Dibuk, opera difficile tutta da interpretare di Bona Alterocca

Dibuk, opera difficile tutta da interpretare Il 14 la prima al Regio diretta da Bruno Martinotti Dibuk, opera difficile tutta da interpretare TORINO — L'annuncio del ritorno al Regio dopo decenni di assenso del «Dibuk», prologo e tre atti di Lodovico Rocca, ha suscitato un'attesa superiore al previsto. Il fatto ctie la «prima» sia slittata da giovedì 8 a venerdì 14 aprile ha ancora aumentato l'impasiensa del pubblico. Il rinvio non è dovuto soltanto a verterne sindacali, ma anche, e soprattutto, a difficoltà riscontrate nell'allestimento dell'opera, che doveva essere diretta da Bruno Bartoletti (già allievo al Conservatorio di Torino sotto la diresione di Rocca). Ma Bariletti, trattenuto alla Chicago Lyric Opera, ha chiesto di essere esonerato dall'incarico che è passato a Bruno Martinotti: contento del difficile e prestigioso incarico, però confessa che avrebbe preferito saperlo prima. Quali sono le difficoltà? Il maestro evita i particolari. E' chiaro che trattandosi di un'opera del '34, né il direttore né l cantanti non solo non l'hanno mai eseguita, ma non l'hanno mal neppure vista. Non esistono né dischi, né nastri, solo lo spartito. Tutto è dunque da interpretare. Il libretto di Renato Simoni, da una leggenda di Scialom An-Ski, narra la drammatica e mistica storia di Leah e Hanan, due giovani ebrei promessi sposi, prima ancora di nascere, dai rispettivi padri. Ma quando, vent'anni dopo, Leah sarebbe costretta a sposare invece un ricco e rosso mercante, Hanan disperato invoca aiuto dagli spiriti del male: e per punizione muore fulminato. La sua anima trasmigra per purificarsi nel corpo di Leah (questo è il mistero del dibuk); il rabbino la scaccia con l'esorcismo, ma la ragassa ormai innamorata la richiama, poi muore anch'essa disfatta. Così le due anime si congiungono per sempre. L'opera andò in scena per la prima volta alla Scala, il 24 morso '34, con Augusta Oltrabella e Silvio Costa Lo Giudice: un trionfo. Non è stato facile scegliere cantanti in grado di sostenere ruoli tanto impegnativi. Pare tuttavia che li abbiano trovati. Il soprano Olivia Stapp affronta il personaggio di Leah con serietà e grinta: «Devo in terpretare due parti, la mia e quella di Hanan che parla dentro di me. Un lavoro arduo e lungo: la notte non mi lascia dormire, ma mi affascina» Americana di origine siciliana, la Stapp incominciò a cantare dieci anni fa: in Macbeth, Medea, Elettra, Fanciulla del West, sempre applaudita. Al Regio è stata Maria Stuarda, sembra che la risentiremo presto nel Nabucco. Il tenore Nicola Martinucci è Hanan: «All'inizo sono ri masto impressionato, un'ope ra cosi fuori dal mio repertorio! Però sono molto lieto d'essere chiamato a quest'e sperienza interessante e di poterne superare le difficol tà». Nato a Taranto, anche Martinucci è in palcoscenico con successo da una decina d'anni. Suoi cavalli di batta glia Aida (per tre anni all'Arena di Verona) e Turandoti al Regio ha cantato in Boris Godunov e quest'anno ne II ta barro. L'anno venturo sarà Andrea Chénler alla Scala. Accanto ai protagonisti sono Orazio Mori, Mina Pecile, Paolo Washington, Ettore Nova e tanti altri. Regista e scenografo Alessandro Fersen, la cui prima regia risale al '47 con la Compagnia del Teatro Ebraico; scene di Lete Lussati. Piacerà al pubblico la ripresa del Dibuk? Impossibile prevederlo: «E' un'opera che va ascoltata senza pregiudizi — dice Martinotti —, se è valida place, e se place va eseguita». Bona Alterocca

Luoghi citati: Scialom An, Taranto, Torino, Verona