Miseria e coltello, dramma dell'800 di Ugo Buzzolan

Miseria e coltello, dramma dell'800 LA TELEVISIONE di Ugo Buzzolan Miseria e coltello, dramma dell'800 Quanti sono i drammi •sociali» del nostro Ottocento? E' un teatro pieno, ami stracolmo, di adulteri che nascono nei salotti all'ora del ricevimento e si consumano nella penombra delle eleganti alcove fra trepide dame con la veletta e baffuti gentiluomini in tuba. Nel bene e r.clmalz è la ricca borghesia che domina, o la più superba aristocrazia. E gli altri? Non esistono gli altri? Evidentemente le classi dette inferiori (lo erano di nonxee di fatto) .non venivano considerate degne di' spettacolo. Cavalleria rusticana di Verga sbalordì il distinto pubblico della prosa per l'ambiente siculo e paesano, ma trionfò in nome del pittoresco e del folklore, e si impose come storia di un mondo incredibile e lontanissimo. Mancavano sempre le altre storie, quelle che si svolgevano girato l'angolo, nei. bassifondi delle grandi città, e che le cronache dei giornali riportavano quotidianamente; per queste storie bisognava rivolgersi non al raffinato — pia o meno — teatro in lingua ma al teatro dialettale che di quando in quando, tra i bozzetti strappalagrime e le farse ridanciane, infilava copioni sorprendenti dì cui erano protagonisti i diseredati e gli emarginati. Sorprendenti, ho detto. E una conferma la si è avuta dal trittico piemontese a cura di Massimo Scaglione che la rete 3 ha meritoriamente diffuso in •nazionale». Già quel Travet di Bersezio, volto alla sua giusta dimensione drammatica, ci ha fatto vedere un'Italia piccolo borghese invischiata nei mali post-risorgimentali e artefice-vittima di una burocrazia conservatrice. Subito dopo I mal nutrì di Leoni ci ha messo sotto gli occhi, crudamente, un aspro quadro di proletari contadini miserabili e angariati in vana lotta contro i padroni che li considerano soltanto bestie da soma: il clima eroico dell'Italia che si batte per l'indipendenza è totalmente sparito, ora le armi vengono spianate contro le masse dei lavoratori sfruttati senza ritegno di sorta. . La terza commedia che vedremo stasera, i cotel di Luigi Pietracqua, che risale al 1869, tenta un'analisi della -plebe cittadina» ed è un dramma di miseria, di alcol e di coltello: disoccupati, sottopagati, spostati bevono e si abbandonano ad atti di violenza terrorizzando i borghesi. C'è una scena in cui un •padroncino» invoca la mano di ferro e leggi eccezionali contro i •barabba», e un operaio progressista e illuminato (cui forse sono giunti echi del •Manifestò» di Marx) gli risponde in sostanza: le leggi eccezionali non servono, la repressione è inutile, questa gente si comporta cosi perché è disprezzata dalle classi superiori, si sente isolata, è affamata, senza lavoro e senza speranza, bisogna che finalmente iti Itàtta~Té cose cambino in modo profondo e non soltanto a parole... Questo nel 1860. ' ' Dramma semplice, ingenuo e cupo, sostenuto da un dialetto che qui si è avuto il coraggio ài mantenere intatto nel suo plastico vigore, '1 cote) è stato allestito dal regista Scaglione come una serie di antiche stampe popolari e, se dubbi possono sussistere per le scene troppo gelide e lucide, nessuna riserva può essere avanzata per l'interpretazio¬ ne incisiva, sciolta e corposa (da citare Gipo Farassino, Pier Angelo Ctvera, Anna Bonassoe Carlo Campanini) che ha contribuito a » fare del dramma uno spettacolo vivo e, insieme, un documento su cui meditare.

Persone citate: Anna Bonassoe, Bersezio, Carlo Campanini, Gipo Farassino, Leoni, Luigi Pietracqua, Marx, Massimo Scaglione, Pier Angelo Ctvera, Scaglione

Luoghi citati: Italia