Il processo Moro si avvia con lentezza gli imputati, meno due, disertano l'aula di Giuseppe Zaccaria

Il processo Moro si avvia con lentezza gli imputati, meno due, disertano l'aula La Corte d'assise di Roma blocca il tentativo dei br di imporre la propria «linea» Il processo Moro si avvia con lentezza gli imputati, meno due, disertano l'aula Fanno sentire la loro presenza dai cameroni sottostanti picchiando con le manette sulle porte e lanciando slogan Si prevede che per qualche giorno le udienze affronteranno le formalità di rito e la costituzione delle parti civili ROMA — «Brigate rosse... rosse, rosse, rosse». Anche ieri, nella palestra in cui il processo agli assassini di Aldo Moro era appena ripreso, il grido ritmato dei terroristi è tornato a farsi sentire. Questa volta, però, non arrivava dalle gabbie. Bloccati ancora una volta, nel loro tentativi di imporre la propria «linea», dalla corte d'assise, i terroristi avevano deciso di lasciarle vuote per l'Intera udienza. Cosi, mentre il processo lentamente si avviava, agli imputati non è rimasto che il tentativo di ricordare dall'esterno la loro presenza: lo hanno fatto, dalle celle sottostanti l'aula, continuando a gridare i loro slogans, a battere sulle porte con le manette. Senza poter impedire, però, che dinanzi a un uditorio improvvisamente rarefatto i giudici respingessero le prime eccezioni di nullità, leggessero per più di due ore i capi di imputazione. Che iniziassero, insomma, a spingere il giudizio verso la sua fase più viva. Perché questa fase venga raggiunta, occorrerà ancora qualche giorno: già stamani l'avvocato Mancini presenterà alla corte una serie di opposizioni alle costituzioni di parte civile della democrazia cristiana, del Comune di Roma, della presidenza del Consiglio, del ministeri dell'Interno e della Difesa. Un altro dei difensori, Domenico Servello, si appresta a sollevare nuove questioni di nullità del processo rispetto al suo assistito, il «tipografo» delle Br Enrico Triaca, a quanto pare già pentito del suo pentimento. Ma la mastodontica macchina del processo Moro, ieri ha finalmente cominciato a muoversi: ed è certamente questa, dopo una settimana di perplessità, l'indicazione più consolante. Nello stesso tempo, la corte d'assise ha dimostrato ancora, coi fatti, di essere in grado di pilotare senza scosse il dibattimento fino alla conclusione, a meno naturalmente di imprevedibili eventi esterni. Ieri, posti nuovamente di fronte alla questione della distribuzione dei Br nelle gabbie, i giudici hanno sorpreso gli imputati con un'ordinanza che ha tolto loro ogni possibilità d'iniziativa, almeno sotto l'aspetto, per cosi dire, coreografico. Una settimana fa, per bocca di Moretti, gli imputati avevano chiesto la restituzione di documenti sequestrati loro in carcere, delle macchine da scrivere, e soprattutto di potersi distribuire nelle gabbie come credevano. Ieri mattina, prima ancora che l'udienza avesse inizio, attraverso un ufficiale dei carabinieri i br hanno chiesto ai giudici quale sarebbe stata la risposta. Intanto, altri uomini in divisa scortavano fino all'aula i primi imputati: anzitutto, le donne, che avevano raggiun¬ to l'ultima gabbia. Poi i «movimentisti», con in testa Valerlo Morucci. Transenne separavano i fotografi dalle gabbie: le brigatiste, come sempre, si erano già girate per non offrirsi ai «flashes». Di colpo, dal corridoio retrostante le gabbie, è arrivato il contrordine: «Tornate dai compagni». Lentamente, con l'aria un po' sorpresa, i br già in aula sono tornati indietro. La spiegazione si è avuta poco dopo, con l'ingresso della corte e la lettura di una lunga ordinanza, da parte del presidente Santiapichl. «La corte ha già disposto — questa in sintesi la decisione — che l documenti sequestrati agli imputati vengano restituiti. La questione delle macchine da scrivere non è di nostra competenza. Quanto alla richiesta sulle gabbie, la corte Iwvaluterà so lo una volta esaurite le questioni preliminari, e sulla base delle legittime, singole ricliie- ste». Ai br, in pratica, sarebbe stato chiesto — ma solo quando il presidente l'avesso deciso — di indicare, uno per uno, in quale gabbia volevano essere collocati, e perché. Non era un bizantinismo: piuttosto, un modo per lasciare agli imputati la responsabilità di ogni decisione. Olà espulsi alla prima udienza dall'aula, i brigatisti sanno bene che, in base alla legge Cossiga, potrebbero dopo un secondo provvedimento del genere non partecipare più al processo, se non nella sua fase finale. A questo punto, spetta a loro chiedere o meno la riammissione all'aula: la corte non ha respinto le loro richieste. La reazione degli imputati è parsa soprattutto di sconcerto. A lungo, rimasti nelle celle, Moretti e compagni non si sono fatti sentire. Il ritmare dei | ferri» contro le sbarre è cominciato solo, nella tarda mattinata, quando i detenuti avevano chiesto il pranzo (poi giunto dal carcere) e più tardi, nel pomeriggio, quando il presidente ha deciso di farli ricondurre a Rebibbia con più di un'ora d'anticipo sulla conclusione dell'udienza. Non si può dire, d'altro canto, che restando nelle celle ieri i br si siano persi molto. I giudici sono entrati una prima volta in camera di consiglio per valutare le tre eccezioni di nullità presentate alla prima udienza. Ci sono rimasti circa un'ora, per poi respingerle tutte. Il fatto che l'inchiesta Moro-bis sia passata dalla procura alla procura generale, e poi rinviata al primo ufficio, è certo procedura singolare, ma non costituisce motivo di nullità (essendo impersonale l'ufficio del pubblico ministero). Ininfluente sulla regolarità del processo è anche il fatto che alcuni detenuti siano stati trasferiti al carcere di Rebibbia qualche giorno dopo il termine previsto dalla legge: v1 • Più interessante è stata forse la risposta data all'ecce¬ zione dell'avvocato Di Giovanni: il legale lamentava che l'uso dei vetri nei colloqui in carcere limitava il diritto alla difesa. Secondo la corte, questo Invece può solo creare qualche inconveniente, senza ledere alcun diritto. SI riprende oggi: e sarà interessante verificare quanti br si faranno condurre al Foro Italico. Ieri, sembra, erano poco più di una ventina: segno che la «linea Moretti» non è condivisa da altri? Anche tra i «pentiti» si sono registrate diverse defezioni: presenti solo Brogi e Cianfanelli, in aula ieri non c'erano né Savasta, né Emilia Libera, né Norma Andrlanl. Tra tante assenze, è stato possibile spiegare solo l'ultima: la Andrlanl non si considera «pentita», ma innocente. Giuseppe Zaccaria Roma. La madre e la sorella dell'agente Piero Oliami, ucciso nell'attacco alla sede de in piazza Nicosia il 3 maggio 1979, ieri in aula

Luoghi citati: Comune Di Roma, Emilia, Rebibbia, Roma