La porta stretta del Nicaragua di Ferdinando Vegas
La porta stretta del Nicaragua OSSERVATORIO La porta stretta del Nicaragua La tensione fra Stati Uniti e Nicaragua rimane sempre al centro della crisi generale che investe l'America Centrale. Per gli Stati Uniti il piccolo Paese che ha compiuto nell'estate del 1979 la sua rivoluzione è divenuto il nuovo focolaio di infezione della regione, il tramite, ideologico e materiale, dell'espansione di un processo rivoluzionario che muove localmente da Cuba, ma ha la sua fonte originaria a Mosca. Lo stesso presidente Reagan, nel discorso del 24 febbraio col quale delineava il «piano per i Caraibi<>. ha detto, a proposito del Salvador, che nell'America Centrale vi era la minaccia di «una nuova specie di colonialismo... appoggiato dai sovietici e gestito da Cuba», restando sottinteso che il Nicaragua svolge una parte attiva in questo sviluppo. Non è un mistero, risulta anzi da rivelazioni apparse su organi quali la Washington Post e Newsweek, che la Cia avrebbe approntato piani per destabilizzare il regime di Managua. servendosi di profughi somozisti e di mercenari pagati nell'Honduras, finanziando inoltre una forza paramilitare di 500 uomini col compito di distruggere obiettivi vitali nel Nicaragua. Si spiega cosi come il governo sandinista si sia rivolto all'Onu, chiedendo, il 19 marzo, la convocazione del Consiglio di Sicurezza; «dato il peritolo 'crescente''di un'invasione del Paese da parte degli Stati Uniti»; ma la risoluzione posta l'altro giorno ai voti era del tutto generica e comunque è scaduta per il veto degli Stati Uniti. Nonostante questo passo all'Onu, tuttavia, Managua sarebbe disposta a negoziare una soluzione nell'ambi¬ to interamericano, dove preferisce Washington. Non è un caso che il presidente messicano, Lopez Portillo, abbia scelto Managua per lanciare, il 21 febbraio, quel suo piano che prevede tra l'altro una proposta di fatto di non aggressione tra Stati Uniti e Nicaragua. E' seguito tutto un lavorio diplomatico, con : sondaggi del ministro degli Esteri messicano, il quale, dopo diversi incontri con Haig, si è recato il 20 e 21 marzo all'Avana e quindi a Managua. In conclusione, il Nicaragua, accettando di stare a questo gioco diplomatico, vuole sempre bilanciare i rapporti che non può non avere con Cuba e chi le sta dietro. Il regime sandinista, infatti, teme il radicalizzarsi della situazione internazionale, che potrebbe gettarlo, come avvenne a suo tempo a Cuba, nelle braccia di Mosca. Ed esso è invece ancora impegnato nel tentativo di salvare l'originalità della sua rivoluzione, quell'esperimento progressista e pluralista sul quale si trovarono d'accordo elementi e forze di diverso orientamento. Il seguito degli eventi non. ha però confermato questo promettente inizio. Ad un certo punto doveva venire, e venne, al pettine il nodo fondamentale della rivoluzione, quello del contrasto tra gli ' interessi della borghesia liberale e l'intervento statale nell'economia: donde il ritiro degli elementi borghesi dalla giunta, le grandi difficoltà economiche, l'inasprirsi della situazione interna che ha portato infine la giunta, il 15 marzo, a proclamare lo stato d'urgenza in tutto il Paese, sempre sullo sfondo della crisi internazionale. Ferdinando Vegas
Persone citate: Haig, Lopez Portillo
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