I colorì di PoIIock a Beaubourg di Bernardo Valli

I colorì di PoIIock a Beaubourg UNA MOSTRA SULLA SUA ENTUSIASMANTE MA ANGOSCIOSA CARRIERA I colorì di PoIIock a Beaubourg La grande rassegna parigina documenta i suoi momenti salienti: alternò fughe in avanti a bruschi e tormentati ritorni Dai disegni visionari (ispirati a El Greco) all'«action painting»: gettati pennelli e cavalletto, stesa la tela per terra, vi lasciava sgocciolare la pittura - Magia, dramma, ironia, e la volontà di emancipare l'arte americana dall'europea DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PARIGI — / primi Pollock in cui ci si imbatte, a Beaubourg, sono degli Anni Trenta. Una carovana (Golng West> attraversa un paesaggio epico, sconvolto dalle emozioni del pittore ventiduenne. Un critico d'arte invita a strizzare gli occhi e a superare gli impulsi impressionisti giovanili, geometrizzando la composizione, al fine di ricavare un ritmo cubista tra i più classici. Non è indispensabile. Il quadro successivo (Fì&mc) è un'opera in piena agitazione che dalle tracce cubistc fugge già verso l'informale. Ma ci saranno tante altre fughe in atlanti e bruschi, tormentali ritorni, in questa mostra clic ci coinvolge in una grande avventura umana e artistica. Uno struggente viluppo di corpi c bandiere (Flgurcs and Banners) annuncia l'imminente evoluzione visionaria del pittore, che si è esercitato con disegni partendo dal Greco. In quegli anni Jackson Pollock percorre gli Stati Uniti su una vecchia Ford, comperata dal fratello Charles, pure lui pittore. E'fiato a Cody. patria di Buffalo Bill e città-simbolo del Middle West, è emigrato in California, la terra promessa, al seguito dei genitori, instabili presbiteriani die non vanno al tempio, e poi si è tuffato nella New York della Grande Depressione, al seguito dei fratelli. Ma si muove continuamente, facendo l'autostop o su arnesi sganglierati, visita le zone minerarie della Pennsylvania, j>a in Virginia, nel Kentucky, si inoltra nei deserti. Un viaggio di ottomila miglia, poi brevi nevrotici su e giù nell'America in crisi, in preda alla collera, al -furoredi Steinbeck. Il giovane Pollock sopravvive grazie al Wpa (Work Project Administration) creato da Roosevelt nel tentativo, tra l'altro, di integrare nella società americana artisti e intellettuali attratti in quell'epoca dal comunismo, e comunque anche per conscn lire loro di campare in quei tempi di disastro economico e di New Deal. Pollock fa il portinaio, il falegname, il giardiniere, e gli capita di ru bare legumi nei mercati. Ta diurno. Umido, dolce, Poi lock diventa loquace e talvol ta violento quando beve. Accade spesso. Per contenere l'alcolismo ricorre alla psicoanalisi (junghiana), includendo nella terapia la pittura. Subisce l'influenza dei grandi messicani, Orozco e Siqueiros, cerca come loro un'arte popolare, vuole rivolgersi alle masse. Legge Partisan e è un crosso», ma più die alla politica sembra tendere a qualcosa di sacro. A Los Angeles, a sedici anni, un professore lo ha iniziato alla teosofia, che ammette la possibilità di una conoscenza diretta, esoterica della divinità, concepita panteisticamente, e all'insegnamento di Krisnamurti. E, alla morte, nella sua biblioteca si troveranno molti libri sull'arte religiosa e sulla religione. Uno dei suoi ultimi grandi progetti sarà di decorare una chiesa, e per giustificare la tecnica del dripping (da to drip. gocciotare, colare) indicherà gli indiani Navajos, la loro pittura sulla sabbia, eseguita come un rito religioso, che ha scoperto Sa ragazzo, in Arizona. Ma non siamo ancora ai Dripping. La mostra di Praubourg segue disciplinatamente minerario di Pollock, entusiasmante ma angoscioso, e la grande si>olta è lontana. A New York, il Moina (Museum of Modem Ari) ospita nel '39 Ouernica, insieme con la collezione privata di Picasso, e a Manhattan arrivano i primi pittori europei, emigrati di guerra, tra i quali ci sono i surrealisti, che espongono da Peggy Guggenhdm, mecenate sobria e intelligente di Pollock. Sotto la loro influenza (li conosce personalmente, dopo avere scoperto le loro opere sulle riviste d'arte) Pollock si scrolla di dosso il regionalismo americano e l'ispirazione indiana, e segue la corrente dell'arte moderna ancorala alla cultura mitologica dell'Occidente. In Pasiphae e SheWolf e altri quadri, si scoprono le tracce di Mirò, Ernst, Masson, Picasso... La lista è lunga. Ma affiora sempre dalle tele di Pollock la volontà, non ancora esplosiva, di emanciparsi dall'eredità europea o meglio di stabilire un nuovo rapporto tra le due sponde dell'A tlantico. E' nella quarta sala della mostra di Beaubourg che si celebra, trionfalmente, e anche in modo mistico, la liberazione della pittura americana dal «giogo» del Vecchio Continente, avvenuta tra il '47e il '50, grazie al pittore del Middle West, nato nella terra dei cow-boys. Ed è la prima volta — e forse l'ultima — die si possono vedere insieme i grandi Dripping: sulla parete Nord, Number 32 («con le sue linee scure che scolpiscono il vuoto»/ sulla parete Est, One: Number 31 («un ansimare che scandisce una violenza da foresta vergine-A sulla parete Oivsl. Autunni Rhythm (-sinuosità folgoranti: un tumulto pietrificato»/ sulla parete Sud. Lavender Mist ("in cui 1 colori si diluiscono, si attenuano, fino a diventare respiro e tenerezza»/ Queste didascalie tra parentesi sono dell'enfatico ma preciso Francc Huscr. Lavender Misi (Bruma di lavanda), pagato quasi due miliardi di lire, è stato prestato eccezionalmente, perché fragile, dalla National Gallery di Washington, Autunni Rhythm non era mai usdto, e si dice che non uscirà mal più, dal Metropolitan di New York, Number 32 è stato concesso, con dolorosa generosità, dal Museo di Dusseldorf. Il risultato di tutte queste concessioni sofferte ed eccezioni pubblicizzate è per la verità eccezionale. Su quelle pareti c'è il meglio della produzione di quei tre fatidici anni in citi, come scrive Michael Brenson, e come tanti altri americani hanno scritto prima di lui, a volte in preda all'euforia della rivincita, a uno straripante nazionalismo, «la sede del potere artistico si è spostata dalla Francia agli Stati Uniti». Pollock compie nel triennio magico l'impresa con quella che Rosenberg ha chiamato «action painting». Ricordando, appunto, le pitture sulla sabbia degli indiani Navajos, egli getta pennello e cavalletto, stende la tela per terra, vi fa gocciolare, colare, schizzare la pittura Duco, quella che si usa per verniciare le automobili, attraverso buchi di diverso calibro fatti sul fondo di un barattolo. A volte si aiuta con un bastone o un coltello. Gli capita di usare una siringa. Tutto il suo corpo partecipa al rito della creazione. Il film di Hans Namuth. che viene proiettato ininterrottamente all'ingresso della mostra parigina, è un documentochiave. Non c'è soltanto magia e dramma, nella sala incantata dei grandi Dripping. C'è anche ironia, l'ironia dell'Ovest americano. Gli antl-spazi e le anti-composizioni, che si stendono senza principio né fine, evocano due personaggi leggendari: il poveraccio e il cow-boy. Lo dice Brenson, che nelle opere del compatriota scorge pure, con ragione, «una generosità e una fede particolari». L'epopea dura tre anni. Pài nel 'SI Pollock ritorna alla figuia e al pennello. Rimette le tele sul cavalletto, non le stende più per terra. Sembra un ripiegamento sull'estetica. I Dripping sfiorano il decorativo tanto le loro cadenze sono ripetitive. In alcuni avviene qualcosa di miracoloso, di imprevedibile. Ma il pittore deve continuare a dipingere e il periodo magico è finito. Pollock compie variazioni, splendide, su Picasso, su Ma- tisse. Ma dopo avere gustato l'ebrezza dell'anti-spazio si sente prigioniero, tragicamente imprigionato; per questo, quando nell'agosto del 56 fu trovato schiacciato nell'automobile finita contro un albero, sulla strada die da East Hampton va a Manliattan, sorse subilo il sospetto, logico più che legittimo, che la morte non fosse stata accidentale. Bernardo Valli New York 1950: Pollock prepara un «dripping», rifacendosi alle tecniche degli indiani Navajos