Ritrovare Jemolo laico esemplare

Ritrovare Jemolo laico esemplare DUE LIBRI, UNA PROPOSTA Ritrovare Jemolo laico esemplare La laiciti. E' il titolo di un libro che esce, oltre vent'anni fa, nelle collezioni sobrie e distaccate delle «Prcsscs universitaires de France» (con copertine un po' latcrziane, un po' crociane vecchio stile): raccolta di un seminario internazionale di studi che il Centro di scienze politiche di Nizza, collegato all'Istituto di studi giuridici dell'università di Aix-enProvcnce, aveva organizzato nei primi mesi del I960. Uno sguardo sulla laicità, non solo in Francia ma in tutto il mondo; una specie di spaccato internazionale dei movimenti laicisti dall'Enciclopedia ai giorni nostri, attraverso l'indagine rigorosa, analitica, minuziosa delle legislazioni laiche dei vari Stati dell'America Latina, dell'Amerio» settentrionale, del continente europeo. Tutto in stile francese, cioè ancora positivistico, documentario, filologico, un po' notarile senza nessun passaggio nelle formule di quell'idealismo storicista con cui Benedetto Croce cambicrà i termini e i moduli della storiografia italiana. Per l'Europa, in quel seminario, erano stati scelti quattro soli Paesi, quasi Paesi-campione: il Belgio, con l'intreccio fra questione nazionale e questione cattolica risolto in sapienti, armoniosi e quasi connaturati equilibri; la Polonia, con la mescolanza dei titoli di identità nazionale e di identità religiosa sempre prolungatisi nel corso della storia, al di là degli stessi assetti statuali; la Svizzera, col quadro mirabile di tolleranza interconfessionale derivato dalle più aspre forme di intolleranza; l'Italia, cui i francesi guardano sempre, in materia, come il Paese ospitante la sede apostolica, come la nazione sospesa fra papato e idealità nazionale. La voce sul laicismo in Italia fu redatta, per il simposio di Nizza e per il conseguente suggestivo volume, da Arturo Carlo Jemolo, alla fine degli Anni Cinquanta. E' uno studio, di-insieme di una quarantina di pagine dove la penetrazione del critico si unisce alla capacità semplificatrice del docente, dove intuizioni originalissime si mescolano con schemi quasi didascalici, secondo l'abitudine sempre dominante nel nostro vecchio e grande amico. Jemolo non si preoccupò di far tradurre quelle pagine in italiano: era di una prodigalità somma, di una generosità senza limite, pari solo all'immensità della scienza, e della cultura. Fra l'altro quello scritto risente, in certe asprezze, in certi giudizi impennati e taglienti, dell'unico periodo di militanza politica in cui Jemolo si sia prodigato anche come candidato alle elezioni: quelle del blocco radicale-repubblicano del 1938, allorché lo storico di Stato e Chiesa aveva aderito alle liste del minuscolo c stimolante partito radicale emerso dalla scissione del Mordo di Pannunzio, si era trovato combattere insieme lo storico partito dcll'edei», aveva condiviso — lui cattolico liberale — gli empiti, gli slan ci, le passioni dell'unico giacobinismo italiano, quello eredi tato dal partito dazione (di cui gli uomini migliori si ri trovavano nelle file miste di quel piccolo blocco laico: da Ugo La Malfa a Guido Calogero). Laico? Varrebbe la pena di raccogliere tutti gli scritti di Jemolo dove sia espresso un qualche giudizio sulla laicità o sul laicismo. In questo studio dedicato a un pubblico internazionale Jemolo parte, per inquadrare il termine laico, dal Gwassarium mediae et injimae latinitatis del Ehi Cangc che chiarisce la genesi, singolare e rivelatrice, della parola «laico» come «appartenente al popolo profano» (il termine deriva dal greco laas, cioè popolo, e come tale fu recepito dal latino tardo, lai cui). Come è noto laico indica chi non fa parte dello stato ecclesiastico, caratterizza per tutto il Medioevo la contrapposizione fra chiericato e laicato. Ma la citazione scelta da Jemolo è ancora più stringente e limitativa, ".-lieo equivale a lapideo, perché ^duro ed estraneo alla scienza», «opposto ai giudici e ai giuria» -ulti che non pud salire ai gradi più alti», e ancora «illetterato i incolto». «Fu necessaria una buona dose di libertà e di spirito per accettare un termine come quello di laico, annotava Jemolo, senza preoccuparsi di quanto esso si¬ g gnificasse o avesse significato». Solo l'agile genio di Voltaire poteva coniare la formula del «missionario laicn». E* con l'Ottocento post-illuminista e post-rivoluzionario, e solo limitatamente all'area latina ed europea, che il termine «laico» genera l'espressione «laicismo», quella che si identificherà con tutto un certo filone dell'anticlericalismo e del razionalismo avanzato. Il mondo anglosassone, lontano dai grandi tr?v?gli di fede destinati a percorrere l'Europa continentale, non conosce quasi la parola «laicismo» che potrebbe essere piuttosto tradotta, per approssimazione, col termine secularism, indicante lo stesso contenuto, il processo di secolarizzazione della società civile, la distinzione fra religione e politica, l'autonomia degli organi del potete pubblico da ogni ipoteca confessionale, da ogni Chiesa o culto di Stato (il primo presidente «secolare» del governo della Repubblica italiana mi chiamò un giornale inglese, nel giugno 1981, dopo l'incarico ricevuto dal presidente Peróni). Ecco le ragioni di fondo che mi hanno spinto a riparare la lacuna e la distrazione del vecchio amico, traduccndo e f«t'esentando, per i lettori itaiani, questa Geografia della laicità in Italia nel fascicolo che sta per uscire della Nuova antologia. Contemporaneamente a questo rinnovato omaggio alla memoria di Jemolo (un omaggio che si unisce alla riedizione accresciuta del volume Questa Repubblica, tutto intessuto di articoli della Stampa), un gruppo di amici dell'Università di Roma ci presenta un volume collettanco dello studioso, che fu tanto caro ai lettori di questo quotidiano. Tra diritto e storia 1960-1980, a cura della facoltà di giurisprudenza dell'Università di Roma per dei ì tipi di Giuffrè (l'editore trattati di diritto ecclesiastico e di diritto matrimoniale che sono passati attraverso tre generazioni). E un volume di circa seicento pagine che raccoglie in ordine cronologico una serie di scritti di Jemolo: preceduti da una prefazione che ha quattro firme, Pietro Gismondi, Luigi De Luca, Lorenzo Spinelli, Domenico Barillaro. In materia di antologie la penso come Croce: è sempre meglio che ci sia un solo autore. I quattro studiosi, tutti singolarmente eminenti (e uno Gismondi, vecchio amico), hanno compiuto o promosso un lavoro di équipe che nei risultati finisce per mancare di unicità e di coesione Un rilievo-base. Con la vastità di scritti di Jemolo non raccolti in volume, fra quelli nei quotidiani, nelle riviste giuridiche o storiche, nelle pubblicazioni minori, il primo fondamentale compito degli amici o continuatori della sua linea deve essere quello di organizzare tutta la raccolta dei suoi scritti appunto non classificati. L'errore più grave di questa antologia e di mescolare scritti già comparsi in volu mi (e volumi anche diffusi e ristampati), con scritti tratti da periodici, alcuni dei quali introvabili. E senza un ordine logico. E senza neanche il sussidio di un indice dei nomi. Qualche esempio. 11 saggio su «Manzoni cattolico liberale», che Jemolo scrisse per me una diecina di anni fa, e entrato — capitolo fondamentale — nel volume // dramma di Manzoni che ha avuto tre edizioni e che è in commercio. Lo scritto sulla Costituzione, «Difetti modifiche e integrazioni», apre il volume Questa Repubblica. Il capitolo sui «grandi» è inserito in un'opera sempre fondamentale per la ricostruzione autobiografica di Jemolo, Anni di prova. C'è addirittura un articolo della Stampa, uno solo, che viene ripreso dal libro Gli uomini e la storia, una silloge che lo studioso scomparso curò negli ultimissimi anni della sua vita. La cultura italiana è troppo povera per permettersi simili lussi. Perche non pensare a raccogliere tutti gli scritti dispersi, e dimenticati, di Jemolo — e sono tanti — prima di svolgere ulteriori iniziative celebrative? Sarebbe il migliore omaggio che noi potremmo rendere a quel «laico» esemplare: laico come ricercatore infaticabile della verità, nella meditazione, nella sofferenza, nel distacco dagli onori mondani. Guadino del «popolo di Dio»: sem>rc alla ricerca di quel Dio che noi. Giovanni Spadolini prc ; e in i