Un prete polacco uccide il falso traditore ma col film di Rozewicz si irrita Sanremo
Un prete polacco uccide il falso traditore ma col film di Rozewicz si irrita Sanremo Alla Mostra del film d'autore l'atteso «Lince» suscita discussioni e ingenuo dissenso Un prete polacco uccide il falso traditore ma col film di Rozewicz si irrita Sanremo DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE SANREMO — Che cosa accade quando un film polacco arriva in Italia col suo regista, la prima volta dopo l'avvento dei militari al potere? Accade che il film e l'evento sono caricati anche di un significato politico, perclié si conosce llnclinazione dei polacchi ai simboli e l'ostinazione a perseguire diagnosi su se stessi, intesi come mondo. Se poi il film in arrivo è una metafora sulla violenza, un dibattito sul bene e sul male scatta la trappola delle curiosità legittime. Come ci si comporta col male? Se poi la metafora è anche ambigua, e[in patte mal riuscita, ci si domanda (incontentàbili) se l'ambiguità non sia la cifra che ha consentito la sopravvivenza del messaggio nascosto. Rys,(-Lince-) di Stanislaw Rozewicz è stato prodotto l'anno scorso in regime di Solidarietà, è arrivato alla Mostra del film d'autore (inaugurata a Sanremo giovedì) come prodotto ufficiale del dopoSolidarietà nella stagione dei festival. Era atteso anche perì questa qualità di portaban-\ diera: dopo il naturale -esiliodi Wajda e Zanussi, il regista Rozewicz, 58 anni, buona cultura letteraria, lunga attività (ultimi film segnalati Le foglie sono cadute dagli alberi e Passione nel 77) si trova in prima fila tra gli artisti -che rimangono-. Disagio da una parte (il regista), ingenuità dall'altra (il pubblico), dibattito quasi impossibile: «Parliamo lingue diverse». Ma Rozewicz non è stato aiutato dal film, la prima confusione l'ha provocata lui, galleggiando nervosamente sulla Storia. Lince è tratto da un racconto di Jaroslav Jwar szkiewicz (lo stesso scrittore che aveva fornito spunto a Madre Giovanna degli Angeli di Kawalerowicz) ed è interpretato dal protagonista deliUomo di marmo (cominciamo bene). Durante la seconda guerra mondiale, ti prete di un villaggio polacco occupato dai nazisti riceve la visita di un ragazzo venuto dalla foresta: vuole essere assolto in anticipo, vuole la sicurezza di far bene. I capi della resistenza gli hanno ordinato di uccidere un falegname del paese, che collabora con i tedeschi; non è peccato ammazzare un traditore in guerra. Il prete è preso tra due angosce, tra la legge di Cristo e quella degli uomini. Decide di compiere lui l'esecuzione per salvare l'anima del ragazzo; ma quando s'accorge che il falegname è innocente spara contro l'immagine del gioitane carnefice e contro il crocefisso. Poi fugge nella foresta. Il dibattito con l'autore è stato aggressivo. Primo spettatore: «Se lei dice che un partigiano poteva rappresentare il male contro 1 nazisti io me ne vado per protesta». Secondo spettatore; -Perché non ammettere che i partigiani sono l'invasione ideologica comunista, uguale e contrarla di quella nazista?». Terzo spettatore: «Il prete non è forse 11 popolo cattolico polacco che si rivolta perfino a Cristo?». Inutili le richieste dell'autore di essere meno letterali, più sensibili alla metafora esistenziale. Certo, il male è difficile da riconoscere, esso fa parte di noi e la violenza lo esalta. Ma come è faticoso spiegarlo per un regista polacco che non abbia il dono della chiarezza e il favore dell'occasione. stefano Reggiani
Persone citate: Cristo, Jaroslav Jwar, Kawalerowicz, Madre Giovanna, Stanislaw Rozewicz, Wajda, Zanussi
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