Ecco il «giallo» che Roosevelt voleva vivere
Ecco il «giallo» che Roosevelt voleva vivere Ecco il «giallo» che Roosevelt voleva vivere ERA il 12 màggio 1935, domenica sera, per la precisione. Il presidente degli Stati Uniti per eccellenza, Franklin Pelano Roosevelt in persona, intratteneva a. centi, un gruppo di cdttabòratorì'fidati più due estranei alla Casa Bianca, Fulton Oursler, direttore del diffuso settimanale Liberty, e la moglie. Come spesso a Washington il tempo era umido, caldo, soffocante. E non c'era aria condizionata. Qualcuno degli ospiti boccheggiava, ma non il Presidente, che aveva passato il fine settimana a pescare e a giocare a poker con dei chiassosi politicanti del Sud, conservava una certa baldanza e una certa allegria. Rideva forte, ed era il Presidente; gli altri, pur boccheggiando, si adeguavano, i Ma il tempo era veramente inclemente e a un dato punto persino l'esuberanza del Presidente si afflosciò. Cominciò il periodo delle riflessioni, le recriminazioni, le fantasticherie. Il Presidente parlò di romanzi gialli. Lo interessavano molto. Peccato die non se ne pubblicassero tanti di buoni. Soprattutto le traine facevano difetto. A volte erano troppo complicate, mentre il massimo dell'intrigo poteva esser fornito da una trama semplice. Un'idea, un'idea valida ci voleva. Lui, Franklin Delano Roosevelt, almeno un'idea forse l'aveva, e la rimuginava da un sacco di tempo. Ed ecco che Fulton Oursler drizzò le orecchie. Sotto lo pseudonimo di Anthony Abbot, gualche giallo lo aveva scritto, ottenendo pure successo.- Ma in particolar modo la confi¬ denza del Presidente lo interessava come direttore di Liberty. Cercò cosi di estorcere il maggior numero d'informazioni. Perché mai il Presidente non si era deciso a svilupparla, la.èua trama? «Non ho trovato abbastanza tempo — rispose Roosevelt —, ma c'è anche un altro ostacolo: non sono mal riuscito a trovare la soluzione del mistero che ho In mente, e non ho trovato nessuno che sia riuscito a svelarlo...». Fulton Oursler non stava più nella pelle. Qual era questo mistero insolubile? Il Presidente parlò di un uomo molto ricco, padrone di sei o sette milioni di dollari investiti in Buoni del Tesoro, stanco, nauseato di guanto lo circonda, moglie ovviamente compresa, e desideroso di tagliar la corda, di improvvisarsi una vita diversa, e viverla liberamente. «Come può un uomo del genere sparire portando con sé milioni e milioni di dollari convertibili senza destare sospetti e senza che sia possibile rintracciarlo?...», sospirò il Presidente e pareva definitivamente vittima anche lui dell'afa di quella sera. Ma almeno Fulton Oursler, tra gli astanti, aveva ripreso fiato, e lanciò la sua proposta. Lui avrebbe raccolto i migliori autori in grado di sviluppare la trama del Presidente. E l'avrebbe pubblicato, il risultato delle fatiche congiunte, su Liberty. Se alla soluzione non fossero arrivati gli autori quc.lificati, ci sarebbero senz'altro arrivati i lettori di Liberty, ovvero buona parte della nazione americana. «L'idea è sua...», si arrese il Presi¬ dente. Era giusto rompere le fila, andare a fare una doccia e provare a dormire, il che era una parola. «Il giallo del Presidente» cominciò ad apparire su Liberty il 16 novembre 1935. Il capitolo 1" delle avventure dell'inquieto Jim Blake fu scritto da Rupert Highes, autore della biografia che demitizzava George Washington; il 2" da Samuel Hopkins Adams, biografo del presidente Harding; il 3° da Anthony Abbot, ovvero dal già citato Fulton Oursler; il 4" da Rita Weiman, commediografo; il 5° da S. S. Van Dine, che, però, lasciò a casa Philo Vance; il 6" da John Erskine, l'erudito autore de «La vita privata di Elena di Troia». Poi Earle Stanley Gardner aggiunse una' chiusa, e immise tra i vari personaggi interessati alle peripezie di Jim Blake il suo Perry Mason e il suo Paul Drake. Là traduzione italiana, se non sbaglio, fu presentata abbastanza presto dal Romanzo Mensile die corredò «Il giallo del Presidente» delle belle illustrazioni di Tabet. Mi rincresce che gli Oscar Mondadori non le abbiano rintracciate in occasione di questa nuova edizione. Che, comunque, è ugualmente accompagnata da una chicca. Una prefazione di Arthur SchlesJLnger Jr., che ricorda come Franklin Delano Roosevelt in quel 1935 fosse alle prese con problemi maggiori del problema di Jim Blake: realizzare il sogno americano, la polìtica del New Deal. «Il giallo del Presidente» può esser letto anche in questa luce. E' forse la luce più interessante. o.d.b.
Luoghi citati: Stati Uniti, Washington
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