Guatemala: la riscossa degli indios

Guatemala: la riscossa degli indios DISCENDONO DAGLI ANTICHI MAYA, SONO MITI, RELIGIOSI, FRUGALI Guatemala: la riscossa degli indios Benché costituiscano il 54 per cento dei sette milioni di abitanti, sono relegati ai margini della società - Massacrati a centinaia solo per aver sconfinato nelle proprietà dei ricchi o per aver scioperato nelle piantagioni, ora si sono in gran parte uniti alla guerriglia - «Sono loro la chiave della situazione», dice il generale Rios Montt, presidente riformista della Giunta attuale DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CITTA' DEL GUATEMALA — «La chiave della situazione sono i nostri fratelli "Indios" — mi dice il generale Rios Montt, presidente della Giunta —, è assurdo che 1154 per cento della popolazione viva ai margini della società. E' pericoloso, oltre che Inumano, costringerli nella condizione di cittadini di seconda classe, continuare a farlo significherebbe irrobustire la guerriglia. Non è questione di ideologia, sono il sottosviluppo, lo sfruttamento, là repressione a provocare la rivolta dei diseredati». (Il 2 per cento della popolazione si spartisce il 90 per cento delle terre ricche}. E un diplomatico occidentale, quasi a completare il discorso dell'ispirato Montt, afferma: «Il vero "test" della politica centroamerlcana di Reagan non è il Salvador, bensì 11 Guatemala» . Cia all'opera Coi suoi sette milioni di abitanti, il Guatemala ha la più vasta popolazione e l'economia più importante del Caribe. Confina con quattro Paesi, fra i quali il Messico coi suoi vitali campi petroliferi. Nell'ultimo quarto di secolo gli Stati Uniti hanno giocato un ruolo molto pili incisivo in Guatemala che non In tutti gli altri Paesi del Cen troamerica. Un 'analisi ancorché rapida della guerra' civile guatemalteca, della politica americana in quel Paese, della condizione degli «indios» conduce a una somma di incredibili errori commessi dagli Stati Uniti E' del 1954 la prima interferenza americana negli affari Interni del Guatemala, allorché la da rovescia II presidente riformista Jacobo Arbenz.* Quando il colonnello Arbene, per avviare la rifa:ma agraria, espropriò 178 mila acri di terra della United Fruit Company offrendo il presso, assai basso, segnato nel contratti d'acquisto, la potente compagnia trasformò una disputa di affari in una controversia ideologica. Il Dipartimento di Stato (retto da Foster Dullcs), la stampa, la radio, con le solite eccezioni, presentarono le riforme di Arbenz non come un tentativo di avviare il Guatemala dal feudalesimo al capitalismo moderno, bensì come un'-operazione comunista». In Guatemala il colpo della Cia interruppe l'inizio di un naturale processo di modernizzazione che ora il generale Montt vorrebbe resuscitare. «Dal 1954 — dice II presidente della Giunta — 11 governo americano, i latifondisti e certi generali hanno ostinatamente rifiutato le possibilità di cambiamenti pacifici in campo socio-economico. Coi risultati che vediamo oggi. Il terrore era istituzionalizzato e secondo "Amnesty International" le squadre della morte, responsabili, solo nel 1980, di tremila assassinil, erano dirette dall'ufficio del presidente Romeo Lucas Garda che noi abbiamo deposto. La miopia politica, la ferocia, hanno provocato e alimentato la guerriglia». Le prime formazioni guerrigliere, guidate da ex ufficiali dell'esercito, fecero la loro apparizione al principio degli Anni 60, nelle zone orientali del Paese. Nel 1966 gli Usa inviarono armi, consiglieri, Berretti verdi per stroncare la guerriglia, niente affatto comunista, che si ispirava al progetto riformista di Arbenz. Il cosiddetto «programma antiguerriglia» degenerò in un «terrore indiscriminato», per citare le parole di uno studio redatto nel 1980 dal Dipartimento di Stato: «Per eliminare poche centinaia di guerriglieri 11 governo guatemalteco sterminò almeno diecimila contadini (indios)». Un'altra grande occasione per cambiar rotta fu perduta con le elezioni del 1974. Riformisti (de) e progressisti (socialdemocratici) presentarono come loro candidato presidenziale il generale Rios Montt. Vinse, ma il dittatore di allora, Arana Osorio, annullò il risultato elettorale, insediando il generale Eugenio Laugerud Garda. Le proteste della de e di Montt furono soffocate minacciando la vita dei due figli del generale che si vide, infine, spedito come ambasciatore a Madrid. Nel febbraio del 1976 un terremoto devastò il Guatemala, facendo 25 mila vittime, in maggior parte «tn- dios». Il governo ben poco si curò dei sopravvissuti e cercò di arginare l'afflusso verso l'«altiplano» — la zona più colpita — di volontari e missionari. Quel terremoto, mi dice un leader della comunità india, fu come uno shock benefico, per gli «indios», perché apri l'«altiplano» ai portatori di nuove idee. «Il terremoto cambiò tante cose. Essendo rimasti privi di tutto, gli "indios" non avevano più nulla da perdere, cosi cominciarono ad ascoltare». Beninteso i guerriglieri. Antica cultura Costoro, dopo il massacro del 1966, avevano capito che senza lu partecipazione degli «indios» il movimento rivoluzionarlo non avrebbe avuto futuro. Discendenti dèi Maya, gli «indios» sono riusciti a proteggere una delle più antiche e coerenti culture delle Americhe, respingendo i princìpi della società imposta dai conquistatori spagnoli. La loro originale organizzazione sociale li ha protetti dall'invadente razzismo guatemalteco, dall'arroganza culturale dei cosiddetti «ladini». Divisi in 18 gruppi linguistici, gli «indios» seguono un unico modulo esistenziale ancorato a una religiosità invero edificante che li porta a una visione cosmica della vita. Minuti, capelli neri, visi color mattone, con gli zigomi alti, gli occhi dal bel taglio obliquo, gli «indios» hanno 1 una vita media che non supe- rdqcfm ro i quarantanni SI nutrono di mais e fagiuoli. un uovo quand'è festa, la carne non la conoscono. La mai, alita infantile è tra le più alte del mondo, il reddito annuo cento dollari prò capite. I giovani cupi dell'Est .cito Rivoluzionarie dei Poveri (EGP) entrarono nella zona di El Quiché, impararono l dialetti «Indios», cominciarono, in consonanza coi princìpi religiosi dei nativi, a parlare di giustizia sociale, di promozione, e lentamente finirono col conquistarne la fiducia. Sacerdoti cattolici, in gran parte stranieri — spagnoli, belgi, italiani — fecero da cinghia di trasmissione fra i guerriglieri e la popolazione autoctona sollecitando la presa dì coscienza di una condizione sublimano, non di rado imboccando il sentiero della rivoluzione. I guerriglieri raccolsero infine il frutto della loro accorta fatica. I Kakchikel, i Kekchi e i contadini del Ouiché avevano a lungo sofferto la violenza del «solduti bianchi» che reclutavano con la forza i loro ragazzi. L'esercito guatemalteco ir. più requisiva per i suoi generali le terre buone, ricche di peti olio, nichel e foreste nell'area conosciuta come la Zona Trasversale. L'esercito, poi, nella svi ossessiva caccia ai sovversivo, torturava, uccideva, spesso, intere famiglie. La lista dei rnassacri degli 'Mimi anni è terribile. Nel maggio del 1978 i soldati fucilarono a Puneos 102 «indios», rei d'avere sconfinato nella proprietà d'un generale. Nel giugno dell'80 cento «indios» che avevano scioperato in una piantagione di zucchero vennero passati per le armi. Sempre nel 1980, in luglio, un battaglione dell esercito prese tui.fi l maschi dai dodici anni in sii del villaggio di Cotzal, ite (l'-idone sessanta. Nell'aprile tei 1981,24 «indios» vetau ■ prelevati da San Martin Hìotepeque, uno del paesini distrutti dal terremoto, torturati e infine uccisi. La notte precedente le elezioni fraudolente del 7 marzo, giusto quanto scritto dal quotidiano «Prensa Libre», duecento «indios», ovviamente «sovvcrsli'f». vennero trucidati vicine j Zacualpa. Ma l'ostinata repressione coincideva con la presa di coscienza degli «indios», sicché, oggi, spinti dal terrore istituzionalizzato e dalla disperazione, molti «indios» collaborano con la guerriglia quando non ne costituiscono il nerbo. Dei quattro gruppi guerriglieri, l'EGP e l'Organizzazione del Popolo in Armi (Orpa) hanno il più largo seguito di «indios». Articolati In piccoli nuclei, e questo per ragioni tattiche, i guerriglieri dispongono di un vasto, invisibile supporto non solo logistico in un terreno che gli «indios» conoscono in tutte le suepleghe e i soldati no. Adesso gli americani di qui, sebbene sconcertati da un personaggio atipico come Rios Montt, ammettono che se fosse andato al potere Guevara, il successore designato del dittatore Garda, «la guerra civile avrebbe probabilmente avuto una "escalation" tremenda e al tempo stesso Imbarazzante». Ma l discorsi, diremmo evangelici, i di Rios Montt preoccujjano il vecchio «establishment» mi- litar-latifondista. La ferma epurazione da lui intrapresa rischia veramente di sconquassare tutta un'impalcatura economica che si è retta fi nora con le armi del terrore e dello sfruttamento. Così è cominciata un'abile manovra di accerchiamento: il generale Maldonado. che rappresenta il partito parafasclstasMLN, e il colonnello Gordillo, uomo di punta del •continuismo militar», sono entrati, non si sa bene come, nella Giunta. E il famigerato Mario Saldovan Alarcon, leader del MLN che si autodefinisce «11 partito della violenza organizzata», è stato visto bazzicare gli ambulacri del «Palacio Nacional». C'è di più, il generale Guevara, vincitore fraudolento delle elezioni del 7 marzo, dopo alcuni giorni di arresti domiciliari, è stato cooptato nella Giunta come «consigliere». All'Arcivescovado sosten¬ gono che sia stato lo stesso Montt a voler coinvolgere i vecchi arnesi del regime per poterli controllare da vicino «in attesa di tempi migliori», e questo contro la volontà del capitano Munoz e dei suoi cinque compagni, i veri artefici del «golpe» Incruento del 23 marzo. A Città del Messico l'esule poeta Luis Cardoza y Aragón dice che il «golpe» è solo il prodotto di una divisione dell'estrema destra: «Està farsa es otra farsa, dentro de la farsa». La guerriglia per ora tace, limitandosi a qualche sporadico attentato dinamitardo contro i simboli deputati della corrotta dittatura del deposto generale Garda: uffici di import-export, banche. In realtà un po' tutti, «golpisti», rivoluzionari, uomini dell'«establishment» stanno in «surplace», sorvegliandosi a vicenda. In attesa tutti, nessuno escluso, che gli americani si pronuncino. La Casa Bianca ha riconosciuto la giunta di Montt, epperò finora non giungono da Washington segnali di quella che potrà essere la nuova politica di Reagan verso il Guatemala. Certo il «test» è difficile, per l'Amministrazione americana, sconcertata dall'infelice esito delle elezioni in Salvador, presa dalla crisi anglo-argentina. «Stiamo a vedere, aspettiamo», dicono all'ambasciata degli Stati Uniti. Ma se il tempo di attesa dovesse protrarsi a lungo, c'è il rischio che il generale Montt salti per aria, con tutti i suoi buoni propositi di rifondare il Paese nel segno della giustizia sociale, delle libertà democratiche. E se Montt salta, il Guatemala rientrerà fatalmente nel tunnel del terrore più atroce, precipitando in un abisso senza fondo. E sarà forse la fine d'ogni speranza di democrazia in questa nevralgica parte del mondo. Perché, se il Salvador è il ventre molle dei Caribi, il Guatemala ne è II cuore. Igor Man E' bi i di ll hi di STà (F I D Atii) Chichicastenango. E' festa, si brucia incenso davanti alla chiesa di S^Tomàs (Foto Ist. De Agostini)