Le votazioni cantonali francesi inquinate da un «giallo» che sta spaccando in due il Paese di Clemente Granata

Le votazioni cantonali francesi inquinate da un «giallo» che sta spaccando in due il Paese Le votazioni cantonali francesi inquinate da un «giallo» che sta spaccando in due il Paese Un suicidio scomodo per Mitterrand Il 4 marzo si è ucciso René Lucet, 38 anni, direttore dell'Istituto previdenziale di Marsiglia - Noto per la sua efficienza, era stato silurato dal ministro socialista signora Questiaux - «Perché legato alla presidenza Giscard», dicono i suoi difensori - «Perché era un despota assetato di potere», rispondono i detrattori • La destra cavalca la tesi della «vittima dell'ingiustizia politica» ; DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MARSIGLIA — C*è il suicidio di un uomo che suscita laceranti polemiche e paure. Un suicidio che rischia di spaccare in due Marsiglia e la Francia. René Lucet, 38 anni, brillante ed efficiente direttore della cassa centrale dell'Istituto di assicurazioni malattie di Marsiglia, toltosi la vita con una calibro 38 nella sua villa di Saint-Bernabé l'alba del 4 marzo scorso, è per gli uni protagonista di un tristissimo dramma personale e basta, per gli altri, molto di più: vittima delle manovre occulte del potere, individuo sacrificato alla ragion di partito. . Per gli uni è una sorta di esempio di spirito libero, per gli altri, al di là della compassione che si prova di fronte ad ogni gesto tragico, era un ambizioso funzionario che aveva abusato del potere fino a ricorrere all'arma della discriminazione politica a danno delle sinistre e al quale giustamente madame Nicole Questiaux, ministro socialista della Solidarietà nazionale, aveva ritirato il proprio «gradimento» Invitandolo ad abbandonare il posto. Il primo ministro Pierre Mauroy, socialista, concludendo a Marsiglia la campagna per le «cantonali», ha tentato di mettere un sigillo ài caso accusando gli avversari politici di fare ignobili speculazioni a fini elettorali. Ma la morte di Lucet continua a pesare. L'ultima foto ritrae Lucet nell'atto di discendere i gradini del Palazzo della Sicurezza sociale a Valmante, sobborgo di Marsiglia. E' la sera del 3 marzo, la sera delle dimissioni. Lucet risponde con un sorriso ai funzionari che lo applaudono e che hanno scioperato dieci giorni per esprimergli solidarietà dopo il ritiro del «gradimento». Lui stesso ha disposto che riprendano il lavoro. Appare sicuro di sé. «La questione — dice — la risolveranno i tribunali amministrativi. Ritornerò». E sorride sempre sicuro di sé. Qualche ora dopo, la fine, quasi sotto gli occhi della moglie. Perché? Per tentare di rispondere ora si fruga in ogni piega riposta della vita di Lucet, ma la vita di Lucet per quanto concerne la dimensione privata non presenta misteri, si è snodata lungo i binari di una serena routine: la bionda e graziosa moglie Prancoise di cui era innamorato, i due figli che adorava. E la dimensione pubblica dell'uomo? C'è un'immagine ricorrente: quella di Lucet fedele «commis» dello Stato, che vive, agisce e pensa in funzione della sicurezza sociale, quasi un'identificazione organica tra l'uomo e l'ufficio, tra l'individuo e la carica. Identificazione che presuppone vivo interesse, amore per il pubblico servizio. Ed è fondata quest'immagine? Un dato di fatto è ammesso da tutti: l'estrema competenza del funziona¬ rio, la conoscenza approfondita di un meccanismo complesso qual è il settore previdenziale, l'efficienza e il dinamismo eccezionali. Figura modello, insomma, nell'ambito della pubblica amministrazione, l'uomo giusto da collocare in un meccanismo che non è soltanto complesso ma che (in Francia come altrove) si presenta elefantiaco, arrugginito e che ha bisogno di talenti per ricevere spin¬ te appropriate e rispondere alle esigenze dei cittadini. Meccanismo per giunta regolato da una normativa farraginosa: leggi scritte e antiche norme consuetudinarie. Soprattutto a Marsiglia, in quella sorta di Bisanzio della burocrazia dove Lucet giunse nel 1979. sotto lo sguardo benevolo e con il beneplacito dell'allora ministro Jacques Barrot, che addirittura lo voleva presso di sé al ministero apprezzandone in sommo grado le virtù di tecnocrate. A Marsiglia Lucet arrivava dopo una carriera rapida accompagnata da unanimi riconoscimenti. E a Marsiglia alla testa della Cassa d'assicurazione delle «Bouches-du-Rhòne» Lucet dimostrò che la fiducia era ben riposta: gestione manageriale come se si trattasse di un'azienda privata, informatica, raziona- llzzazione totale, elevata produttività. Gli arretrati (800 mila dossier destinati a impolverarsi e ingiallire) calarono di colpo, l'attesa per i rimborsi si ridusse a 24-48 ore, l'assenteismo che toccava punte del 30 per cento calò di molto. Sono dati di fatto che non si possono discutere. Perché allora la caduta in disgrazia? C'è qualche relazione con il 10 maggio 1981, il mutamento del regime politico, la fine del settennato giscardiano? Le risposte divergono ed è a questo punto che nasce la malheureuse affaire. Dicono i sostenitori del direttore della cassa, soprattutto simpatizzanti del Rpr gollista e dell'Udf giscardlana, che la battaglia da lui condotta per la razionalizzazione del settore previdenziale ha finito per ledere precisi interessi del partito comunista oggi al potere con i socialisti. Come? La risposta chiama in causa proprio quel farraginoso sistema normativo metà diritto scritto metà diritto consuetudinario cui abbiamo già accennato. Cercare di mettere ordine nel ginepraio della previdenza come ha fatto Lucet, dicono sempre i suoi sostenitori, significa suscitare malcontenti e rancori. Quel sistema arcaico, infatti, permette la sopravvivenza, accanto al servizio nazionale di sicurezza sociale, delle mutue operaie, le quali talora gestiscono una parte delle pratiche delle persone bisognose di cure, pratiche che invece a stretto rigor di legge dovrebbero essere di competenza del servizio nazionale. Le società di mutuo soccorso assicurano una procedura più rapida e l'ammalato preferisce ricorrere al loro aiuto. Non è un aiuto disinteressato, posto che le mutue incamerano una certa percentuale dei rimborsi. Mettere ordine dunque significa ripristinare il primato del servizio nazionale a scapito di un consolidato sistema corporativo che tanto più prospera quanto più il servizio nazionale mostra pecche. E se le mutue operaie, come accade a Marsiglia, sono legate alla Cgt, sindacato comunista, mettere le mani in quel settore conduce a uno scontro con il pcf. E' Lucet vittima di questo scontro? Per i sostenitori è evidente. Tanto più evidente se si pensa che il direttore della cassa malattie aveva avuto altri attriti con i comunisti. Il più rilevante riguardava l'appoggio dato da Lucet a Force ouvrière, quell'arcipelago sindacale guidato da André Bergeron, socialista, del quale fanno parte simpatizzanti dei più diversi partiti eccetto il partito comunista. Force ouvrière stava acquistando proprio a Marsiglia un peso prima sconosciuto sopravanzando nel personale della cassa malattie la stessa componente Cgt. Dobbiamo concludere allora che il siluramento di Lucet fu dovuto a una congiura di palazzo ordita dai comunisti che hanno usato come strumento il ministro socialista Questiaux? Si propone a questo punto un'altra chiave di lettura. Lucet è presentato in una luce diversa. Amministratore efficiente, non c'è dub¬ bio, ma ambizioso, amante del potere che esercitava in modo sempre autoritario, talora dispotico. Una sorta di proconsole della previdenza, un funzionario dall'azione amministrativa non sempre limpida come avrebbero accertato gli ispettori di una commissione di inchiesta ordinata dalla Questiaux lo scorso anno allorché si profilò l'affaire. Un funzionario per giunta che era venuto meno a quell'impegno fondamentale del pubblico amministratore che è rappresentato dall'imparzialità dell'azione amministrativa, impegno quasi sacro, dovere giuridico e morale ad un tempo. Lucet non faceva mistero del suo radicale anticomunismo; Lucet nelle lettere ai suoi «subordinati» rammentava a ogni pie sospinto il pericolo rosso; Lucet isolava all'interno della cassa i lavoratori iscritti al pcf; Lucet era sospettato di simpatizzare con elementi di estrema destra. Pierre Mauroy nel comizio conclusivo di Marsiglia ha detto: -Un governo non può tollerare che un amministratore dica: "Io voglio lavorare soltanto con i verdi e i blu, gli altri non li voglio". E ha difeso la Questiaux sottoposta ad attacchi concentrici. A Lucet in ogni caso era stato promesso un altro incarico. Ma dice un amico: -Non era l'uomo dei compromessi. Era l'uomo del tutto o nulla. E ha preferito togliersi la vita». La sua rimane una morte inquietante, quale che sia il corretto modo di leggere la vita e l'opera di René Lucet. C'è chi evoca l'ombra di Salengro, il ministro di Leon Blum, suicida perché vittima di una campagna denigratoria della destra. Un caso Salengro alla rovescia. E non è mancato chi sulla tomba di Lucet, nella quiete di Fontainebleau, ha scritto, cedendo abbastanza alla retorica: «Siamo tutti tuoi assassini-. Clemente Granata

Persone citate: André Bergeron, Jacques Barrot, Leon Blum, Mitterrand, Nicole Questiaux, Pierre Mauroy, René Lucet