Perugia, vivaio terzomondista di Francesco Santini

Perugia, vivaio terzomondista Passata la grande paura nella città definita «crocevia internazionale del terrorismo» Perugia, vivaio terzomondista Dall'Università passano ogni anno 15 mila stranieri di 146 Paesi - Quest'anno c'è stato un calo delle iscrizioni, ma dopo Marsiglia il capoluogo umbro rimane la seconda città mediorientale d'Europa - Ali Agca passò di qui, così come il commando della strage di Monaco e gli attentatori dell'oleodotto di Trie ste - Il sindaco: «Il sospetto dei mesi scorsi si è stemperato» - La «battaglia» per l'elezione del rettori rettore DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE | PERUGIA — Ieri hanno rubato il pane: due sfilatini e una lampadina elettrica, sottratti da un supermercato di corso Vannucci, nel centro della città vecchia. «I soliti arabi, i soliti ladri iraniani», diceva la gerite. 11 direttore del negozio li ha spinti in strada. Li ha caricati su un'automobile, si è presentato alla polizia. I due stranieri avevano le lacrime agli occhi, imploravano, supplicavano. Con il funzionario dell'ufficio di polizia il direttore del supermarket non ha insistito: nessuna denuncia. « Avranno fame — ha detto —. lanciamo stare», il dottor Alberto Speroni allarga le braccia: «Ormai — dice — non li arrestiamo più: quando non ne possiamo fare a meno ci limitiamo a una denuncia». La polizia interviene nei casi più gravi: dall'inizio dell'anno sono stati allontanati 57 stranieri: per 17 è stato firmato il provvedimento di espulsione, per gli altri é bastato un foglio di via. La grande paura è passata. Perugia ha dimenticato l'allarme del giudice Imposimato sull'Università per stranieri: il «croceria del terrorismo internazionale» che il magistrato romano identificava nelle aule di Palazzo Gallenga è in Irestauro: aspetta il nuovo rettore. Le scritte in arabo, svirgolanti e brune, sono state scolorite dalla pioggia. Quelle più resistenti spariranno tra qualche giorno quando la facciata del palazzo sarà rimessa a nuovo. Vidoni, il direttore amministrativo dell'Ateneo per stranieri più frequentato d'Europa, è sconsolato: «Questa storia del terrorismo e dei servisi segreti internazionali decisi a fare di Perugia una base logistica per la libanizzazione del Paese ci ha creato grosse difficoltà». Mostra i tabulati del centro meccanografico. Le presenze sono precipitate: l'anno scorso, in questi giorni, gli iscritti superavano le 4000 unità; ieri erano 2532. Si va elle elezioni per il rettore. La data è fissata: il 12 maggio. Poi il rilancio. Per il vivaio terzomondista di Pervgia transitano ogni anno 15 mila stranieri di 146 Paesi. L'anno scorso gli iraniani iscritti a Palazzo Gallenga erano, in questi giorni, 748; oggi sono 128. Un calo verticale che non toglie a Perugia il primato di seconda città mediorientale d'Europa dopo Marsiglia. Il capo dei- l'ufficio stranieri. Speroni, dichiara: "Gli iraniani sono almeno 2500. Poi, in città, ci sono tutti gli altri. Si arrangiano con commerci miserìssimi, vivono nella indigenza». Il la¬ voro nero è la loro grande risorsa: nei retrobottega dei ristoranti, dei bar, lavorano gli arabi. «Sono i più fortunati; gli altri si arrangiano come possono». -Certo ci arrangiamo» spiega Firus Valizadeh, il leader degli Iraniani che con scadenze puntuali organizza scioperi della fame. «Questa.è una città razzista — dice Valizadeh —; gli arabi servono soltanto per avere 100 mila lire ogni mese da un letto sistemato assieme ad altri quattro in una stanza umida: siamo sempre scambiati per terroristi. Questo ci rende l'esistenza più dura: vivere nel sospetto è estenuante». AH Agca. prima di sparare a Giovanni Paolo II, s'era fermato nel «portofranco» di Perugia. Aveva una buona stanza all'hotel Posta. S'era presentato con il nome di Faruk Ozgin proprio l'anno scorso, in questi giorni, a Mario, il portiere di notte dell'albergo. «Certo — dice l'uomo dietro il bancone — lo ricordo ancora. L'attentatore del Papa era ben vestito, mi fece pensare a un cliente con la "grana", non al solito arabo spiantato». Ali Agca s'iscrisse il 9 aprile al corso d'italiano dell'Università per stranieri. Scomparve il 12, confuso nel «territorio libero» di Perugia, tra spie e avventurieri internazionali, ma anche tra studenti modello di Paesi in via di sviluppo che vedono nell'ateneo uno strumento insostituibile di formazione per la classe dirigente dei prossimi anni. Da Perugia partirono gli assaltatori dell'oleodotto di Trieste e i commandos di «Settembre nero» che insanguinarono le Olimpiadi di Monaco. Da Perugia è transitato sicuramente il trafficante di armi Maurizio Pollini. A Perugia, l'anno scorso, i provvedimenti di allontanamento furono 119. Sei, espulsi per spionaggio. Non erano studenti: soggiornavano a Perugia i libici della colonna Mlug Ayad, ritenuti dai nostri servizi segreti responsabili degli omicidi dei due commercianti di Tripoli freddati a Roma l'anno passato, il primo al Caffè de Paris, di via Veneto, il secondo nel bagagliaio della sua Bmw. E' un elenco terrificante, al quale si aggiungono le riunioni della direzione strategica delle Brigate rosse indicate dal terrorista pentito Antonio Savasta. Sempre a Perugia, sempre dimenticate e rimosse. Nel palazzo dei Priori, tra le architetture suggestive del suo ufficio, il sindaco della città, 11 magistrato di Cassazione Giorgio Casoli, accredita l'immagine di Perugia «città tranquilla». «La sintassi del terrorismo — dice il sindaco — è un problema italiano. Qui a Perugia il sospetto dei mesi scorsi s'è stemperato. Il problema va risolto ad alto livello: ministero dell'Interno, ministero degli Esteri. Che cosa possono fare gli enti locali? Un problema di polizia e di politica internazionale attiene altri centri decisionali dello Stato». La designazione del nuovo rettore per Palazzo Gallenga alimenta lotte intestine. La carica è decisiva per la città: al sessantesimo anno di vita, l'Università per stranieri tenta un rilancio culturale e politico. L'operazione si presenta difficile. C'è chi vorrebbe rinnovare i fasti del conte Sforza e chi vedrebbe con soddisfazione alla guida dell'ateneo un esponente della municipalità. Tutti, d'accordo, dichiarano che la carica deve essere sottratta alle interferenze dei partiti. Cadono cosi le candidature di Spitella, senatore democristiano di Perugia, e del socialdemocratico Pulettl, vice di Longo a Roma e diret¬ tore del quotidiano del partito. L'interesse degli elettori, trenta in tutto tra membri del consiglio d'amministrazione e del corpo accademico, è concentrato in queste ore su \in: nome di riguardo, quello di Vincenzo Caianiello, capo dell'ufficio legislativo di Palazzo Chigi, consigliere personale del presidente Spadolini. Sembrano d'accordo il sindaco socialista, il democristiano Sbrenna, consigliere regionale di buona influenza, e lo stesso Vidoni, direttore amministrativo dell'Ateneo, che, pur non pronunciando mai il nome di Caianiello. ne traccia un identikit preciso, senza spazio per i dubbi. «Abbiamo bisogno di un rilancio, — dice Vidoni — ma lontano dai par- titi: l'autonomia dell'Università non può essere messa in discussione da condizionamenti locali o politici». Più tiepido il sindaco: «Se non ci sono altre candidature di grande prestigio, questa — afferma convinto — mi sembra la più idonea». I comunisti non si pronunciano. Il democristiano Sbrenna assicura: «Non arriveremo allo scontro: in quel caso ci conteremmo e il nostro Spitella avrebbe la maggioranza. Ma Caianiello potrebbe portare consensi più vasti e questa è la nostra prima ambizione». L'Università per stranieri, sottolinea Paciullo, dell'Ufficio studi dell'Ateneo, è la grande occasione per Perugia. L'inserimento nel dialogo Nord-Sud può venire anche dal capoluogo umbro, ma molte sono le condizioni: il rilancio della proposta culturale, la qualità dell'insegnamento, l'impegno dei docenti, la libertà dai condizionamenti economici; 460 milioni arrivano dallo Stato ogni anno, per il resto nessun aiuto. «La Regione — spiega Vidoni — ci ha promesso un sussidio; speriamo che non sia come quello della Provincia, che ci consegna un vaglia di 25 mila lire ogni anno: siamo all'insulto». Vidoni è preoccupato: «L'assillo economico — dice — ci impedisce di lavorare con serenità in un momento delicatissimo per Palazzo Gallenga. Poi è arriixito anche il giudice Imposimato a darci la mazzata del terrorismo: qui non ab¬ biamo visto spie o trafficanti, si sono ridotti soltanto gli studenti, l'allarme è circolato nel mondo e le iscrizioni si sono ridotte». Il rilancio internazionale è una delle preoccupazioni del sindaco. Casoli. adesso sì ripr.opone-dì.rìutiliszare la.rocca Paolina. Una scala mobile collegherà laparte^assadella città al centro. I lavori di sbancamento hanno fatto intravedere nuove possibilità di spazi dimenticati della rocca, «il problema — spiega il sindaco — è quello di arrivare a un grande concorso per far rivivere spazi trascurati. Ma anche qui bisogna uscire dai municipalismi, dalle visioni ristrette. Il confronto deve essere all'esterno, guai alle chiusure, guai agli interessi minuti che umiliano ogni impresa». E gli stranieri? Casoli respinge ogni accusa: Perugia non è una città di trafficanti internazionali, non è una città xenofoba. A dargli torto, in corso Vannucci, c'è il leader degli Iraniani, Firus Valizadeh, che prepara un nuovo sciopero della fame. «Con 15 mila studenti che approdano qui ogni anno — dice Valizadeh — i matrimoni sono stati soltanto tre: a Perugia l'integrazione è impossibile. Francesco Santini