Il cane a sei zampe non morde più di Marco Borsa

Il cane a sei zampe non morde più INCHIESTA SULLA COMPLESSA CRISI DELL'ENTE PETROLIFERO DI STATO Il cane a sei zampe non morde più Dall'autorità assoluta di Mattei all'assoluta mancanza dì autorità dei suoi successori, la parabola dell'Eni ha toccato il punto più basso con le dimissioni di Alberto Grandi - I legami coi partiti, la perdita del mercato arabo, lo scandalo delle tangenti con i mille interrogativi ancora aperti MILANO — .La nomina di Grandi è strettamente legata a quella di Di Donna perché fa parte di un accordo politico fra i due partiti maggiori al governo. E' un presidente lottizzato sarà sempre un presidente debole, soggetto alle pressioni politiche più svariate, privo della necessaria autorità e autorevolezza ''per opporvisi». Commento fin troppo profetico di un anonimo diligente dell'Eni, al momento dell'Insediamento di Grandi, avvenuto dopo che 11 commissario Egidio Egidi, richiamato per poche settimane all'Eni, se ne era andato perché era contrario sia alla vicepresidenza DI Donna, per meriti politici, sia a quella di Luigi A massa ri direttore generale, oltre che all'assunzione di nuovi impegni nella chimica che vennero puntualmente presi da Grandi. Con Alberto Grandi, dimesso dal governo con speciose motivazioni sulle divergenze Interne all'Ente anziché sulla base di ben più convincenti ragioni quali la situazione gestionale, 11 vertice dell'Eni tocca 11 punto più basso della parabola che parte dall'autorità assoluta di Enrico Mattel dentro e fuori dall'Eni, all'assoluta mancanza di autorità dell'ultimo dei suoi successori. ti legame tra l'ente, 1 partiti e il governo non sono certo storia recente. Enrico Mattel fu ripetutamente e fondatamente accusato di aver finanziato largamente la de, di aver dato soldi persino all'estrema destra, di aver influito sia sul governo nominando uomini suol al posto di ministro delle Participazioni statali, come Giorgio Bo, sia sulla politica estera del Paese trattando dirèttamente con Iran e Unione Sovietica Importanti contratti petroliferi. Inattaccabile sul piano personale (lo stesso Montanelli ricordò la sua onesta e il fatto che non incassava lo stipendio limitandosi a vivere sulle spese), il fondatore dell'Eni usava tutta la spregiudicatezza di cui era capace per piegare Il governo e il mondo politicò al disegni aziendali nella convinzione, condivisa da uomini di governo del calibro di Ezio Vanonl, che fossero nell'interesse del Paese. Eugenio Cefis modificò progressivamente questo rapporto Enl-dc nel senso di rendere sempre più l'Eni uno strumento della de anziché la de uno strumento dell'Eni. Con là crisi che colpi il partito di maggioranza relativa, nel primi Anni Settanta, culminata con l'elezione di Benigno Zaccagnlni alla segreteria come segno di rinnovamento, anche l'Eni si trovò politicamente scoperto. Ecco come un dirigente dell'Ente riassume la storia: .L'Eni aveva avuto come esclusivo riferimento la democrazia cristiana, lasciando fuori dall'Ente gli altri partiti di maggioranza; questi fecero iniziare una lotta interna condotta dalle sinistre. Di fronte a tale attacco, il partito di maggioranza relativa fu soprattutto preoccupato che serie indagini non rivelassero il rapporto incestuoso che per venti anni lo aveva legato all'Eni*. Un rapporto abilmente sotterrato in quella galassia di finanziarie estere che sono state costituite al tempo della gestione Corsi. La lotta politica si diffuse ai vertici ai quadri dirigenti. Nel dicembre 1979 1 dirigenti dell'Ente minacciarono di denunciare il governo per omissione di atti d'ufficio se entro una certa data non fossero state avviate le procedure per la nomina degli organi statutari dell'Ente scadutl...«5e la giunta fosse stata nominata insieme al presidente,— sostenevano quel dirigenti—tutta partiti avrebbero potuto essere tempestivamente informati delle modalità del contratto saudita (su cui infuriava da mesi una violenta polemica) e del pagamento della intermediazione con la possibilità di intervenire eventualmente prima anziché dopo, a cose fatte, con il risultato di coinvolgere il prestigio dell'ente nelle faide politiche in terne». Nello scandalo delle tangenti pagate sul petrolio saudita i partiti si spinsero per la prima volta fino a pregiudicare la politica di approvvigionamenti dell'Eni e del paese unenti dell'Eni e del paese. | L'obiettivo di chi sollevò lo scandalo non era sicuramente quello di sapere la verità Del resto neppure Mezzanti la conosce perché a differenza di Mattei che sapeva chi pagava e perché, non si preoccupò di tenere la situazione sotto stretto controllo. Una versione attendibile di quanto avvenuto venne fornita nell'autunno del 1979 dalla Middle East Newsletter, edita a Londra, vicina agli ambienti arabi. La «Men> sostenne che metà della tangente di 115 ml- metà della tangente di 115 m llonl di dollari era stata effettivamente destinata ai sauditi che avevano patrocinato l'operazione mentre per quanto riguardava l'altra metà «é emerso piuttosto chiaramente che non è andata dopotutto agli italiani ma a Parviz Mina e (secondo anche notizie di stampa mai smentite) ai palestinesi dell'Olp». In cambio dei soldi e della promessa di un Imminente riconoscimento diplomatico (di cui effettivamente si parlò per il dicembre 1979 dopo un viaggio in Italia del ministro degli Esteri dell'Olo Paruk Quaddumi) i palestinesi, sempre secondo «Meri», si erano impegnati a ritirare dall'Italia il loro arsenale di armi che occasionalmente mettevano a disposizione dei terroristi. Un compito che fu affidato, tra gli altri, a Daniele Pif ano, sorpreso vicino a Ortona con due lanciamissili. Questa ricostruzione trovò parziale conferma in una lettera Inviata dal leader palestinese Habbash al tribunale italiano che giudicò Pif ano, con cui 1eader palestinese sostenevhe si trattava di un'operazne negoziata con 11 governtaliano. Da allora 11 Parmento ha continuato a indagare, ma senza risultato. I danni per l'Eni furono gravissimi. Espulso dall'Arabia Saudita dove si trovava 11 petrolio più a buon mercato, l'Ente ha dovuto affannarsi alla ricerca di nuovi contratti che lo hanno spinto ad appesantirsi di greggi provenienti dal pozzi più cari. I partiti, 1 governi, i sindacati, che ormai dominavano la vita dell'Ente, tuttavia non sembravano particolarmente preoccupati. Tra la gestione Mazzantl e quella Grandi, an¬ zi, maturò definitivamente la catena di acquisizioni nella chimica (Sii- e Ldqulchlmica) e nella raffinazione (gruppo Monti) che aveva Inaugurato il ministro delle Partecipazioni Statali Siro Lombardinl, obbligando l'Eni a rilevare l'impianto fibre di Ottana della Montedlson, sicuramente una delle cause non trascurabili degli oltre 500 miliardi persi in due anni dall'Arile. La metamorfosi è completa. Sotto le pressioni politico-sindacali spesso incoraggiate dall'interno dell'ente da parte di dirìgenti desiderosi di consolidare la poltrona o scalarne una più in alto, l'Eni diventa l'Ente nazionale salvataggi che dalla petrolchimica al tessile spazia fino alle miniere ex-Egam, all'Industria farmaceutica e alle fibre. C'è anche, come sempre in questi casi, una puntata nel mondo dell'editoria. Il vicepresidente DI Donna promuove, a titolo personale, la nascita di un nuovo quotidiano politico-economico, «Il Globo». 25 anni dopo l'acquisto del «Giorno» da parte dell'Eni. Marco Borsa (3 - Continua) (I precedenti articoli sono stati pubblicati il 7 e il 9 aprile)

Luoghi citati: Arabia Saudita, Iran, Italia, Londra, Milano, Ortona, Ottana, Unione Sovietica