto ma non ha creduto op portuno acquistare: tale sezione dovrebbe far perno sulla Natura morta e sulla Nascita della Vergine, ambedue di Zurbaran (tele passate, con tutti i crismi, alla Norton Simon Foundation di Pasadena in California), e sulla enorme te la del Goya, già nella Collezione Ruspoli a Firenze ed oggi (per buona fortuna) in quella di Luigi Magnani presso Parma. Questo sommo capolavoro della pittura europea (che va annoverato tra i dieci quadri da salvare, accanto alla Primavera del Botticelli, alle tele del Caravaggio in San Luigi dei Francesi, a Las Meninas del Velazquez, all'Atelier du Peintre del Courbet e ad altre vette del genere) lo si sarebbe potu to acquistare per gli Uffìzi t per Brera; ma tale passo fu impedito da un immarcescibi le personaggio che da decenni ha un peso nei fatti delle Belle Arti, e la cui assoluta incapacità di percepire i valori artistici, storici ed estetici gli fece condannare il sublime dipin to, sostenendo (si afferma) che «l'è tutto holór cioccolatte». ** Da mettere bene in evidenza poi, in tale sezione degli acquisti possibili ma non effettuati, ci sarebbe il superlativo Giardiniere del Van Gogh, un dipinto che ha dato luogo a certi sospetti, sin qui mai dissipati. Come è noto, lo Stato poteva assicurarsi (e a prezzo assai conveniente) questa ra rissima, oggi inestimabile, te la, che voci non controllate as serivano appartenesse al gnor Sereno Freato. Quando il Soprintendente Faldi ne propose l'acquisto, non gli venne dato seguito; anzi To stesso Faldi asserisce (vedi La Stampa, 23 novembre 1980) che, avendo di nuovo e più volte insistito, egli fu perentoriamente invitato a desistere. Non è noto se l'autore di tali inviti sia stato l'allora Di rettore Generale delle Antichi tà e Belle Arti, il dottor Gu glielmo Triches (lo stesso che pochi giorni fa è stato arresta to per motivi valutari, nel cor so di un'inchiesta su certi fatti avvenuti a Firenze); ma ci chiede come mai non ci sia un Procuratore della Repubblica che voglia andare sino in fon do a questa nebulosa vicenda del Van Gogh chiarendone, nel caso, gli sconcertanti in terrogativi. Ma per tornare agli acquisti di opere d'arte, c'è da segnalare che comincia ad esser noto un genere di raccolte di cui si è sentito molto parlare negl ultimi due decenni, e che ben pochi conoscevano nella sua reale consistenza ed entità, cioè le collezioni formate da Banche e Istituti Bancari Molte erano le dicerie che correvano su di esse, e spesso d tipo negativo; ma quel che finora conosciuto sollecita ua giudizio generalmente favorevole, anche per il ruolo che raccolte del genere potrebbero assumere in una prospettiva dimensioni regionali. Già una decina d'anni fa, la Cassa di Risparmio di Genova mdinscrsmtpgspdmtpDdbsdcddammrsude Imperia pubblicava un volume (dovuto a Piero Torriti) cui era resa nota una parte della raccolta (dipinti, disegni, incisioni, majolicne e porcellane) che la Cassa possiede nella sua sede genovese: a parte poche eccezioni, si tratta di opere liguri, spesso di qualità assai alta. Recentemente poi, il medesimo Istituto ha effettuato un acquisto di grande importanza, una scelta delle tele genovesi che formavano la splendida collezione (purtroppo smembrata) del compianto dottor Angelo Costa, cosi come in precedenza aveva salvato dalla dispersione alcuni dipinti già nella celebre Galleria Doria in via Garibaldi. Sono questi i due aspetti del collezionismo bancario che bisogna valutare in modo positivo: da un lato il recupero di opere d'arte espresse dalla cultura locale (sì da formare delle vere e proprie Gallerie), dall'altro la tutela di raccolte antiche e tradizionali, che molto spesso hanno un'enorme importanza per la cultura regionale, e della cui scomparsa burocrazia, accademismo universitario e storici dell'arte dediti all'estensione delle expertises si preoccupano ben poco. ** In tal senso, un posto di eccezione tocca al Monte dei Paschi di Siena, i cui dirigenti hanno ben intuito come investimenti accorti e sagaci non si pongono in contrasto con i valori della cultura. Al Monte, nfatti, va riconosciuto il merito non piccolo di avere impedito (grazie ad un vitalizio che per discrezione non chiamiamo fortunato) la fine della mportantissima raccolta Chigi-Saracini, che in precedenza aveva già subito decurtamensono cosi rimasti a Siena dipinti di alto valore stori co-artistico, oltre ad un nucleo di cose minori che tuttavia illustrano in modo egregio l'arte senese tra il Cinque ed il Seicento, nucleo che sarebbe mpossibile formare altrimenti. Ma lo stesso Monte ha proceduto ad acquisti di eccezione, tra cui il rarissimo Sant'Antonio Abate del Sassetta che fu esposto l'anno scorso nella locale Pinacoteca. Altri Istituti bancari di minor peso hanno proceduto ad acquisti ,: dipinti di innegabile inte di resse, sempre circoscritto alla storia delle espressioni figurative del luogo: cosi, una scelta delle cose entrate nella Cassa di Risparmio di San Miniato, in provincia di Pisa, si può studiare nel volume Tesori d'arte antica a San Miniato, edito dalla SAGEP di Genova a cura della medesima banca. In questi giorni poi sono apparsi due cataloghi, per i ti pi della Electa di Milano. Il primo, intitolato La Galleria di Palazzo degli Alberti riguar¬ da i dipinti in possesso della Cassa di Risparmi e Depositi di Prato: vi si ammira (stupendo dopo la recente pulitura) il Cristo incoronato di spine del Caravaggio, che fu già della Collezione Cecconi di Firenze, assieme al Crocefisso di Giovanni Bellini (già nella fiorentina raccolta Niccolini di Camugliano), due gemme che, senza là Cassa, sarebbero finite chissà dove. E' certo che due pezzi di tal calibro dovrebbero trovare stabile dimora nel patrimonio dello Stato italiano; ma tanto più grande è il merito di chi, al casuale dilettantismo con cui vengono effettuati gli ac quisti per i nostri Musei, provvede con un'oculata sorveglianza di quel che accade nelmcrcato. La medesima Cassa di Prato ha raccolto un magnifico nu eleo di dipinti fiorentini (da segnalare due rari Coccapani) sculture di Lorenzo Bartolini, tra cui alcuni ritrovati presso un mercante di Londra. Il secondo volume edito dalla Electa riguarda le Raccolte d'arte a Palazzo Koch in Roma, cioè della Banca d'Italia; purtrop po, nonostante il ruolo primario ed eccezionale dell'Istituto, si tratta di una collezione ete rogenea, e spesso di livello men che mediocre: quanto dipinti, a parte poche eccezioni (una tavola del Duecento fiorentino, una Prospettiva del Codazzi, e poche altre cose) non mette neppure conto di farne cenno. Né il catalogo di ce quale sia stata la sorte di certi quadri di altissimo pre- f;io, già nella Collezione Guaino, che pure fecero parte del sequestro con cui tale raccolta (molto ineguale ma con talu ne cose non comuni) entrò in possesso della Banca d'Italia. Ma questa sezione di scarso valore è riscattata dallo splen dido gruppo di opere dell'Estremo Oriente, unico in Italia, e da due o tre marmi ritrovati durante gli scavi per eri gerc il superbo edificio dovu to a Gaetano Koch. Bisogna tuttavia riconoscere che le col lezioni della Banca d'Italia hanno origini non pianificate, occasionali, senza un filo con duttore, quello che, ad esem pio, sostiene le raccolte della Cassa di Risparmio di Bologna, illustrate nel 1972 in un volume di Andrea Emiliani, e di cui una bella scelta è stata giorni fa esposta nella locale Chiesa di San Giorgio in Poggiale (assieme ad alcuni interventi di restauro operati dalla Soprintendenza con i contri buti della medesima Cassa) Ancora una volta, questi cataloghi e volumi confermano il ruolo decisivo che, per costruire una collezione d'arte, spetta al consigliere, al conoscitore, che in nessun modo può essere sostituito dal rum smo astratto dei teorici. Federico Zeri