Anche il safari fotografico turba la savana

Anche il safari fotografico turba la savana Anche il safari fotografico turba la savana UNA volta si andava in Africa per fare battute di caccia grossa. Ora ci si va da turisti per firmare e scattare foto di leoni, elefanti, rinoceronti, ippopotami. Il salto di qualità c'è stato: meglio fotografare gli animali vivi che massacrarli. Ma l'uomo sbaglia sempre nei suoi rapporti con la natura. Sbagliava prima distruggendo la fauna selvatica, sbaglia ora disturbando con la sua invadente presenza i superstiti di quel massacro, confinati nelle riserve e nel parchi nazionali. Il fatto è che 1 cosiddetti «santuari della natura-, al pari degli zoosafari sbocciati come funghi In tutto il mondo, sono diventati una lucrosa speculazione commerciale. Centinaia di agenzie turistiche reclamizzano gli affascinanti tours attraverso le piste della foresta e della savana per vedere e fotografare da vicino gli animali selvatici. E la formula allettante del «tutto compreso* attira enormi folle- df turistiche si riversano nei parchi nazionali africani, cosi come In quelli d'Europa e d'America. Gli, animali sono diventati un grosso affare. Ma loro, 1 diretti interessati, cosa ci hanno guadagnato? Hanno perduto completamente quella privacy cosi necessaria al benessere individuale e collettivo, devono subire la violenza di fotografi e cineasti da strapazzo che si appostano nei luoghi più impensati per coglierli di sorpresa o sono addirittura bersagliati dal sassi del visitatori che, delusi di vederli riposare immobili, 11 vorrebbero spingere all'azione, assistono a un passaggio continuo e fragoroso di automobili, sono frastornati dagli urlidi paura o di ammirazione delle voci umane. Tutto questo incide in maniera negativa sulla loro psiche e 11 traumatizza al punto tale che molti di loro acquistano un comportamento anormale, uccidono 1 cuccioli o smettono di procreare. C'è purtroppo una completa disinformazione in ■materia di comportaménto' animale. Il turista. In genere, è 11 prototipo dell'uomo arrogante che si ritiene in diritto di trattare gli animali selvatici come oggetti del suo divertimento, 11 considera inclusi nel prezzo della gita. E a nulla valgono gli opuscoli distribuiti all'ingresso dei parchi o delle riserve. " I trasgressori non si contano. Pur di fare una foto sensazionale che faccia colpo al ritorno in patria, non esitano a spingersi al di là di quella "disfama di sicurezza» che l'animale frappone sempre fra sé e l'estraneo. E diminuisce di conseguenza lo ^spazio di fuga-, già ridotto, del prigioniero. Il quale non ha alternative. Per legittima difesa aggredisce l'intruso. Cosi gli Incidenti non sono rari nei •safari-tours» e rinforzano sempre più tra la ,gente l'errata convinzione che leoni, tigri, lupi o leopardi siano belve assetate di sangue umano. Joy Adamson, la studiosa inglese scomparsa tragicamente du*> anni fa. fu una delle prime a rendersi conto che gli abitanti delle riserve soffrono e diventano •cattivi» per l'invasione umana del loro territorio. Nel suo libro postumo. «La regina di Shaba», l'autrice accenna a una ricerca scientifica che l'associazione •Elsa Wild Appeal» da lei fondata aveva condotto specificamente sull'Influenza negativa del turismo sul parchi nazionali e si riprometteva di proporre alle autorità del Kenya, il Paese In cui aveva vissuto 42 anni della sua vita, un progetto che consentisse un più oculato controllo del visitatori e una maggiore tutela degli animali. Perché sapeva la Adamson come sono sensibili alle molestie 1 selvatici, lei che aveva allevato con l'affetto di una madre prima la leonessa Elsa (che divenne la celebre protagonista del libro «Nata libera» e di unaserie di documentari televisivi), poi il ghepardo Pippa e infine 11 suo ultimo amore, il leopardo Penny. E' vero, li aveva presi tutt'e tre cuccioli, in quella tenera età in cui, per il fenomeno dell'.imprinting», si imprime Indelebilmente nel cervello ' del piccolo animale l'essere che gli è più vicino e mette radici in lui un attaccamento alla madre adottiva che non verrà mai meno. > Ma vi sono altri casi in cui gli studiosi sono riusciti a farsi «accettare, dagli animali selvatici adulti. E basti per tutti l'esemplo di un'altra donna, l'etologa americana Diane Fossey, che trascorse undici anni nelle buie foreste dei monti VIrunga, in Ruanda, nel cuore dell'Africa tropicale, ultimo rifugio dei gorilla di montagna, i più grandi antropoidi del mondo. Ebbene, studiando pazientemente giorno per giorno il modo di comportarsi, lo psichismo, le relazioni sociali, il linguaggio di questi giganti misconosciuti, la cui esistenza è oggi al limite della sopravvivenza, Diane Fossey riuscì a farsi ammettere nella loro società, a familiarizzare con i giganteschi antropoidi, a scoprire che sotto quella mole spaventosa si nascondevano esseri miti, bonaccioni, quasi timidi. La verità è che noi gli animali non li conosciamo. Nel rapporto . uomo-animale, tutti gli equivoci nascono' dalla nostra ignoranza. I. Lattes Coifmann ■

Persone citate: Adamson, Diane Fossey, Elsa Wild Appeal, Lattes Coifmann

Luoghi citati: Africa, America, Europa, Kenya, Ruanda, Shaba