Il Re Sole splende a Firenze di Renata Pisu

Il Re Sole splende a Firenze A PALAZZO VECCHIO GLI ARAZZI GOBELINS DI TRECENTO ANNI FA Il Re Sole splende a Firenze Sedici capolavori di lana e seta esposti per la prima volta insieme fuori di Francia - Rappresentano i maggiori avvenimenti dei primi dieci anni del regno di Luigi XTV - Minuziosamente ritratti anche il cardinale Mazarino, Filippo IV di Spagna, Colbert, l'infanta Maria Teresa, nobili, principesse - Un artigianato tra i più raffinati che l'Europa abbia mai conosciuto FIRENZE — Gli arazzi del Re Sole sono esposti a Firenze, nel salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio. Alzi gli occhi e vedi gli affreschi di Vasari, giri lo sguardo intorno e tutto lo splendore del «Grand Siede» di Versailles ti abbaglia presentandoti In sedici arazzi, disposti su tralicci al centro della sala, la storia di Luigi XIV. Sono come gigantografie, alte cinque metri e larghe sette, in cui ogni particolare è minuziosamente curato, i personaggi sono tutti riconoscibili, fedelmente ritratti: ci sono il cardinale Mazarino, Filippo IV di Spagna, Turenne, Colbert, Louvois, il duca di Vendóme, Anna d'Austria, l'infanta Maria Teresa, nobili, principesse, prelati. E naturalmente, lui, Luigi XIV, che su ogni altro personaggio domina e sovrasta. Gli abiti sono esattamente quelli che ciascuno indossava quel giorno, mobili, quadri e suppellettili sono riprodotti con assoluta meticolosa precisione, e tutto spira grandeur perché questa serie di arazzi della «storia del re» venne commissionata dal ministro Colbert alla manifattura dei Gobelins proprio con lo scopo di tessere (verbo più adatto non si potrebbe trovare) la gloria del sovrano, un monumento in lana e seta, invece che in marmo o bronzo, egualmente imponente anche se meno duraturo. Trecento anni per marmo e bronzo sono niente, ma lana e seta hanno perduto in parte la vividezza dei colori e la lucentezza dei fili d'oro e d'argento si è offuscata. Questi arazzi, che celebrano gli avvenimenti più salienti dei primi dieci anni del ben più lungo regno di Luigi XIV, dall'incoronazione alla fondazione degli Invalides nel 1671, sono tuttavia uno straordinario documento, storico e artistico insieme, e non si saprebbe se privilegiarli in quanto realìstica cronaca illustrata o in quanto capolavori di un artigianato tra i più raffinati che l'Europa abbia mai conosciuto. Esposti fuori di Francia per la prima volta nella loro completezza e in una sede prestigiosa come Palazzo Vecchio, propongono anche un confronto tra la Firenze dei Medici e la Francia dei Borboni in cui nessuna delle due esce perdente, anzi, è come se le due culture imparentate si incontrassero a raccontarsi straordinarie e da tempo dimenticate storie di famiglia. I Medici hanno il Giglio di Francia nel loro stemma: fu Luigi XI a concedere a Piero il Gottoso di fregiarsene. E poi due regine di Francia erano di casa Medici e la cugina di Luigi XIVfu granduchessa di Toscana. Ma non sono imparentati soltanto i sovrani: •Jean Lefebre, chiamato da Colbert a dirigere la manifattura di arazzi reali, era nato a Firenze dove suo padre, Pierre, dirigeva un laboratorio della tessitura medicea fondata da Cosimo Inel 1545. Ma andiamo ancora più in là nei secoli: sin dal 1300 tessitori fiorentini si erano stabiliti sulle rive della Brieve, un piccolo fiume la cui sorgente si trova alla estremità del parco di Versailles, e lì, un secolo dopo, giunsero da Reìms i Gobelins, una famiglia di tintori specializzati 'in scarlatto» che dai fiorentini, ma anche dai milanesi Canaye, appresero l'arte delta tessitura. I Gobelins per generazioni arricchirono e ampliarono l'impresa familiare e la loro fama alla fine eclissò quella di tutte, le altre dinastie di tessitori che vennero via via assorbite dai Gobelins, per acquisto o per matrimonio, perché bisogna sapere che a quell'epoca i tessitori si sposavano tra loro, come i reali, e i ptatrimoni servivano, a cementare legami tra industrie, come tra reami. La nonna di Luigi XIV era una Medici, Maria, i nomi delle mamme o delle nonne dei tessitori Gobelins (forse delle Tucci, delle Cafieri, delle Migliorini) non sono invece passati alla storia, ma è un'ingiustizia alla quale dovremmo essere abituati anche se continuiamo a domandarci: chi ha costruito Tebe dalle sette porte? Comunque, quando nel 1662 il ministro Colbert decise di raggruppare in un medesimo luogo tutti i laboratori di tappezzeria sparsi nella città di Parigi e dintorni, i Gobelins come famiglia erano ormai estinti, ma rimaneva al Faubourg Saint-Marcel la sede della loro manifattura dove venne impiantata la fabbrica reale che si fregiò di quel nome già famoso. Oggi gli arazzi del Re Sole sono leggermente stinti, ma si immagina come dovevano essere da nuovi o da quasi nuovi: roba da lasciare la gente a bocca aperta, come accadde a Roma, nel 1727, quando quattro di questi arazzi della «storia del re» vennero usati a Carnevale, per addobbare la facciata di Palazzo Mancini dove aveva sede l'Accademia di Francia. Ci fu un tale afflusso di pubblico che in via del Corso non si riusciva a passare, «Murales» Mai però prima di oggi era stata esposta all'estero la suite completa della «storia del re», forse la più bella serie di arazzi dei Gobelins, un nome che in molte lingue sta a significare «arazzi... mentre noi in Italia li chiamiamo arazzi dal nome della città di Arras, dove c'era un tempo una famosa manifattura. Eppure, pensando al loro primitivo uso. in altri modi più appropriati potrebbero essere chiamati. Il grande architetto Le Corbusier, nel 1962, suggerì di chiamarli «murales nomadi», ricordando come una volta servissero ai grandi che continuamente si spostavano di palazzo in palazzo a addobbare le loro residenze con qualcosa che le rendesse più intime. Gli sterminati saloni di anonimi castelli venivano personalizzati dagli arazzi che svolgevano anche una funzione di isolanti termici e acustici. Certo, erano più costosi di un dipinto, ma anche più scaldi» e soprattutto più facilmente trasportabili: si arrotolavano e via. Farli invece era impresa assai lunga: gli arazzi esposti a Palazzo Vecchio hanno tessuta sul bordo la data di inizio e di fine del lavoro, per ogni arazzo ci sono voluti in media sei anni, sei lunghi anni durante i quali un maestro arazziere se ne è stato seduto al suo telaio per una media di dieci ore al giorno, di fronte alla luce, lavorando sul rovescio, sorvegliando l'andamento del lavoro con uno specchio e compiendo gesti che ancora oggi compiono gli arazzieri dei Gobelins: raccogliere i fili necessari e passare Il fuso navetta tra i due strati dell'ordito; poi portare avanti lo strato posteriore e incrociare i fili, muovere il filo In senso inverso costituendo una battuta di trama da comprimere subito con un pettine metallico in modo di dissimulare l'ordito. E così via, ma con un margine di libertà, di inventiva personale. In coda Perché Charles Le Brun, direttore della manifattura reale dei Gobelins al quale si devono quasi tutti i disegni per gli arazzi della «storia del re», non riteneva che i tessitori dovessero essere servili esecutori del modelli loro proposti. Le Brun, nominato «primo pittore» da Luigi XIV, era un multiforme ingegno e ha impresso indelebilmente il suo marchio su quel grande cantiere che fu per anni la reggia di Versailles, disegnando personalmente tutti i mobili, tutti gli oggetti dì oreficeria, tutti gli arredi e le suppellettili, cosicché si può dire che lo «stile Luigi XIV» è una sua Invenzione, quello stile che ci colpisce per la sua magnificenza nella quale si legge una arrogante sicurezza dovuta alla convinzione che Luigi non fosse un re ma ti «re dei re» la cui grandeur andava proclama¬ sia pur minimo ta in ogni particolare. Grandi arazzi, grandi mobili, grandi sale, grandi parrucche su piccole teste (Luigi XIV era alto un metro e sessantadue): mai più la Francia avrebbe ritrovato un simile spirito autocelebrativo. Gli arazzi della «storia del re» esposti a Firenze serbano tutta questa forza autoesaltante, tuttala sontuosità ineguagliata di un secolo di gloria. A Palazzo Vecchio la gente fa la coda per illuminarsi un po' della luce del Re Sole: una media di tremila visitatori al giorno, cinquemila la domenica. I responsabili della politica culturale del Comune di Firenze sono ovviamente soddisfatti, è da tre mesi soltanto che hanno deciso di fare di Palazzo Vecchio un 'Contenitore» di mostre, tutte premodern, dicono ridendo, non moderno, per carità, postmodem. Con 2500 lire di biglietto fino a metà maggio si possono vedere il Codice leonardesco della Fondazione Hammer, la mostra degli strumenti musicali antichi e gli arazzi del Re Sole. Oltre a Palazzo Vecchio, ben inteso, che da solo varrebbe bene una visita. Ma prima, quando da vedere c'era solo il Palazzo Vecchio, l visitatori erano in media trecento al giorno. E pare quindi proprio vero che siamo ormai entrati nell'era della mostra-fenomeno e che neanche Firenze, una città che è tutta una mostra e tutto un fenomeno, può esimersi dall'off tir e sempre diversi, sempre più eccitanti consumi visivi. _ . Renata Pisu g Firenze. Particolare d'uno degli arazzi del Re Sole, che raccontano la sua storia dall'incoronazione al 1671: davanti a loro, nelle sale di Palazzo Vecchio sfilano tremila visitatori al giorno