Quella notte tutti cercarono di sbagliare di Piero Bianucci

Quella notte tutti cercarono di sbagliare Quella notte tutti cercarono di sbagliare ERA la notte del 28 marzo 1979. Alle ore quattro e 36 secondi nella centrale nucleare di Three Mile Island (Pennsylvania) si bloccavano per un'avaria le pompe destinate a fornire acqua al circuito secondario di uno del quattro reattori. Un incidente banale, almeno all'inizio, ma poi via via aggravatosi per una sconcertante sequenza di erro'1commessi dai tecnici addetti alla gestione della centrale, fino a configurare il più pericoloso incidente di tutta la storia dell'uso pacifico dell'energia atomica. Sono passati tre anni esatti da quella notte e il lavoro per riparare il reattore si può considerare appena Iniziato, benché si sia affrontata una spesa che. quando tutto sarà finito, si aggirerà intorno ai duemila miliardi di lire (poco meno del prezzo di una centrale nucleare da mille megawatt nuova). Ma è positivo il fatto che in questi tre anni la centrale di Three Mile Island è diventata un laboratorio dove si progetta il futuro della sicurezza nucleare. Il primo e unico grave incidente avvenuto In un reattore commerciale (quello della scorsa settimana non è neppure comparabile) può essere anche considerato, facendo di necessità virtù, un esperimento assai istruttivo. I problemi che si sono affrontati per disinquinare il reattore danneggiato sono enormi. Per ora si è lavorato soprattutto alla raccolta e al filtraggio dell'acqua di raffreddamento inquinata dal prodotti radioattivi sfuggiti al «nòcciolo» del reattore a causa della sua parziale fusione. Si stima che la quantità di acqua contaminata sia di circa 2 milioni e 500 mila litri. Non tutti sono d'accordo su questa valutazione, ma in fondo una cifra più precisa non sposterebbe di molto il problema. Con umorismo anglosassone l'ingegner Jack Devine, che dirige l'equipe di recupero del reattore, fa osservare che -se avete un coccodrillo in casa non fa molta differenza che sia lungo due metri piuttosto che due e mezzo •>. Dai lavori di Harrlsburg verrà una lezione utile al¬ l'Industria nucleare di tutto 11 mondo. Poiché non si era mal avuto un incidente nucleare di quelle dimensioni, molti dati si acquisiscono sperimentalmente oggi per la prima volta. Significativi i dati di contaminazione rilevati nell'acqua della centrale: 200 milionesimi di Curie per centimetro cubico, che dopo il trattamento anti-inquinamento devono essere ridotti a 4,4 miliardesimi di Curie per litro. La maggior parte della contaminazione si deve ai due isotopi Cesio 137 e Cesio 134. Il primo è responsabile di 156 milionesimi di Curie di radioattività per centimetro cubico, il secondo di 26 milionesimi di Curie. Altri contaminanti pericolosi sono gli isotopi radioattivi del plutonio, dello stronzio, del cromo, del manganese, del cobalto, dello zirconio, del niobio, dell'argento, dell'antimonio, dell'americio e di altri elementi, tra cui il trizio, l'Isotopo radioattivo dell'idrogeno. La temperatura raggiunta dal «nòcciolo» nella fase massima dell'incidente è stata di 2800 gradi centigradi. Dopo Sa decontaminazione dell'acqua del circuito di raffreddamento ora ad Harrlsburg i lavori segnano il passo. Si tratta di attaccare il «nocciolo» ma non si sa bene come andare avanti e può darsi che la soluzione più conveniente consista nell'isolare la zona contaminata rinunciando a rimettere in funzione il reattore. Nell'ipotesi più favorevole, la centrale non potrà tornare a funzionare prima del 1985. Intanto la Nrc. cioè la commissione americana per la sicurezza nucleare, ha stabilito nuovi e più severi standard di affidabilità (vedi Tuttoscienze del 3 marzo 1982). Istruttiva è la storia dell'incidente, che è stata ricostruita dal «Rapporto Kemeny», pubblicato in estratto anche in Italia dalla Etas Libri. Ore 4 e 36 secondi: vanno in avaria le pompe che portano acqua al circuito secondario del reattore numero due di Three Mile Island. Immediatamente entrano in funzione tre pompe di emergenza, ma le loro valvole risultano chiuse. Si accendono allora nella sala di controllo due luci che segnalano il blocco delie valvole dei condotti di emergenza. Ma una è nascosta da un cartellino giallo di manutenzione, la seconda sfugge all'attenzione dei tecnici. I meccanismi automatici della centrale continuano a Intervenire per rimediare ai problemi che vanno complicandosi. Poiché, in mancanza di refrigerazione, il liquido del circuito primario si scalda pericolosamente crescendo in volume e pressione, si apre automaticamente una valvola che scarica una parte del liquido in uno speciale contenitore. Inoltre, automaticamente, le barre di controllo del «nòcciolo» entrano in gioco e bloccano la reazione. Per un altro errore del tecnici, però, viene lasciata aperta la valvola che aveva scaricato il liquido surriscaldato: doveva essere chiusa dopo 13 secondi e invece viene finalmente serrata solo due ore dopo, quando ormai 11 «nòcciolo» sta incominciando a fondere. Come se non bastasse, i • tecnici, non avendo ancora afferrato la situazione, fermano due pompe di emergenza che erano partite automaticamente. Conseguenza: si forma una bolla di idrogeno che avrebbe potuto esplodere disperdendo radioattività nell'ambiente. Solo alle 6 e 22 minuti l'équipe riprende il controllo del reattore. Per fortuna le conseguenze per la popolazione sono state minime. I dati ci dicono che intorno alla centrale di Harrisburg l'aumento di radioattività è stato dell'ordine dei due mlllirem, una dose che è circa un centesimo di quella che tutti riceviamo in un anno per effetto dell'ambiente naturale. Rimane però il fatto che il reattore nucleare di Three Mile Island è stato trattato dai suoi addetti come un'automobile il cui pilota scambi l'acceleratore con il freno o accenda la «freccia» a destra per svoltare a sinistra. La lezione può essere questa: la macchina nucleare è più affidabile dei suoi manovratori. Piero Bianucci A tre anni dairincidente di Three Mile Island

Persone citate: Curie, Jack Devine, Kemeny, Three Mile, Three Mile Island

Luoghi citati: Italia, Pennsylvania