Savasta ed i pentiti del processo Dozier «Il terrorismo non ha più un programma» di Giuliano Marchesini

Savasta ed i pentiti del processo Dozier «Il terrorismo non ha più un programma» In un documento affermano di essere stati anche loro sottoposti a maltrattamenti dopo l'arresto Savasta ed i pentiti del processo Dozier «Il terrorismo non ha più un programma» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE VERONA — I «carcerieri» del generale Dozier che si sono dissociati dal partito armato hanno firmato un documento, mentre il processo per il sequestro dell'alto ufficiale della Nato va avanti con le arringhe del difensori. In poco più di cinque pagine, Antonio Savasta, Emanuela Frascella, Emilia Libera e Giovanni Ciucci precisano i motivi del loro pentimento e parlano tra l'altro di «torture». «Queste sono poche righe di chiarimento — scrivono 1 quattro brigatisti — sulla nostra posizione, che pensiamo abbastanza nuova e diversa rispetto ad analoghe situazioni fino ad oggi verificatesi. Ci interessa ribadire con tutta la forza possibile che la nostra dissociazione è stata un fatto autonomo, frutto di lunghe riflessioni e di travaglio politico. Il nostro non è un cambiamento di campo: ancora adesso non pensiamo assolutamente che le contraddizioni che ci avevano convinti ad impugnare le armi oggi siano risolte. Il nostro vuole essere un ripensamento su un programma rivoluzionario che si è dimostrato infondato e irrealizzabile, un punto di partenza per la ricerca di nuovi strumenti e la costruzione di nuove prospettive politiche uscendo dalla logica schematica della lotta armata. Per questo ci sembra importante chiarire qual è stato il processo che ci portati alle nostre attuali posizioni». Savasta, la Frascella, la Libera e Ciucci dicono che la conclusione della campagna delle Brigate rosse sulla Nato, con la liberazione di Dozier e il fallimento delle altre azioni, ha contribuito a farli «riflettere». *Non perché ha coinciso con la nostra cattura, ma perché in questo fatto si sono concretizzati e hanno trovato sbocco negativamente i problemi politici che le Br avevano». Aggiungono che per loro è cominciata da quel momento una riflessione politica «sui fatti nuovi che la sconfitta aveva evidenziato», che questa riflessione non è stata né semplice né brev-i. 'Non ci sono stati, comunque, né rese immediate né patteggiamenti, o trattamenti di favore nei nostri confronti». Ed ecco un primo accenno a «maltrattamenti»: «Il trattamento riservatoci dopo l'arresto è stato per noi tutti Identico a quello che tanti altri compagni hanno denunciato». Nel motivare la loro decisione, i quattro brigatisti fanno anche riferimento a quel movimenti che hanno Interpretato la lotta armata come «una deviazione nemica a quella stessa comunità proletaria». Più avanti, però, sostengono che c'è una tendenza che 'facendosi rappresentativa degli interessi delle l'arie consorterie ormai da tren- tacinque anni al potere» tenta di risolvere militarmente certe contraddizioni. E riaprono il discorso sulla tortura, «come fenomeno massificato» («Alcuni'esempi già si sono avuti nei pestaggi in alcune carceri»). Oggi — affermano — esce come una verità abbagliante. E' inutile negarlo, tutti i militanti delle Br, e non solo loro, pmsdsIssdhanno provato la tortura, da l'èPetrella e Di Rocco in poi. Ma 'danefte questa scelta è stata a lungo incubata. E' inutile in- iqdignarst sulla tortura, quello jche va abolito è il presupposto Iche permette qualsiasi arbi-1 co e l'applicazione scientifi- [ca della tortura, come scelta | politica. E' inutile girarci intorno: il problema è il fermo I di polizia. Quattro lunghissimi giorni che sembrano secoli, ette non ti fanno restare den- tro neanche la dignità di di sprezzare chi ti ha torturato, ! che hanno un fine ben più am- bilioso delle informazioni im- ' mediate estorte, poiché perse-1 guano l'annientamento delta {tua identità polìtica. Einutile parlare dei metodi tecnici con cui $t giunge a tutto questo». I quattro «pentiti» dicono che la riflessione politica che i propongono «vuote essere uno strumento per la comprensione di questo problema». E chiudono 11 loro documento affermando che 11 terrorismo è ormai incapace di uno «straccio di programma politico». «Oggi, e questo fa parte dell'autocritica, ci si rende conto di aver messo in moto una macchina, e proprio come puri atn>enturtsti, rappresentanti del più infantile estremismo. Se non ci si ferma ora, stritolerà chiunque». Il processo per 11 rapimento del generale Dozier, Intanto, si avvia alle battute finali. OH Interventi dei difensori si svolgono su due fronti: quello sul quale sono schierati i brigatisti che si sono dissociati dalla lotta armata, per 1 quali 'è questione di applicazione della legge Cosslga sul terro rlstl pentiti, di attenuanti, e quello che raggruppa gli imPUtatl latitanti, del quali si contestano 1 riconoscimenti attraverso le foto segnaletiche Giuliano Marchesini Eili Lib Emilia Libera Antonio Savasta

Luoghi citati: Emilia, Verona