Taccuino di Vittorio Gorresio di Vittorio Gorresio

Taccuino di Vittorio Gorresio Taccuino di Vittorio Gorresio Per una volta possiamo dire che noi non siamo i più riprovevoli, civicamente parlando: sul fatto, per esempio, della fuga dei capitali in Svizzera, c'è chi sta al passo con noi, e forse anche ci sopravanza. Alludo ai francesi. Dopo la vittoria di Mitterrand (ma anche prima si erano già avute significative avvisaglie del fenomeno) il flusso dei capitali francesi diretti a imboscarsi nelle banche svizzere pare che sia aumentato nella misura che i torrenti raggiungono nelle piene autunnali, una misura travolgente, inarrestabile. . L'ammontare dei beni francesi depositati più o meno clandestinamente in Svizzera è calcolato attorno ai 50-75 miliardi di franchi svizzeri, cioè 160-240 miliardi di franchi francesi, e a volerli tradurre in moneta italiana, tanto per farsi un'idea anche approssimativa, basta moltiplicare il franco svizzero per 700 ed il francese per 200, più o meno. Non mi ci provo io personalmente, perché cifre imbottite di tanti zeri mi danno il capogiro, e mi basta l'idea di una grandezza incommensurabile, che onestamente giustifica lo stato di allarme in cui si trovano i francesi, desiderosi di correre ai ripari prima che il dissanguamento monetario ar-, rivi a prostrare il loro Paese. Ma se ciò è comprensibile, è invece strano l'atteggiamento francese nei confronti della Svizzera, come se fosse la Svizzera ad avere tutta la responsabilità — anzi la colpa — di attirare nei suoi forzieri il risparmio dei Paesi vicini. Sanguisughe, gli svizzeri, e pure malandrini perché coi loro trucchi di conti anoni. mi, segreti, cifrati, favoriscono il contrabbando dei capitali sottraendo il denaro degli innocenti forestieri alla legittima giurisdizione netaria dei Paesi di origine. Ne è scaturito un dibattito franco-elvetico che nei primi mesi di quest'anno ha tenuto la stampa dei due Paesi in uno stato di effervescenza, un'effervescenza sdegnosa da ambo le parti. Gli svizzeri sostengono di non poter fare più di quanto fanno correttamente nell'ambito delle convenzioni internazionali: oltre alla vi^gilanza nei valichi di frontie- Sentimenti e capitali in fuga ra hanno anche istituito un servizio di motoscafi veloci che nelle acque dei laghi di confine (come quello di Ginevra) giorno e notte intercettano le imbarcazioni dei contrabbandieri esportatori di valuta. Che mai potrebbero fare di più? Provvedano anche i francesi a sorvegliare le loro frontiere in uscita come gli svizzeri fanno per le proprie, in entrata. Tanto si è detto e contestato che il Parlamento francese ha costituito una speciale commissione con l'incarico di studiare i provvedimenti opportuni per bloccare l'emorragia di denaro verso la Svizzera, e dalla Svizzera su invito di tale commissione sono andati a Parigi due personaggi eminenti: il deputato socialista ginevrino Jean Ziegler, ed uno stimatissimo banchiere della stessa città, Maurice Aubert, in rappresentanza della finanziaria Hentsch, una delle più serie e specchiate d'Europa. I due sono stati separatamente ascoltati a Parigi dalla commissione parlamentare d'inchiesta, e pare che si siano comportati — come dire? — all'italiana, cioè contraddicendosi l'un l'altro. Ziegler, focoso e demagogico come ha fama di essere nel suo Paese, davanti alla commissione parigina si è scagliato contro il sistema bancario svizzero, raccomandando ai suoi ascoltatori di tener bene presente «la profondità del fossato che divide l'opinione pubblica dall'oli- «archia delle banche» e tanto a detto e urlato che il presidente della commissione francese, Christian Goux, si è sentito in dovere di com¬ mentare: «Il signor Ziegler avrebbe fatto meglio a stare zitto». Maurice Aubert, invece, ha fatto un'ottima impressione sui componenti la commissione finanziaria francese. Uomo di banca, lui è padrone del linguaggio che ha corso in certi ambienti, e difatti alla fine della deposizione è stato in grado di dichiarare serenamente ai giornalisti: il miei interlocutori si sono mostrali mollo preoccupali per la fuga dei capitali in Svizzera, ma con me sono slati di un'estrema cortesia. Da parte mia ho tenuto a demistificare gli aspetti principali della legge svizzera, soprattutto per quanto riguarda il segreto bancario e la reciproca assistenza giudiziaria. Ho spiegato che il segreto bancario non significa che il banchiere non conosca l'identità del cliente titolare di un conto cifrato, e che del resto esiste una "convention de diligence" che obbliga il banchiere a non prestare assistenza attiva alla fuga dei capitali. C'è comunque una nuova legge federale che offre la possibilità di una buona collaborazione giudiziaria internazionale per combattere i reati di evasione fiscale, di abusiva esportazione di capitali, und so weiter, e così via per tutta l'area della crimina lità economica e monetaria interna e internazionale». «Allora veramente — è slato domandato dai giornalisti svizzeri al signor Aubert retour de Paris — c'è la possibilità che gli Stati riescano a impedire la fuga dei capitali, gli investimenti clandestini illegittimi?». «Le possibilità ci sono, le leggi adatte esistono — ha risposto il rappresen tante del Banco Hentsch di Ginevra — ma qui non si tratta di apprestare leggi contro comportamenti che la leg ge considera criminali. Non ci troviamo di fronte a comportamenti più o meno illegittimi. Siamo piuttosto sul piano dei sentimenti, che sono infinitamente più diffìcili da inseguire». «Sentimenti, lei dice, signor Aubert?». «Ma sì — ri sponde conciliante il signor Aubert — sentimenti. Il fatto è che il denaro insegue e segue la fiducia, esattamente come l'ombra sta dietro, sta attaccata alla persona. E questa è una regola di natura contro la quale nessuno può far niente». J

Persone citate: Aubert, Christian Goux, Jean Ziegler, Maurice Aubert, Mitterrand, Ziegler