Minacce di Tokyo all'Occidente «Venderemo tecnologie all'Urss» di Vittorio Zucconi

Minacce di Tokyo all'Occidente «Venderemo tecnologie all'Urss» Dichiarazione (poi smentita) del ministero dell'Industria Minacce di Tokyo all'Occidente «Venderemo tecnologie all'Urss» «Il passaggio nel campo della superpotenza militare sovietica sarà possibile se l'Ovest esaspera il protezionismo» - Il ministero degli Esteri sconfessa - Quello dell'Industria replica: «Non siamo kamikaze, dobbiamo continuare a vivere e a vendere» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE TOKYO — Il Giappone minaccia il -grande tradimento» dell'Ovest, poi si rimangia un po' l'ipotesi, ma non del tutto, e la domanda resta nell'aria: è possibile il passaggio della superpotenza tecnologica giapponese nel campo della superpotenza militare sovietica? «Si, se vi saremo costretti dal protezionismo delle nazioni occidentali e dalla messa al bando dei prodotti giapponesi», risponde un altissimo funzionario del •Miti», il potente ministero per l'Industria e il Commercio. «No», smentisce affannato, qualche giorno più tardi, un portavoce del ministero degli Esteri, cercando di calmare le apprensioni interne e internazionali suscitate dalla prima risposta. Ma ormai il «patto é fuori dal sacco», l'ipotesi impossibile, incredibile di un Giappone alleato dell'Urss è sul tavolo. Gaffe politica, battuta-molto ipotetica o tentativo di choc deliberato, tutte le interpretazioni sono possibili, ma la frase è stata detta, la possibilità ventilata da un personaggio responsabile. E la smentita del ministero degli Esteri non può cancellarla: la parola di condanna usata è infatti solo un debole aggettivo, -imprudente». Il primo tempo di questa vicenda risale alla scorsa settimana, quando Kazuo Waka3Ugi. direttore generale del ministero del Commercio e Industria (Miti), ricevette pei" una conversazione alcuni giornalisti americani. Tema della discussione il pericolo di una guerra commerciale lanciata da Europa, e America contro il Giappone sempre più -invadente». -Ci rendiamo conto delle preoccupazioni dei nostri partners — disse in quella occasione Wakasugi ai giornalisti —, ma anche in Occidente si deve capire-Ghe se là tendenza al protezionismo dovesse andare più alle estreme conseguenze, noi saremmo costretti ad avvicinarci al blocco comunista, a intensificare i nostri commerci con loro e cominciare addirittura vendite di armi e di tecnologia militare». Nel testo stenografato di queste dichiarazioni, diffuso dal ministero, si legge la frase chiave, la spiegazione: -Noi giapponesi non possiamo suicidarci. Dobbiamo pur continuare a vivere e a vendere». Poche ore dopo le dichiarazioni del direttore generale, al ministero degli Esteri nippo- nico e all'ufficio del primo ministro Suzuki già si preparava l'operazione contenimento della sensazionale ammissione. Domenica scorsa, un portavoce degli Esteri ha fatto sapere alla stampa che -le parole del funzionario del Miti sono da considerare infelici e imprudenti. Noi desideriamo al contrario rafforzare la nostra amicizia con gli Stati Uniti, come ha detto il ministro degli Esteri Sakurauchi al presidente Reagan durante la sua visita a Washington in marzo». A titolo privato il portavoce ha poi aggiunto: «Se la persona che ha fatto quel commento fosse un dipendente del nostro ministero, le sue dimissioni sarebbero già effettive». Ma 11 direttore generale del ministero del Commercio non solo resta alla sua scrivania, ma addirittura replica: -Le mie intenzioni erano chiarissime — spiega —, volevo dire semplicemente che non serve a nulla nascondersi e minimizzare i pericoli di guerra commerciale, di chiusura dei mercati alle nostre esportazioni oggi presenti nel mondo industrializzato. Non serve a nulla illudersi che l'effetto di questa guerra sarebbe trascurabile. Al contrario, un'ondata di protezionismo generale sarebbe follia». Nella sostanza, quindi, Kazuo Wakasugi non arretra di un passo dalle sue dichiarazioni originali. L'impressione a questo punto è di un preciso «gioco delle parti». Di fronte al montare delle reazioni internazionali, di fronte alla concorrenza nipponica, il Giappone ha paura e cerca quindi di far paura a sua volta. Anche la -Commissione trilaterale», riunita nei giorni scorsi a Tokyo, ha chiuso ì suoi lavori chiedendo ai giapponesi di aprire il proprio mercato alle importazioni per riequillbrare i conti con il resto del mondo industrializzato. Ma Y-imprudenza» del direttore generale del ministero può essere uno choc calcolato che Tokyo vuole infliggere ai suoi partners commerciali euro-americani sempre meno capaci di competere con l'industria nipponica e sempre più tentati da un po' di autarchia. Per convincerli, Tokyo agita quindi anche la minaccia lmnronun- ciabile fino a ieri di un -giro di valzer» con Mosca in veste di nuovo protettore politico in cambio dei tesori della tecnologia civile e militare giapponese. Ma l'opinione pubblica, cosi fieramente antisovietica qui, accetterebbe il «sotto del fosso»? Oggi, sicuramente no. Domani—ed è questo il senso della «minaccia» — il prezzo di restare con l'Occidente potrebbe essere reso — dallo stesso Occidente — insostenibile. Il ministero del Commercio e Industria vuol dire insomma che il tempo dei -kamikaze» è finito. Vittorio Zucconi

Persone citate: Kazuo Waka3ugi, Kazuo Wakasugi, Sakurauchi, Suzuki, Wakasugi