Marche, terra d'eversione? di Clemente Granata
Marche, terra d'eversione? II ruolo della regione nella strategia Br nel processo che comincia domani Marche, terra d'eversione? Patrìzio Peci e altri quattro presunti terroristi in assise per l'assalto alla Confapi di Ancona nell'ottobre 1976 - Rinviato invece a nuovo ruolo un altro dibattimento dopo l'accusa di Savasta a uno dei sette imputati, Gidoni, di aver importato un carico d'armi DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ANCONA — La decifrazione del «mistero Marche», l'Individuazione cioè dell'esatto ruolo svolto da questa terra nella storia dell'eversione armata sullo sfondo di tragiche morti come quella di Roberto Peci richiede ancora altre indagini, altre attese, tempi lunghi. La Corte d'assise ha rinviato a nuovo ruolo 11 processo per associazione sovversiva contro sette presunti componenti di quel «comitato marchigiano» che, secondo l'accusa, sembrava collocarsi a mezza strada tra lo spontaneismo pararivoluzionario e l'istituzione militar-criminale delle Brigate rosse. n rinvio si è reso necessario perché uno del componenti 11 gruppo, il giovane psichiatra Massimo Gidoni, fu chiamato in causa nel febbraio scorso dal pentito Savasta, il quale disse agli inquirenti: «Gidoni sul suo natante "Papago" trasportava da Cipro a Venezia carichi d'armi per le Br». Di qui il nuovo arresto dello psichiatra per partecipazione a banda armata e la necessita, di un'ulteriore istruttoria. E siccome la posizione dell'imputato è strettamente collegata a quella dei suoi amici marchigiani, da Tommaso Liveranl a Sabina Pellegrini, da Lucia Reggiani a Marina Muzzi ad altri ancora, ecco il rinvio per tutu del dibattimento in attesa che siano definite le nuove indagini istruttorie, mentre si annunciano altri mandati di cattura, primo tra tutti quello contro Tommaso Liverani, che però non è stato trovato dalle forze dell'ordine nella sua abitazione di Falconara. Potrà iniziarsi Invece domani, mercoledì, dopo la concessione alla difesa di un ter mine di due giorni, un secon do dibattimento fissato davanti alla stessa Corte d'assise in concomitanza con quello contro il comitato marchigiano, 11 dibattimento per l'assai to alla Confapi di Ancona (ottobre 1976, impiegati aggredì' ti, furto di documenti): imputati personaggi noti o notissimi delle tragiche pagine del terrorismo, da Patrizio Peci, che forse sarà presente, a Lauro Azzolini, da Giovanni Lucarelli a Caterina e Claudio Pi un ti (imputato in un primo tempo e poi prosciolto anche Roberto Peci, assassinato dalle Br l'estate scorsa a Roma). Ma costoro, soprattutto 1 primi tre, sono personaggi legati alle Marche da un evento occasionale quale la nascita, allo stesso modo di Mario Moretti Non hanno operato qui in modo continuativo e sistematica Sicché l'interesse maggiore rimane legato al primo dibattimento, quello contro il «comitato marchigiano». Ed è mosso soprattutto da questo interesse che ieri si 6 presentato In Corte d'assise un pubblico folto. In un'aula dalle dimensioni ridottissime, situata nella parte nuova della città costruita dopo 11 terremoto. Imputati a ridosso del giudici e degli avvocati, giornalisti e pubblico a ridosso degli imputati, con controlli da parte delle forze dell'ordine forse un po' trop¬ po approssimativi, si sono riproposti 1 dubbi, gli interrogativi che da poco più di un lustro si affacciano qui. Le Marche, terra di eversione? Eppure l'immagine più volte tratteggiata di questa regione, un tessuto di piccole e medie aziende capaci di resistere agli urti della crisi economica, un modello di sviluppo al quale da molte parti si guarda con ammirazione e un pizzico di invidia, l'assenza di rilevanti tensioni sociali, di traumi e lacerazioni che possano fornire alle manovre eversive una qualche forma di legittimazione ancorché perversa, quest'immagine rispondente a dati concreti e reali sembra collocarsi agli antipodi di quella che 1 terroristi della propaganda delineano come ideale punto di riferimento del loro delitti. Il che sarebbe stato confermato dallo stesso Patrizio Peci, il quale nel racconto fatto all'atto della sua dissociazione avrebbe definito la regione poco adatta a scopi eversivi. Quali le ragioni allora dell'esistenza di un gruppo che si firmava 'Comitato marchigiano per il comunismo. Brigate rosse»? Nessuna ragione sostanziale per chi ad Ancona come in altri centri della regione è sceso in campo difendendo, dal punto di vista politico, 1 personaggi — Massimo Gidoni in testa—che secondo gli inquirenti avrebbero fatto parte di quel gruppetto: medici e insegnanti assistenti sociali e addetti al servizio alberghiero. SI costituì anzi un comitato capeggiato da docenti universitari per la difesa degli imputati e per la salvaguardia di garanzie costituzionali che, a detta degli interessati, avrebbero corso il rischio di essere pregiudicate. E in un primo tempo in effetti le ragioni dei difensori parvero prendere il sopravvento, posto che 11 giudice istruttore prosciolse i sospettati e che il Tar reintegrò Gidoni nel suo incarico ai servizi territoriali della Provincia di Ancona. Ma ci fu l'intervento della sezione istruttoria, ci furono nuove indagini, nuove accuse di associazione sovversiva e ieri l'udienza di un processo in assise poi rinviato in attesa che la posizione di Gidoni sia ulteriormente precisata. Gli Inquirenti affermano di aver raccolto elementi sicuri contro 1 presunti componenti del «comitato marchigiano». E c'è anche chi sostiene che forse sono stati individuati la ragion d'essere del comitato, 11 ruolo delle Marche nella strategia eversiva: il ruolo di base logistica nella trama del terrorismo. Le Marche, terra tranquilla, poco adatte a prospettive rivoluzionarie, avrebbero potuto offrire concreti punti d'appoggio, di copertura, alle azioni delittuose che si sarebbero svolte altrove. Le Marche anche crocevia dell'eversione. L'immagine di un Gidoni che. se è vera l'accusa di Savasta, naviga carico d'armi da Cipro a Venezia via Ancona potrebbe suffragare, queste ipotesi. Clemente Granata
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