Washington vuole pace con Managua I sandinisti disponibili sul suo piano

Washington vuole pace con Managua I sandinisti disponibili sul suo piano Un documento in 8 punti per la fine della guerra fredda definito positivo dal Nicaragua Washington vuole pace con Managua I sandinisti disponibili sul suo piano DALLA REDAZIONE DI NEW YORK NEW YORK — Con la presentazione di un piano in otto punti al Nicaragua, gli Stati Uniti hanno aperto lo scorso week-end l'attesa «offensiva di pace» nel Golfo del Messico II piano per il ritorno alla normalità tra Washington e Managua è il punto di partenza del disegno reaganlano per la stabilizzazione del bacino del Caraibi e del Centro America. Le prossime tappe saranno 1 colloqui con Cuba, presumibilmente quando il segregato di Stato, Haig, si libererà ''ail'onere delle Falkland, e li formazione di un governo democratico nel Salvador. Tornato dalla vacanza di lavoro in Giamaica e nelle Barbados, il presidente ha affermao ieri che la superpotenza intende promuovere «il benessere e il rafforzamento» dei Paesi liberi del Golfo del Messico. Il plano è stato consegnato ai sottosegretari agli Esteri nicaraguegni, Lopez e Tinoco, dall'ambasciatore Usa a Managua, Qualnton. Accolto favorevolmente («è un docu- mento positivo», hanno dichiarato 1 sottosegretari) verrà discusso domani per la prima volta dal ministro D'Escoto con lo stesso Quainton. Nella sostanza, il piano offre al regime sandlntsta gli aiuti e ia buona volontà americani in cambio del suo impegno a cessare l'assistenza ai guerriglieri in tutto l'istmo e a non abbracciare la causa sovietica. Quainton, che prima di diventare ambasciatore dirigeva l'Ufficio antiterrorismo del Dipartimento di Stato, ha sostenuto "che il problema «won è solo la fine della sovversione esterna, ma anche la preservazione della democrazia interna». Gli otto punti sono: 1) abbandono da parte di Managua della politica d'interferenza nei Paesi vicini; 2) opposizione da parte di Washington ai tentativi del rifugia- ti negli Usa di rovesciare il regime sandlnista; 3) un patto di reciproca non ingerenza negli affari Interni l'uno dell'altro; 4) limitazione degli armamenti nel Golfo del Messico e riduzione della presenza militare straniera; 5) controllo internazionale dei confini tramite l'Onu o l'Osa, l'Organizzazione degli Stati americani; 6) ripresa degli aiuti economici statunitensi al Nicaragua, sospesi un anno fa; 7) inizio di scambi scientifici e culturali; 8) impegno nicaraguegno a indire libere elezioni e a ripristinare il pluralismo e il libero mercato. Nella sostanza, il plano è una rielaborazione di quello, in cinque punti, presentato a Managua sei mesi fa dal direttore degli Affari latino-americani del Dipartimento di Stato, Enders, e respinto seccamente. Alla domanda: perché 1 sandinisti dovrebbero accettarlo adesso nella nuova veste, lo stesso Enders ha risposto: perché è fallito lì loro disegno d'impedire il voto nel Salvador, perché l'opinione pubblica mondiale si è schierata contro di loro, e perché si sentono minacciati non tanto dagli Stati Uniti quanto dagli altri Paesi del bacino dei Caraibi e centroamericani. «La via del negoziato—ha sottolineato — è migliore di quella delle armi». Reagan ha fatto capire che «l'offensiva di pace» nel Golfo del Messico sarà condotta dalla superpotenza In prima persona, senza la mediazione messicana, se non In casi eccezionali; e che egli rifiuterà ogni concessione di principio. Nel discorso conclusivo alle Barbados, prima di tornare alla Casa Bianca la sera di ,Pasqua, ha attaccato Cuba, il .Nicaragua e Grenada «braccia armate» dell'Urss. «Finanziati dal loro padrone al di là degli oceani — ha detto — questi Paesi tentano di smantellare gli istituti democratici altrui... Gli Stati Uniti impediranno che propaghino il virus marxista con la violenza». Reagan ha insistito per il consolidamento delle difese della regione «contro forze ostili». Le prospettive di un immediato e completo successo del disegno reaganiano appaiono pertanto incerte. La stabilizzazione dell'area è possibile, ma solo a lunga scadenza, e tra gravi ostacoli. Un fattore determinante sarà la ripresa del dialogo tra gli Usa e l'Urss: un accordo tra le superpotenze aprirebbe la strada alla distensione con Nicaragua e con Cuba. Lo scenario si guasterebbe se nel Salvador dovesse intensificarsi la guerra civile, o una nuova crisi scoppiasse in Guatemala. Il presidente è consapevole di queste incognite: perciò mantiene un atteggiamento rigido, confermando la disponibilità a negoziare esclusivamente da posizioni di forza.

Persone citate: D'escoto, Enders, Haig, Lopez, Reagan