Se la moschea viene insanguinata

Se la moschea viene insanguinata I Per sopravvivere, Israele ha bisogno di una intatta forza morale Se la moschea viene insanguinata La sacralità islamica di Gerusalemme è stabilita da uno dei più profondi, ambigui e oscuri passi coranici, quello del viaggio notturno dell'Inviato di. Dio dalla moschea santa (la Mecca) alla moschea lontana, su cui è la barakà divina (Cor. 17,1). Non c'erano moschee, allora, a Gerusalemme. Sul luogo dove si suppose essere stato trasportato nella misteriosa notte il Profeta fu resa visibile, dopo la conquista mussulmana, la moschea dt al-Aqsà. Il luogo più sacro è questo: un incendio lo profanò nell'agosto 1969, due anni dopo la conquista israeliana della città araba. Ma nella moschea di Omar, seconda per importanza nel mondo della diaspora mussulmana, il giorno di Pasqua un soldato israeliano, Alan Goodman, ha sparso il sangue sparando alla, cieca sulla folla araba, facendo due morti e una trentina di feriti. Un gesto e un crimine del fanatismo. E' inutile sforzarsi di uguagliare tutto: una vittima fatta in un luogo sacro, da tempo immemorabile pesa di più. L'attentato di rue Copernic, a Parigi, fu compiuto di sabato e contro una sinagoga. Era presidente Giscard, fuori Parigi per una partle de chasse; fu informato, non pensò di tornare indietro e andare immediatamente a espiare formalmente il crimine sul luogo, come supremo giudice della repubblica. Spregevole omissione, e grave errore politico: sono sicuro che rue Copernic gli abbia portato disgrazia e sia stato una causa occulta della sua caduta. Non risusci-* terà più, Giscard. «Noi potevamo preferire la morte — diceva Karl Jaspers ad Heidelberg parlando della colpa metafisica dei tedeschi, come col- pa collettiva — quando per nostra incancellabile infamia e vergogna, nel 1938 in tutta la Germania si bruciarono le sinagoghe, case di Dio». Le sinagoghe, case di Dio... La moschea di Omar, casa di Dio... Quel sangue versato in un luogo sacro, in un giorno sacro di un'altra religione, chiedeva un'espiazione simbolica, fortissima, gravissima, immediatissima. Una intera giornata di digiuno e di preghiera in tutto lo Stato da Dan a Beersheba, presidente, governo e parlamento che ranno sul posto per qualche minuto di imponente raccoglimento, tutto questo sarebbe stato prima di tutto giustissimo, e poi, proprio perché è giusto, straordinariamente catartico e benefico. In un attimo, poteva rompersi la malefica tensione che dalla Cisgiordania a Gaza e al Sinai sta attanagliando Israele, dissiparsi, chi sa, la nube della guerra. Assorbito integralmente il crimine dalla parte colpevole, l'effetto sul mondo mussulmano, sensibile a ogni rito di spettacolo, sarebbe stato enorme. Lo sciopero espiatorio promosso dal re saudita si sarebbe svolto senza propositi di vendetta, come puro rito, anche questo. Atti di opportuna tolleranza verso la comunità mussulmana e di indurimento sul fronte del nazionalismo religioso israeliano, in questo momento pericolosissimo, dopo l'assunzione rituale della colpa, potevano trasformare un momento di sciagura e di disfatta della ragione in un tentativo supremo, forse destinato a riuscire e a durare, di riconciliazione. Sono passati pochi giorni, ma l'occasione è già perduta... Gli uomini più saggi, laggiù sono all'opposizione. Un Ben Gurion, una Golda, un Dayan avrebbero saputo trovare un rimedio a quel gesto rimasto finora mitrilo di riparazione? Begin è pur sempre l'uomo della bomba del 'King David», un terrorista invecchia{.to, le cui mani non sono pure. La sua guida si salda come ne- Guido Ceronettt (Continua a pagina 2 In quarta colonna)

Persone citate: Alan Goodman, Begin, Ben Gurion, Dayan, Karl Jaspers, King David, Profeta