E' tornato il Ludus Danielis così dotto e popolaresco

E' tornato il Ludus Danielis così dotto e popolaresco Il dramma liturgico in S. Domenico per la Stefano Tempia E' tornato il Ludus Danielis così dotto e popolaresco TORINO — Molto opportunamente l'Accademia Corale •Stefano Tempia» ha ripreso un concerto diretto nove anni or sono da don Bellone al Conservatorio, e ha portato il Ludus Danieli», dramma liturgico del XII secolo, nella chiesa romanica di San Domenico che, per un colmo di civetteria filologica, è press'a poco coetanea del dramma stesso. E' stata usata la versione di don Piero Damilano, emerito studioso di sequenze e tropi, che rispetto alla trascrizione procurata nel secolo scorso dal Cousse maker propone una sagace interpretazione ritmica per le melodie, diastematicamente chiare, del manoscritto conservato al Britìsh Museum. Ne risulta, cosi, convincente l'identità, che sta tra un tono dotto ed elevato, di sequenza del gregoriano tardivo, ed un tono quasi popolaresco, di natura profana e trovlerlstica, non trovadorica. (Beauvais, nella cui cattedrale sorse il Ludus Danielis, è nel Nord della Francia, e le poche Inserzioni di lingua volgare che curiosamente oc¬ chieggiano qua e là nel testo latino, sono in lingua d'off, non in lingua d'oc). Sembra di comprendere che il tono elevato, da sequenza gregoriana, è riservato alle parti nobili e solenni, come Invocazioni, preghiere, appa- rizioni di maestà regale, e quello popolaresco e profano alle parti narrative. In genere, poi, il tono alto sta negli incipit, negli inizi d'ogni tirata, che poi scivola quasi irresistibilmente verso un andamento melodico più confidenziale, con pronunciata affermazione della tonica, com'era i jo dei trovieri. Per la presentazione di questo poemetto drammatico, in bilico tra l'ingenuo desiderio di «vedere» in concreta rappresentazione 1 fatti narrati nella Storia sacra, e un'altrettanto ingenua intenzione di propaganda confessionale, l'Accademia Stefano Tempia ha messo in opera molte forze, a cominciare dal suo coro, che qui canta naturalmente all'unisono, guidato dal maestro Ettore Moscatelli, e sotto la direzione generale di Alberto Peyretti, che coordina, anche i parchi, non arbitrari interventi strumentali (flauti diritti, una meravigliosa tromba lunga un paio di metri, viola da gamba, percussione, oltre naturalmente all'organo, un piccolo struniehto antico di proprietà privata). Per le parti vocali, una distribuzione di tutto rispetto, con artisti sperimentati come Carmen Vllalta, Gastone Sarti e Carlo De Bortoli a dividersi le parti solistiche della Regina e dell'Angelo, di Daniele, e del Re e del profeta Abacuc. Ma per rendere la vicenda percepibile a un pubblico che col latino non ha più la dimestichezza del secolo XII, il testo è stato sottoposto ad un'accorta «revisione e drammatizzazione» da O. Buridan. che ha fatto recitare in italiano il racconto dei fatti (narratore Mario Brusa) e i dialoghi o le tirate di quattro personaggi (Daniele: Renzo Lori; il Re: Franco Vaccoro; la Regina: Enza Giovine; uno degli Emuli: Bruno Prigerio). Si dovrà alla regia di Massimo Scaglione che riuscisse appropriata la recitazione di questi attori del Teatro delle Dieci, incedenti in costume con lente parodos e exodos davanti allo spazio dell'altare, occupato dal coro, e che tutta la realizzazione In forma rappresentativa a cura di A. Peyretti abbia dato luogo a uno spettacolo suggestivo ed aàtplauditissimo. m

Luoghi citati: Francia, Torino