Laura, la madonna del nuovo cinema

Laura, la madonna del nuovo cinema Incontro con la Morante, l'ultima attrice-fenomeno, star dei ragazzi colti Laura, la madonna del nuovo cinema ROMA — E' l'ultima attriceHenomeno, e va bene: ma com'è, chi è? Madonna nera del giovani registi, star intellettuale, faccia dell'inquietudine nel nuovo cinema italiano, Laura Morante ha venticinque anni, è cresciuta a Grosseto tra sette fratelli nella grande famiglia d'un avvocato, per tre anni ha studiato balletto e danza moderna a Roma senza quasi mal vedere la sua mitica zia scrittrice Elsa Morante, abita In un quartiere popolare con 11 teatrante Daniele Costantini, con lui ha avuto una bellissima bambina che adesso ha otto mesi e si chiama Eugenia. E' adorata dai ragazzi colti che vanno pazzi per 11 cinema: quasi quanto altre generazioni adorarono Louise Brooks. Lauren Bacali, Anna Karina. Dclphine Seyrig o Charlotte Rampllng. Desiderata dagli autori debuttanti come una «presenza», una «apparizione», un emblema che valga già a dare alla loro opera il segno di aristocrazia, di qualità, di consorteria elitaria. Scelta dal registi a rappresentare il mistero femminile: in Oggetti smarriti di Giuseppe Bertolucci era una drogata, personaggio1 Incomprensibile per chi non si droga; ne La tragedia di un uomo ridicolo di Bernardo Bertolucci era un'operaia forse terrorista, creatura enigmatica per ogni borghese disarmato; in Sogni d'oro di Nanni Moretti era la ragazza sogno d'amore, entità insondabile e allarmante per chi ha paura delle donne; in Colpire al cuore di Gianni Amelio sarà la compagna che ama un terrorista e ne ha un figlio senza condividerne affatto la scelta violenta, ed è il suo primo personaggio più dolce e maturo. Altrimenti, la bella faccia oscura, il corpo sottile dalle gambe forti, il modo di muoversi nervoso, danzante, brusco, hanno fatto di Laura Morante l'immagine dell'ambiguità contemporanea: «Non mi sono mai sentita una ragazza, e sinora non ho avuto il fisico per fare la donna. Mi scambiavano sempre per un ragazzo, sino a che non mi sono fatta crescere i capelli». E da quanto tempo porta i capelli lunghi? «Da quando sono rimasta incinta». Chissà se durerà: a sentirla, pare che nessuna delle scelte di questa giovane donna del mistero sia ancora definitiva. Forse neppure quella d'essere attrice: a recitare ha cominciato in palcoscenico, prima nel teatro d'avanguardia con Donato Sannini, poi con Carmelo Bene nel Sade, in Riccardo III e neWAmleto televisivo, poi con Victor Cavallo, con Daniele Costantini; in tv ha recitato in George Sand, ne Le ali della colomba, neWIvanov diretto da Franco Oiraldi. Ma: «Ofirni volta che devo recitare provo una sorta di disagio. Prima, gli attori mi facevano un po' pena: è brutto suscitare in sé emozioni autentiche e doverle utilizzare freddamente, è un esercizio forse deviante e alterante per la personalità. Non sono sicura che quella dell'attrice sia la professione giusta per me». Anche la scelta di abitare con un uomo... «Non mi piace vivere sola, ma la convivenza familiare mi fa paura: dà troppa vicinanza, cancella la benevolenza indulgente di cui ho bisogno». Ogni scelta le sembra eccessiva: «Prendere in mano la propria vita, decidere, controllarsi, progettarsi, costruirsi, dominarsi: non lo credo possibile, e poi è triste. Poco interessante». Si racconta distratta, sfiduciata nell'esito felice dei suoi sforzi: «Ogni volta che ho dinanzi un obiettivo chiaro mi spavento, cerco di aggirarlo». SI confida un poco incompresa: «E' mancato sinora, nelle diverse interpretazioni, il mio tratto saliente: la malinconia». Si confessa più vanitosa che ambiziosa: «Al lavoro non penso quasi mai, faccio soltanto sogni. Sogni da notti bianche, sogni da adolescente: se trovassi l'anima gemella, se venisse un regista e facesse tutto per me...». Con la nascita della bambina, dice, s'è data qualche regola: «Ma io proprio non so vivere. Sono come uno die avesse un grande talento informe per la vita, e nessuna capacità pratica di esprimerlo». Continuano a piacerle le persone Impacciate e senza disinvoltura, gli attori non troppo abili: «Più della sicurezza di uno meraviglioso come Robert De Niro, amo la timidezza e la lieve stonatura di uno come Rudìger Vogler: quel disagio che è il presupposto della sincerità nella finzione». Cos'altro le piace? «Il teatro di Cecov, infinitamente. Andrea e i ricongiunti di'Hoffmannsthal. Il matrimonio segreto di Cimarosa, così profondamente manierato e insieme autentico. Le favole. Le grandi famiglie. L'affettuosità degli altri». Cose da donna, no? «Davanti alle vetrine scappo, a comprare vestiti debbo sempre farmi accompagnare se no ho paura. Coi tacchi non so camminare. Ho una passione un po' morbosa per i profumi, le creme, gli olii, l'henne, gli odori, le bottigliette. Amo le donne curate, montate: io non mi trucco affatto». Tutto intonato, tutto giusto, tutto regolare. Ma il maggiore desiderio di Laura Morante, Madonna malinconica del nuovo cinema italiano, è quello solito: «Una commedia brillante, divertente, da ridere. Credo che sarei una buona spalla comica: amo talmente l'artificio...». I. t. Ha 25 anni, è nipote di Elsa Morante. Ha lavorato con Giuseppe Bertolucci e con Nanni Moretti in «Sogni d'oro», nella prosa e in televisione. Ma dice: «Non sono sicura che quella dell'attrice sia la professione giusta per me» Laura Morante, faccia dell'inquietudine del nuovo cinema

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