Friedan: mie care femministe tornate alla famiglia di Renata Pisu

Friedan: mie care femministe tornate alla famiglia Il movimento delle donne alla «seconda fase» Friedan: mie care femministe tornate alla famiglia DICONO, da noi e in America, che il nuovo libro di Betty Friedan «La seconda fase» (che sta uscendo in italiano da Comunità) piaccia a Reagan. Improbabile: la Friedan lo paragona impietosamente a Hitler. Dicono che Betty, la madre fondatrice del Movimento di liberazione delle donne americane, quella che nel 1963 scopri e denunciò la frustrazione della casalinga middle-class, prigioniera in un «confortevole campo di concentramento», la sua casetta monofamiliare, abbia scelto di' tavstruggere il femminismo per salvarlo», di «combattere la maggiorama silenziosa entrandomafarparte». Recensori illustri e conservatori come Wabster Schott hanno osannato la Friedan perché «riconduce il movimento delle donne nella corrente principale del pensiero americano che individua come base della società quel gruppo di affini chiamato famiglia». Altri hanno ribattuto subito: che tempismo, signora Friedan; per la «grande svolta», cioè per la seconda fase del femminismo, ha scelto proprio il momento nel quale le difficoltà economiche minacciano ogni libertà recentemente conquistata. Non va contro corrente. Sembrerebbe dunque che questo «manifesto» della seconda fase del femminismo stilato dalla Friedan in cui si invitano le donne adistruggere la mistica del femminismo dopo aver distrutto quella della femminilità, non faccia che portare acqua al riflusso, a quella grande ondata di ritorno che ci sta sommergendo tutti, al punto che oggi non si dice più «ho la depressione» ma «sento il riflusso». Già tutta l'America sente il riflusso: non sono più di moda intellettuali radicali e dichiaratamente lesbiche come Kate Millet. ma intransigenti esponenti della «maggioranza mo¬ rale» come Phillys Schafly che ha pubblicato di recente la sua autobiografia, storia di una giovane donna come si deve che dedica la vita alla lotta contro l'aborto e l'omosessualità. O come Colette Dowling la quale assicura che niente è più appagante e piacevole per una donna che essere mantenuta da un uomo. E' sulla cresta di questa ondata che si pone la Friedan predicando il ritorno alla famiglia? I suol detrattori, in massima parte donne impegnate da anni sui temi del femminismo, non hanno dubbi: ia Friedan ha tradito, anzi, non ha mai capito niente «ideologizza i ripieghi e i ripiegamenti, decanta i meriti dell'uva acerba gabellandola, così asprigna, per stimolante» ha detto Laura Conti. «Sono tutte bizzarre fantasticherìe etico-sociali» è l'opinione di Bianca Maria Frabotta. Queste alcune voci italiane, ma an¬ che in America le femministe non sono state tenere. Contro una Erika Jong che giudica «La seconda fase» un libro «coraggioso e stimolante», abbiamo una Susan Bronwlller che parla con disprezzo della Friedan definendola «una piccola borghese sema più sperama» e fa notare che se questa seconda fase deve essere quella della conciliazione tra uomini e donne, come sempre è alle donne che viene richiesto di fare la prima mossa e di rinunciare alle passate conquiste. Certo, le proposte della Friedan fanno pensare a un passo indietro, ma soprattutto è chiara in lei l'ansia di rassicurare tutti i benpensanti, di sottolineare che il femminismo non è sinonimo di anarchia sessuale e che sono state soltanto delle scalmanate a fare il rogo del regglseni. delle folli a dichiarare guerra alla metà del genere umano, gli. uomini, delle ipocrite a predicare di non truccarsi, non .depilarsi, non vestirsi alla moda («l'ho vista io una di queste signore farsi fare i colpi di sole dal grande parrucchiere Kenneth» ella scrive). La Friedan sostiene, e si fa anche l'autocritica, che il modo in cui le donne si sono battute per l'aborto, contro la violenza carnale, contro la pornografia, sembrava esprimere odio per gli uomini e mancanza di rispetto per la maternità e che oggi tutte le donne stanno pagando lo scotto di questo femminismo «sbagliato». Sbagli ovviamente ne sono stati commessi dalle femministe più o meno arrabbiate. Ma come misurarli? Dalle vittorie o dalle sconfitte ottenute dopo aver individuato il nemico principale. E 11 sta il problema. Mentre le donne del Terzo Mondo dicono che 11 nemico principale non è il maschio, ma gli Stati Uniti d'America (cosa che stravolge la Friedan: come, il «nostro paese»?) negli Stati Uniti la Friedan dice che il nemico principale è Reagan («il fascismo da noi avrà di certo un volto bonario da cow-boy»). Forse questo libro lo ha scritto soltanto per vincere la più importante battaglia politica che le donne americane abbiano mai affrontato. Il 30 giugno dovranno infatti votare per la ratifica dello «Equal rights amendment» che. se passasse, diventerebbe l'articolo 27 della Costituzione, e abolirebbe con un colpo solo ben 800 leggi discriminatorie verso le donne. Sono quelle che autorizzano la differenza di opportunità di lavoro, di benefici sociali e di assistenza economica in base al sesso. La destra, con l'appoggio di Reagan, ha lanciato una campagna per la penalizzazione dell'aborto e contro l'emendamento; sostiene che. se venisse ratificato, distruggerebbe la base cristiana della nazione, cioè la famiglia. La Friedan. proponendo il ritorno alla famiglia, riformata, non rivoluzionata, dichiarando che le femministe sono sempre state tutte casa e bambini, invita le donne a una «lunga marcia dentro le istituzioni», cerca alleate tra le casalinghe, tra gli uomini, a destra e a sinistra, per questo il suo libro non place alte femministe: non è di parte, anzi, non è di sesso, propone addirittura un femminismo asessuato. Si è mal vista una simile contraddizione in termini? Si potrebbe chiamarlo in un altro modo questo femminismo della «seconda fase» ma ci sfugge il termine. O ce ne vengono in mente tanti, troppi. E si rischia di fare una grande confusione, mentre «femminismo» era parola cosi semplice, uno spartiacque del genere umano. Renata Pisu Da un manifesto di Will Bamet

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