Massacrarsi in nome della fede

Massacrarsi in nome della fede Guerre di religione Massacrarsi in nome della fede PIERRE Miquel incomincia questo suo vasto affresco storico dalla premessa delle guerre di religione, cioè dalla diffusione delle idee della Riforma nella Francia a partire dagli Anni Venti del sec. XVI e dal quarantennio di persecuzioni efferate, che 1 riformati francesi subirono avanti del rifcorso alle armi. Ovviamente, egli dedica la maggior parte dell'opera alla narrazione delle vere e proprie guerre di religione, da cui la Francia fu insanguinata cosi orrendamente dalla strage di Vassy del 1562 fino all'avvento di Enrico IV e alla tolleranza da lui largita ai protestanti con l'editto di Nantes del 1598. Non si arresta però a tale data. In quanto prosegue il suo racconto con le guerre degli Anni Venti del Seicento, culminanti nella presa della Rochelle da parte del cardinale di Rlchelleu. e con il calvario del calvinisti francesi sotto Luigi XIV. in conseguenza della revoca dell'editto di Nantes nel 1685, fino all'ultima e disperata epopea contadina del Camisards insorti nelle Cevenne contro la potenza del Re Sole ai primi del Settecento. Pierre Miquel accenna anzi, nella conclusione del suo libro, alla continuazione durante la maggior parte del secolo dei Lumi della persecuzione contro gli ugonotti. Quando si visita la torre di Constance ad Aigues Mortes, si vede nel muro di una cella la scritta «resister», incisa in una pietra: quella scritta fu tracciata da una delle donne ugonotte, che stavano rinchiuse nella torre, per incoraggiare le compagne a tenere duro nelle proprie convinzioni. E si prova un certo brivido quando si pensa che quelle donne erano ancora chiuse la dentro quando fuori le opere di Montesquieu e di Voltaire circolavano già fra gli applausi dell'Europa colta. Non è piccolo merito dell'autore l'avere saputo riassumere tre secoli di vicende quanto mai drammatiche e complesse In un volume di ragionevoli dimensioni e di gradevole lettura, molto chiaro, molto scorrevole e brioso, ed emozionante quanto basta per tenere sempre desto l'interesse del lettore, ma mai al punto di scadere nel Grand Guignol. Il libro è stato scritto chiaramente per 11 grande pubblico anziché per gli addetti ai lavori. Anzi, a dire tutta la verità, non è un prodigio di originalità o di profondità in fatto di pensiero storico: mostra la corda ogni volta che dalla narrazione colorita del fatti ci sarebbe da risalire alle Idee che tali fatti misero in movimento; e magari pigila qualche granchio bello e buono, come quello di raccontare che gli anabattisti venivano dalla Moravia. ** Del calvinismo stesso, di cui si parla continuamente in questo libro, si dà un cenno cosi banale che 11 lettore non capisce perche mai tanta gente, per tanti secoli, pure di professare 11 calvinismo, si facesse ammazzare o sopportasse le sofferenze più dure (c'è anzi un dettaglio piuttosto divertente a questo proposito: anche 11 Miquel sa che il calvinismo ebbe un successo particolare nell'ambito femminile, ma non riesce ad escogitarne altra spiegazione fuorché una presunta maggiore inclinazione della donna alla moralità...). Tuttavia è un libro scritto veramente bene, con una praticacela del mestiere di narratore da fare invidia e al tempo stesso con uno sforzo di onestà e di rispetto della verità storica, che non possono suscitare altro che simpatia e rispetto. In conclusione, c'è da augurare al libro del Miquel una larga fortuna anche in Italia: ce n'è tanto bisogno, nel nostro paese, di libri di storia onesti e attendibili, ma scritti in modo da essere letti con piacere anche dai lettori meno iniziati I La traduzione italiana ha rispettato la briosa vivacità dell'originale francese e ne ha reso i pregi narrativi con molta abilità letteraria. Peccato che a questi meriti accompagni 11 grosso difetto di una sconcertante ignoranza In fatto di storia. Evidentemente gli autori di questa tradizione non hanno mai sentito dire che uno dei più famosi predicatori della Controriforma fu l'italiano Panlgarola: altrimenti non ne avrebbero scritto 11 nome Panigarolle alla francese. E' quanto meno di dubbio gusto lasciare cordiglieri e giacobini alla francese, anziché scrivere «frati minori» e «domenicani» in buon italiano. Ma si passa davvero il limite del grottesco, quando si fa confusione fra gli evangelici seguaci della Riforma, e 1 quattro Evangelisti del Nuovo Testamento. Per fortuna 1 traduttori non hanno scritto «cattolteisti», anziché cattolici. Ma sarà solo colpa del tipografo quel Beyle di cui si parla continuamente in questa traduzione, anziché una confusione tra Pierre Bayle, l'autore del Dictionnaire, e Beyle alias Stendhal?... Giorgio Spini Pierre Miquel: La guerra di religione. Sansoni, 636 pagine, 30.000 lire.

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