Einstein ha sbagliato? «Non basta un indizio»

Einstein ha sbagliato? «Non basta un indizio» Regge e Ruffini scettici su un annuncio americano Einstein ha sbagliato? «Non basta un indizio» TORINO — Einstein ha sbagliato? O almeno nasce un dubbio sulla teoria della relatività generale? Gli interrogativi nascono da una notizia pubblicata ieri e proveniente da Tucson, in Arizona, dove lavora la più agguerrita équipe di astronomi degli Stati Uniti (hanno a disposizione l'Osservatorio nazionale di Kitt Peak, 60 miglia da Tucson). Secondo le loro più recenti osservazioni il movimento orbitale di Mercurio (che era una delle principali e più vecchie prove della relatività) non sarebbe in accordo con la previsione di Einstein. Come reagisce il mondo scientiilco a questo annuncio? Tullio Regge, ordinario di teoria della relatività dell'Università di Torino, Premio Einstein nel 1979, considerate uno dei maggiori studiosi di relatività del mondo, ha accolto la notizia con molta prudenza e una punta di scettici¬ smo. Il problema della perturbazione dell'orbita di Mercurio, fa osservare il professor Regge, non è nuovo, si dibatte da molti anni. Nel 1966. dopo delicate misure dello schiacciamento ai poli del Sole, l'astrofisico americano Robert H. Dicke, di Princeton, ed Hervin Goldenberg elaborarono una teoria alternativa a quella di Einstein detta -scalare- tensoriale»: secondo i due ricercatori l'avanzamento del perielio di Mercurio (cioè del punto più vicino al Sole della sua orbita) non era esattamente quello previsto da Einstein e poteva essere meglio spiegato con la loro nuova teoria presupponendo un nucleo del Sole in rapida rota! zione, causa dello schiacciamento al poli del Sole stesso. Regge fa però osservare che osservazioni della non perfetta sfericità del Sole sono state ripetute con risultati contrastanti: per una valuta- zlone sicura bisognerebbe conoscere nei particolari le osservazioni fatte dagli astronomi di Tucson. Più che la verità sullo schiacciamento, però, secondo Regge sarebbe importante conoscere la distribuzione della materia e della sua densità dentro il Sole. -Io sarei molto prudente — conclude Regge — o toccare la teoria eisteiniana: se per assurdo la sì trovasse non esatta, la nuova teoria dovrebbe ugualmente usare termini eisteiniani». Di parere slmile è anche Remo Ruffini, professore di fisica teorica all'Università di Roma, specialista in quella parte della relatività generale che prevede l'esistenza dei «buchi neri». «Uno degli astronomi di Tucson — sottolinea Ruffini — è Henri Hill, ricercatore sema dubbio serio e attendibile, ma che in questo caso potrebbe essere influenzato dal fatto di essere allievo di Dicke». Ruffini ricorda inoltre che quando Einstein concepì la teoria della relatività generale, pubblicata nel 1916. lo spostamento del perielio di Mercurio era l'unica prova sperimentale a favore della tesi di Einstein. Oggi invece è uno del tanti effetti con cui si controlla l'esattezza della teoria relativistica. Altri sono, ad esempio, la deflessione del raggi di luce in un campo gravitazionale, lo slittamento verso il rosso della luce emessa da un corpo di grande massa, 11 rallentamento degli orologi in un campo gravitazionale meno intenso e cosi via. In tutti questi esperimenti l'accordo tra teoria ed esperimenti — ricorda Ruffini — è molto buono. E conclude: «Lo studio di Tucson è molto interessante, ma sorprendente: va quindi verificato con cura. Non è escluso che la soluzione del problema non sia in un difetto della relatività ma in una cattiva conoscenza della struttura del Sole». Ricordiamo, infine, che in ogni caso le osservazioni del gruppo americano lasciano intatta la relatività ristretta, concepita da Einstein nel 1905, e riguardano solo la forma generale della teoria, nel la quale 11 principio relativi stlco viene esteso ai campi gravitazionali. r. s,

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