Immigrazione allo specchio di Renato Rizzo
Immigrazione allo specchio Come sono cambiati in 20 anni i rapporti tra torinesi e meridionali Immigrazione allo specchio Una ricerca della Fondazione Agnelli sulle lettere alla nostra rubrica dal 1961 al 1981 I toni accesi dei primi tempi si sono stemperati in una pacatezza che sa di comprensione, di inserimento o anche, come qualcuno ipotizza, di reciproca indifferenza Sullo «Specchio» c'è la polvere del tempo che è trascorso con 1 suoi giorni a tessere la cronaca della nostra vita in questa città. Ma basta un soffio a sollevare questa polvere, basta un battito d'occhi e le Immagini lontane rimbalzano ancora nitide e precise, restituiscono al nostro ricordo le speranze, le delusioni, le preoccupazioni, I problemi, gli errori, le incertezze, le gioie e i dolori di quegli anni difficili. Specchio del «come eravamo' che diventa realtà del «come siamo» attraverso lo scandire d'un* lungo epistolario con 11 giornale: quasi sempre dialogo, a volte (purtroppo, o per fortuna) soliloquio. La sezione, dedicata dalla Fondazione Agnelli, nell'ambito della mostra «Integrato, metropolitano», a 20 anni di lettere su Specchio dei tempi sul nodo dell'Immigrazione, propone un discorso costante dove 1. toni accesi degli Anni 60 si stemperano, a mano a mano che ci si avvicina all'oggi. In una pacatezza che sa di comprensione, di Inserimento avvenuto, o, forse, di reciproca indifferenza. Una piccola storia quotidiana Intrisa, a volte, come in questa lettera del 19 maggio '61, di impotente disperazione: «Sono meridionale, madre di tre bambini. Vorrei fare un appello al signor sindaco affinché dia il permesso di mettere un secondo banco di polli e conigli sul mercato di piazza Borromini. Quello che c'è vende la roba molto cara e, a noi meridionali, ci disprezzo e non vuole servirci. Dice: «Vd al paese tuo che non hai soldi: Il dramma della casa che, oggi, è legge quasi uguale per tutti. In quegli anni per la gente del Sud era legge «più uguale> che per altri: 'Appena il proprietario o la portinata si accorge che siamo meridionali, e per di più, con 5 figli ammalati e denutriti, rifiutano di darci la camera o l'alloggio» dice una lettera del 28 maggio '61. Ed 11 primo giugno, tagliente risposta Intrisa di ipocrisia: «Siamo tutti figli di Dio, tutti italiani, ma con la grande differenza che se un giorno succedesse che noi settentrionali dovessimo trasferirci in meridione, le nostre famiglie avrebbero pochissimi componenti e non si troverebbero neanche a pagarli a peso d'oro genitori di 22 e 25 anni con cinque figli ammalati e denutriti. Un giorno Dio giudicherà se slamo più peccatori noi che ne mettiamo pochi al mondo e diamo loro tutto il necessario ò voi che li mettete in filacome fosseropagnotte». Luogo di nascita come marchio d'infamia. Agosto '61: « Vivo a Torino da 10 anni, lavoro, sono stimato da tutti. Ho conosciuto una. ragazza e vorrei sposarla, ma i suoi non vogliono perché sono meridionale essendo di Chieti, che, poi, non trovasi tanto giù». Le due facce della stessa medaglia In due lettere dell'agosto e del novembre di quest'anno: 'Che pena e che vergogna — scrive un meridionale — i maggiori e più numerosi delitti sono compiuti in Alta Italia da miei compaesani meridionali»; -E le migliaia di altri meridionali — osserva 11 secondo lettore — che sono giunti a Torino armati solo di buona volontà e si sono rimboccati le maniche?». 'Quando Dio creò l'uomo e la donna — osserva una lettera del maggio '62 — non mise limite al numero del figli. I bambini sono i gioielli più belli dell'universo anche se sono straccioncelli. Il vento del Sud porta la.primavera». Risponde due giorni dopo 11 «Vento del Nord»: Siamo noi, però, ad alimentare, da un secolo, là sorridente sona straripante di gioielli». ' Due culture che camminano parallele senza riuscire a fondersi: c'è una rovente lettera contro una donna che ha allattato In tram 11 suo bimbo e l'altrettanto rovente risposta d'una 'mamma di Lecce» che si scaglia contro 11 'duro cuore dei settentrionali»: Quella persona avrebbe dovuto pensare all'immagine della Madonna davanti a quella scena». Un torinese «autentico» scrive nel maggio del '62 per segnalare lo stato d'animo del suoi «amici meridionali,.: «A. Torino, mentre si attendava l'esito delle ricerche dell'as-, sàssinó della signora Albera, essi èrano angosciati "perché —dicevano — se quell'assassi-. no è un meridionale, ancora una volta dovremo sentirci umiliati".. Amari sfoghi, tasselli d'un mosaico di reciproche incomprensioni; voci di *napull», voci di -alti italiani», spesso urli come quello che si leva da una lettera dell'ottobre '80 (!) e che sembra venire da Harlem: «La pelle di Dio non ha colore». A commento di questa sezione della mostra dedicata a quattro lustri di lettere sul problema dell'Immigrazione. 1 curatori annotano:«Si ha l'impressione che il mugugno, oggi, si sia attenuato, ma non sta stato sostituito dal dialogo»: è un modo di «leggere» queste lettere, una Interpretazione che parte dall'ipotesi che a Torino «esistano due società parallele le quali, se non hanno più moltissimi motivi d'urto, non hanno nemmeno molti momenti di contatto». Due. dieci, cento città a Torino? Due, dieci, cento anime ed altrettante culture? Difficile dare una risposta: è sempre stato arduo, per 1 contemporanei, riuscire a fare un'obiettiva e decantata storia di se stessi. Renato Rizzo Porta Nuova: s'inizia qui il vero viaggio
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