Com'è italiana questa Svizzera di Vittorio Gorresio

Com'è italiana questa Svizzera SCANDALI, GIORNALISTI IN CARCERE, SINDACATI IN FERMENTO Com'è italiana questa Svizzera DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ZURIGO — «Zurigo: giornali-, sti deferiti al tribunale». «Quattromila metallurgici manifestano davanti al Consiglio di Slato Ginevra». «Zurigo: incriminato un giornale dal procuratore distrettuale». «Corte d'Assise di Winterthur: processo a un manifestante zurighese di primo piano. Non si è degnalo ai presentarsi all'udienza». «L'estate sarà calda a Berna...». Potrei continuare a lungo a trascrìvere dai giornali svizzeri titoli come questi, che fanno pensare che si stia sfogliando la stampa italiana di uno qualunque di questi giorni: e invece i fatti sono tutti svizzeri, appunto di quésti giorni, e stanno a dimostrare che di qua e di là delle Alpi ci sono molte cose che si assomigliano, tanto che che ci si confonde a citare nelle date il luogo di provenienza. E anche a leggere i testi si potrebbe essere tratti in inganno, tanto sembra italiana certa cronaca svizzera. Quella della manifestazione dei metallurgici a Ginevra, per esempio, è tipicamente nostrana: «Pierre Schmidt, segretario della Ftmh (Federazione Lavoratori Metallurgia e Orologeria), ha preso la parola nella Place Neuve per illustrare la situazione e far conoscere le proposte del sindacato, contenute in una petizione corredata da 45Ó0 firme, che sarà portata da una delegazione al Consiglio di Stato. Negli ultimi tre mesi, infatti, solo nel settore macchine sono stali operati 250 licenziamenti. Su un totale di circa 12 mila addetti più di 3000 lavorano a orario ridotto. Nei prossimi mesi molto probabilmente si procederà ad ulteriori licenzia¬ menti (senza possibilità di riqualificazione) che il padronato motiva, come al solito, con la perdita di competitività sul mercato delle macchine di precisione e con l'elevato costo del lavoro». Lo traduco dal francese o dal tedesco dei giornali svizzeri, ma tutto sommato, mi sembra che il testo originale sia stato concepito e redatto in italiano. Ci sono frasi di un tenore inconfondibile, che paiono fatte in casa, da noi. Per esempio: «...La profonda preoccupazione per la ristrutturazione selvaggia condotta con drastica lucidità dal padronato e che colpisce i lavoratori». Lotte sindacali Oppure: «...Nostro obbiettivo è togliere ogni illusione a chi fino ad oggi era convinto che la Svizzera fosse al riparo dalla crisi (....), richiamare l'attenzione del governo locale affinché questo intervenga con misure volte a potenziare l'appoggio alle piccole e medie imprese (....), unificare tutti i lavoratori, settore per settore, per una lotta più lunga e complessiva, migliorare la soncertazione fra commissione di fabbrica e direzione delle imprese, al fine di coinvolgere i lavoratori nei processi di riconversione industriale (...) Siamo convinti che il disegno padronale non passerà se tutti i lavoratori, militanti e iscritti ai sindacati locali, sapranno dare un proprio peculiare contributo creativo all'interno delle organizzazioni operaie, sviluppando sempre più la necessità di una lotta unitaria». Le firme di Giorgio Benvenuto, o Pierre Camiti, o Lucia¬ no Lama, ci starebbero benissimo, in calce. Ciò non altro significa che, ricchi o poveri che siano i Paesi industrializzati, i problemi sindacali da risolvere sono più o meno uguali. Ma, anche guardando fuori del mondo del lavoro, colpisce il metodo comune di qua e li là delle Alpi di perseguire in giustizia giornali e giornalisti. I responsabili di «Teli», un settimanale di sinistra, sono sotto processo perché, avendo pubblicato un'intervista con due trafficanti di droga (un libanese e un turco), si rifiutano di rivelarne l'identità al procuratore distrettuale: come si vede, la questione di rivelare o tener celate le fonti d'informazione si propone anche in Svizzera, negli stessi termini che da noi. Più singolare è il caso di un altro dei processi alla stampa che ho citato cominciando. Si tratta dell'arresto e dell'incriminazione di un giornalista, di un cameraman e di un tecnico del suono della tv svizzera, i quali stavano facendo il loro bravo servizio di cronaca nel corso di una manifestazione «proibita», e precisamente la costruzione di una barricata sulla Raemistrasse, un'arteria di grande comunicazione. II giudice istruttore li ha deferiti a giudizio perché non avrebbero preso le debite distanze dai manifestanti, cosi contribuendo a «violare la pubblica quiete». Può sembrare ridicolo, ma il caso è slato preso terribilmente sul serio, i macchinari della tv sono stati se- 3uestrati e i tre perturbatori ella quiete pubblica messi in prigione. Vi sono rimasti tre giorni prima di ottenere la libertà provvisoria. C'è un precedente che fa prevedere una condanna severa, perché un altro giornalista, tale Enkelmann del settimanale Volksrecht ha già avuto il massimo della pena perché, trovandosi un giorno ad assistere ad atti di violenza e vandalismo contro lo storico Café Odeon, che fu a suo tempo frequentato da Lenin, si astenne dall'intervenire per impedirli. E' forse questo il caso più sensazionale: ma dove mai sta scritto che un giornalista debba sostituirsi alla polizia per la repressione dei vandalismi? Eppure questo Enkelmann, condannato in prima istanza dal tribunale cantonale, si è vista confermare la pena dal tribunale federale, suprema corte giudiziaria elvetica. Uestate calda C'è dunque poco da stare allegri, anche in Svizzera, a fare il giornalista, una professione che sta diventando una delle più pericolose del mondo. Certo si deve riconoscere che la Svizzera attraversa un suo periodo di ebollizione e che le autorità di ogni ordine e grado si sentono in dovere di fronteggiare la situazione facendo ricorso alla mano pesante. E .questo spiega come la prospettiva della minacciata «estate calda» di Berna sia considerata con una certa preoccupazione, non solamente dalle autorità costituite, ma anche dai giornalisti, ora che a Berna è stato sancito il principio che assistere ai disordini equivale a parteciparvi. Vittorio Gorresio

Persone citate: Enkelmann, Giorgio Benvenuto, Lama, Lenin, Neuve, Pierre Schmidt, Scandali

Luoghi citati: Berna, Ginevra, Svizzera