Riuscirà Valentina a far leggere gli studenti distratti?

Riuscirà Valentina a far leggere gli studenti distratti? Il fumetto pedagogico alla Fiera di Bologna Riuscirà Valentina a far leggere gli studenti distratti? BOLOGNA — Dal prossimo 1" aprile, fino al 4, la Fiera di Bologna si apre al libro per ragazzi. Fra le diverse manifestazioni che anche quest'anno accompagneranno la presentazione della più recente editoria internazionale dedicata al minorenni c'è una mostra su «Il fumetto pedagogico». Organizzata da Claude Monterai, con la collaborazione di Stefano Bartolomei, si avvarrà di autori come Guido Crepax, Dino Battaglia, Sergio Toppi, Milo Manara, Enrico Slo, Jesus Blasco, Walter Faher, Max Lenvers, Raymond Poivet. Cioè, alcuni fra 1 grandi disegnatori del fumetto d'oggi, Ma di quel fumetto che ha più a che fare con le edicole e le librerie, i ragazzi-ragazzi e i ragazzi-adulti, i semiologi del bar all'angolo e quelli d'Università raffinate che non con aule scolastiche e tranquilli professori. La domanda che si sono posti 1 curatori è stata la seguente: «E' possibile utilizzare 11 fumetto come supporto a scopo didattico ed informativo?». Una domanda che oggi parrebbe superata dalla realtà e che molte inizfative editoriali hanno affrontato con successo; come «La storia d'Italia» di Enzo Biagl e quella di Alfredo Chlapporl, Per Antonio Faeti, autore di «Guardare le figure» (Einaudi), uno degli studiosi più agguerriti della letteratura italiana per l'infanzia e del fumetto, non c'è da stupirsi per questa ritardata scoperta; «Da tre o quattro secoli — dice —è questa la linea di tendenza della pedagogia. Prima condanna, poi cerca di appropriarsi di ciò che rischia di travolgerla. Ma anche questa volta andrà male, perché deve chiarirsi il tipo di approccio, preparare la scuola ad accogliere il fumetto. La scuola non ne ha gli strumenti, non lo conosce. Ciò che la scuola sa è che non si legge più. C'è ancora qualche papà che riesce a far leggere i figli. Ma sono pochi. Io dico, paradossalmente, ma non tanto, che saranno 6000. Non di più, basta controllare le tirature delle case editrici per ragazzi. E la scuola crede di salvarsi con il fumetto!». I curatori della" mostra, Mollterni e Bartolomei, sanno bene del ritardo con cui le strutture scolastiche si apprestano a far entrare in classe il fumetto e conoscono i rischi di •utilizzare il fumetto come supporto, quando altri mezzi visivi possono farlo con maggiore fedeltà: Mjb, - sono anche sicuri chevun suo^iso nel« «divulgazione di uhàtTnformazlone»l'^r nella didattica storica, sarebbe molto utile. Eppure 11 fumetto, ingentilito e smaliziato quanto si vuole, continua a parlare per nuvolette e parole rattrappite, per sequenze brevi e superfici che non hanno spessore. Sono per molti lettori, genitori, educatori ciò che era ieri Salgari: qualcosa di negativo. Salgari era un esempio di cattiva scrittura. Il fumetto è ancora oggi, se non è protetto da quelle due o tre testate leader, sinonimo di cattiva lettura. Cosa ne pensano alcuni fra i diretti interessati? Come hanno reagito all'invito, o al non invito? E soprattutto a veder unita al loro fumetto la classificazione di «pedagogico»? «ii" un termine restrittivo e pesante — dice Dino Battaglia, uno del migliori disegnatori italiani, autore di riduzioni a fumetti di Shakespeare, Poe, Maupassant —. Ma il successo del fumetto si può spiegare come un fatto graduale a cui manife- ' stazioni come Bologna e Lucca hanno indubbiamente contribuito. E poi all'innegabile nuova qualità del disegnatori, penso a Toppi, a Manara, ad altri. Certo c'è un equivoco se si pensa di far cultura per un pubblico immaginario. Io quando ho ridotto Maupassant pensavo di fare un'operazione pacifica, di invito alla lettura. Mi sono accorto poi che pochi l'hanno vi-' sto. Il pubblico rimane una proiezione di' te e di quello che fai». ' Altan, il giovane disegnatore di Clpputi e della Plmpa, non è fra gli invitati. Dice: «Non credo che il fumetto debba avere un discorso immediatamente utile, a meno che non sia fatto per pubblicazioni specializzate. Ma come per la letteratura, se il fumetto vuole essere pedagogico ottiene un risultato forzato. Se è buono è anche pedagogico». Al possibile ingresso proposto alla scuola reagisce dicendo: «/o appartengo alla generazione a cui era vietato leggere i fumetti. Forse è ancìie per questo motivo che mi son messo a farli. E come me ora ci sono molti maestri, della mia generazione, che non avendoli potuti leggere a casa ora lo fanno in classe con i loro studenti. No, la vera accettazione è dovuta olfatto che c'è stato su loro un discorso colto, preparato, il lavoro fatto da una -ivista come "Linus"». - * Guido Crepax, l'autore di «Valentina», sa di essere stato Invitato per il suo lavoro pedagogico, quello che da diciassette anni svolge sulla rivista «Tempo Medico»; «E' un lungo romanzo, ma in realtà io ne sono solo l'illustratore. Sono dei casi clinici proposti da medici. Io li illustro. Dei miei fumetti invece dicono che sono diseducativi, che ci sono le donne nude. Ma io non ho mai voluto fare niente di pedagogico. Vorrei che il fumetto fosse al di fuori di qualsiasi intenzione; solo un'espressione artistica, cosi come lo è un film. Un atteggiamento della fantasia. Ho lavorato anche per una enciclopedia Larousse: "La scoperta del mondo". Ho illustrato i capitoli dedicati alle grandi scoperte, quelle di Francis Drake e di Charles Darwin. Vn pirata e un naturalista, a loro modo grandi scopritori. Mi sono occupato della esattezza delle ricostruzioni storiche. Sono un ricercatore pignolo, anche noioso, ma mi danno fastidio i fumetti dove c'è sciatteria, dove c'è qualcosa di sbagliato. Pretendo la precisione. Anche in Valentina non c'è nulla di pedagogico: Ma è un contributo alla storia del costume, a ciò che è stato di moda, e che lo è tuttora. Un fumetto che scandisce questi nostri anni». Faetl sottolinea che bisogna invece pensare al problema «didattico». «Il fumetto è il luogo di più alta condensazione di interdisciplinarietà. E' un linguaggio ricco che si può e si deve usare a scuola. Ma richiede un esercizio di lettura sapiente. Per me sono didattici autori come Manara, Pazienza, Carpinteri, Liberatore, Enric Sio, Breccia figlio, Trillo, Mandraflna, Bilal, riviste come "Frigidaire", "Eternauta". Ma purtroppo la richiesta di portare il fumetto in classe è una risposta depressiva. Ormai si dice: "Se i ragazzi non leggono più che almeno leggano i fumetti". Il mercato è in ribasso e la scuola ancora peggio. Ma non cerchiamo alibi, il fumetto può aiutare molto. Diciamoci però che il problema della lettura in classe non si risolve con i fumetti. Chiediamoci invece perché Crichton scrive "Congo" e Moravia "1934"». Una via «pedagogica del fumetto» però esiste. Lo conferma Munari, con la sua disincantata semplicità: «C'è, quando aiuta ad imparare qualcosa. Ma ci vuole un tipo di pensiero progettuale. Ci vuole qualcuno che insieme al bravo disegnatore individui psicologicamente le situazioni. Perché sovente il bravo disegnatore si lascia prendere dall'entusiasmo del proprio segno e va. Perde l'aspetto psicologico. Chiappoli con la sua "Storia d'Italia" mi sembra che abbia saputo cogliere l'obiettivo». Ma Chlapporl a Bologna non ci sarà. Peccato. Forse sull'argomento qualcosa da dire l'avrebbe avuto. Nico Orengo Valentina di Guido Crepax

Luoghi citati: Bologna, Congo, Italia, Lucca