Le lettere della domenica

Le lettere della domenica Le lettere della domenica La Osi, il governo e i fischi di Roma Vorrei chiarire alcune cose dette nel commento dal titolo «Una brutta pagina» su La Stampa del 27 marzo, soprattutto a proposito dei dirigentcisllni che «si sono battuti per uno sciopero generale». La battaglia nel Direttivo Cgil-Cisl-Uil non era intorno a una questione ideologica («isimulacro fideistico di uno sciopero generale») e neppure taumaturgica (la risoluzione del più grave problema dePaese); 11 vero nodo era la «questione della politica governativa». E tutti sanno che 11 sindacato non è stato l'uni ca forza a mettere sotto accu sa la politica deflazionistica e recessiva di questo governo. La discussione del Direttivo si svolgeva dopo che il gover no aveva chiesto esplicita mente al movimento sindacale di «rimangiarsi» il documento stilato da tutta la se greterla della Federazione e letto la sera del 23 marzo agoverno da Giorgio Benve nuto. Questo documento certo non esprimeva un giudizio «governativo»: e non era certamente frutto dei soli dirigenti cisllni. Se dopo l'intolleranza del governo ci sono ri percussioni nel Direttivo e posulla piazza, è troppo semplicistico dire che la Cisl si è mossa per favorire la caduta di Spadolini e la sconfitta depreambolisti al prossimo congresso democristiano. Penso che le contraddizioni e la crisi nel governo siano superiori a quelle dentro il sindacato: Benvenuto si è guardato bene dall'accusare di «fascismo» i fischi dei lavoratori, e Bentlvogli ha chiesto responsabilmente a questo governo di rivolgere l'accusa di massimalismo alla Confindustria e non ai lavoratori. Un governo che tenta di scaricare le sue divisioni sul sindacato, ponendo veti e censure sul comportamento dei dirigenti sindacali e dei lavoratori, e non ha nulla da spendere per i problemi dell'occupazione, non è antipopolare: cerca di incolpare gli altri dell'esaurimento della sua funzione. Con questo condanno anche l'intolleranza dei fischi verso Benvenuto, e chiarisco meglio il vero destinatario e le motivazioni della contestazione. Giovanni Avonto, Torino ' Segretario reg. Clsl Piemonte Casella vietata agli esperantisti Assidua ascoltatrice delle trasmissioni radio a onde corte in lingua esperanto, diffuse dalla Rai nell'ambito delle trasmissioni per l'estero, mi sono vista ritornare al mittente una cartolina postale che avevo inviato alla casella postale 320 di Roma Centro, con un rapporto di ascolto: la motivazione, davvero incredibile, è che la casella postale risulta chiusa. A parte l'assurdità di tale chiusura, non riesco a spiegarmi come mai la cartolina sia stata restituita al mittente, anziché essere recapitata, comunque, alla sede della Rai, della cui esistenza e ubicazione le Poste dovrebbero essere a conoscenza. Vera di Tocco, Roma Mille lire per salvare l'arte I musei Italiani — leggo in una notizia della Stampa — hanno accolto nel 1978 quasi 38 milioni di visitatori, dei quali il 40 per cento a titolo gratuito. Se ogni visitatore avesse pagato un biglietto di ingresso di mille lire, i musei italiani I avrebbero incassato 38 miliardi! Con questa somma-sa-i rebbe possibile finanziare restauri di opere, migliorie ai musei e nuove iniziative al fine di valorizzare un patrimonio artistico rimasto per troppi se-còli celato al nostri occhi. Christian Hamnett, Torino Il computer dai tanti padri Nel servizio del 26 marzo sul programma dell'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), il prof. Zichichi giustifica i piani dell'Istituto stesso sulla base di due meriti attribuiti alla ricerca dei fisici: l'avere acceso il fuoco nucleare e l'avere inventato i calcolatori elettronici («I calcolatori elettronici sono nati nel cervello di alcuni fisici che studiavano le particelle elementari»). Per amore di verità, faccio presente che il primo calcolatore elettronico, il famoso Eniac, fu concepito e realizzato dagli ingegneri americani Eckert e Mauchly nel 1942, alla Moore School of Elcctrlcal Engineering dell'Università di Pennsylvania, e fu adibito al calcolo di traiettorie balistiche, cioè a scopi bellici. Successivamente, gli stessi ingegneri costruivano l'Unlvac 1°, su ordinazione del National Bureau of Census (l'Istituto di statistica americano), ed in molti altri centri, negli Usa ed in Inghilterra, si svilupparono le ricerche che hanno condotto alla nascita di quella che oggi chiamiano informatica. Ad esce contribuirono matematici, ingegne¬ ri, fisici, e molte geniali persone di ogni estrazione, compresi filosofi e linguisti. Tutto ciò non toglie nulla ai grandi ed incontrastati meriti dei fisici (che, tra l'altro, stimolarono con le loro esigenze di calcolo la costruzione di potentissimi mezzi di calcolo) né alle argomentazioni a favore dei piani di ricerca dell'Inin. Tutti-i settori della ricerca sono peraltro parimenti importanti, sia per il contributo che essi hanno dato e daranno alla cultura in generale, sia per gli effetti che essi hanno prodotto e produrranno sulla vita dell'uomo. Luigi Dadda Rettore Politecnico di Milano Una Cee a misura di ogni Stato? Questa traballante Comunità europea sembra esprimere davvero l'Ineluttabilità della decadenza del vecchio Occidente. Bene titola La Stampa del 23 marzo: «La Grecia resta nella Cee, ma vuole norme su misura» e altrettanto vuole ogni Paese. Possibile che non si capisca che la strada del particolarismo è suicida? Giovanni Rava, Milano Guerre di parole e di religione Non sono uno storico di professione. Tanto meno uno storico delle religioni. Ed ha ragione il prof. Spini a rimproverarmi — su Tuttolibri di ieri — di non aver ripristinato, nella mia traduzione italiana de Le guerre di religione di Pierre Mlquel (Sansoni, 1981), il nome italiano del predicatore Panigarola (che onestamente non conoscevo). Sono però un traduttore abbastanza sperimentato e coscienzioso da non cadere in trappole come quelle che Spini crede di avere disinnescato: se ho scritto cordiglieri e giacobini, anziché frati minori e domenicani, è stato perché presupponevo che 11 lettore italiano che sa di storia non confondesse le componenti francesi di quegli ordini religiosi (che diversamente non si possono designare) con 1 due partiti rivoluzionari che da essi hanno poi preso il nome. Se poi ho usato, dov'era il caso, evangelisti anziché evangelici, non è perché 11 ho confusi con i quattro a cui riservo anch'io, come Spini, l'onore della maiuscola, ma perché in questo caso 11 francese évangéliste significa «fidèle faisant fonctlon de pasteur» (Petit Larousse) e l'italiano evangelista significa «seguace di una confessione evangelica» (Battaglia) e anche oggi si conserva nel senso di «predi-' catore laico valdese» (Devoto-Oli), comunque qualcosa di diverso e di più specifico di quanto significhino in italiano evangelico e in francese évangélique. Ho quindi 11 sospetto che stavolta sia il recensore, a cui non si può certo attribuire una «sconcertante ignoranza in fatto di storia», a passare «il limite del grottesco» e anche quello di una poco evangelica perfidia quando, basandosi su un refuso tipografico, Insinua che il francesista (che su Stendhal ha pur pubblicato qualche contributo) confonda Henri Beyle, alias Stendhal, col Pierre Bayle del Dictionnaire. Giovanni Bogliolo, Urbino Purché Dio non sia stanco Lo scienziato americano Samuel Cohen, padre della bomba al neutrone, ha dichiarato apertamente: «Una guerra nucleare sarà inevitabile prima della fine del secolo, o al più tardi al primi del Duemila». Non è il solo scienziato a pensarla cosi. Ed anche noi, piccoli esseri umani sappiamo che la pace è appesa a un sottilissimo filo. Il rischio nucleare non corre già più da New York a Mosca, ma passa per Gran Bretagna. Francia, India, Cina; presto toccherà Israele, Sud Africa e Pakistan, e poi altri ancora. Pessimisti gli scienziati, pessimisti noi? SI, perché abbiamo coscienza del pericolo, che ci sovrasta e che le chiacchiere di Ginevra e Madrid non scongiurano. E allora? Allora non ci resta che raccomandarci a Dio, con la viva speranza di non trovarlo stanco. Gustavo Guasconi, La Spezia Tutti presenti y e produttivi, Jotì^ Una domandina in coda alle inchieste sull'assenteismo negli uffici pubblici. Per quale privilegio sono soltanto i dipendenti privati a dover rispettare piani e tempi di produzione? Forse pG9&éjd| taluni uffici pubblici non si sa ancora in che co.-,a consista 11 !om «nrodotto»? Giacomo Sante, Bologna Vino conteso su più fronti Nella presentazione giornalistica della «guerra del vino» sfugge spesso un particolare importante: non è che i contadini francesi odino sic et simpliciter i colleghi italiani; la loro rivolta è contro i grandi importatori francesi, che preferiscono comprare prodotti «esteri» di prezzo più conveniente. Giulio Dacon to, Verona Se uno solo lavora in famiglia Sono completamente d'accordo con il lettore che nelle «Lettere della domenica» del 28 febbraio, a proposito della donna e il lavoro, afferma che 11 secondo stipendio serve di solito per il superfluo mentre toglie 11 posto a un capofamiglia. In più vorrei parlare degli scatti di contingenza che sono dati ad ogni dipendente, aumentando il divario tra le famiglie con il solo capofamiglia che lavora e quelle con entrambi 1 coniugi occupati. Se il sindacato denuncia ogni anno una diminuzione degli iscritti (e non sono le «pecore» che danno disdetta) le cause si devono ricercare nella voluta incapacità dai parte di Cgil, Clsl e Uil di farsi portatrici anche delle insoddisfazioni derivate da provvedimenti che penalizzano quei lavoratori che devono sopportare da soli il peso di tutta la famiglia. Piero Canavese, Garessio Pagelle pubbliche per i conti in rosso Mi piacerebbe veder pubblicati due elenchi di nomi, uno dei buoni amministratori delle imprese pubbliche italiane ed uno di quelli cattivi. I buoni sono quelli le cui imprese sono in attivo, perché mi permettono di realizzare degli utili, sotto forma di lavori pubblici o almeno di risparmio di tasse. I cattivi sono quelli le cui imprese sono in rosso e che, non conoscendo il mercato, sono responsabili di Investimenti sbagliati (fanno cose inutili) o di maestranze improduttive (fanno beni troppo cari). ^ La conc&rrenzflfemorw*lale e non vi s| può sraggwééma come azionista (alias clpt imbuente fiscale) della Società finanziarla «Repubblica d'Italia», non mi piace pagare continuamente per ricostituire capitali di società statali male organizzate 0 malCU™}minlstrate. Gianni Locchi, Lucca