Questa povera cultura
Questa povera cultura Il Comune investe quasi 2 miliardi, ma sono pochi Questa povera cultura Crìtiche dell'Arci, associazione di sinistra che quest'anno compie un quarto di secolo e conta 37 nula iscritti-La città ha bisogno di sedi, spazi, strutture per riuscire finalmente a decollare Torino, una citta dalle mille culture, vivace, inserita nel grandi circuiti nazionali e internazionali, almeno quanto Milano e Firenze. Un'utopia? Una chimera irraggiungibile? Sono Interrogativi attuali, entrati di prepotenza nel dibattito fra le forze politiche, dopo un documento socialista sulle culture sommerse che ha messo a rumore il palazzo e che ha dato avvio ad una verifica municipale nella «classica crisi del settimo anno». Domande che vengono poste anche dagli operatori culturali in una stagione nella quale molte certezze sono sempre più labili. Nodi affrontati pure dall'Arci, un'associazione che quest'anno compie un quarto di secolo e che ha raggiunto i 37 mila iscritti ('Uomini, donne, giovani e anelant di tutte le estrazioni sodale e non solo comunisti o socialisti: si dice). L'Arci comprende un amplissimo ventaglio di attività: dalla musica allo sport (con l'Uisp), alle mostre, alla difesa dell'ambiente, al ballo e al teatro, in una nuova logica, talvolta critica rispetto all'ente locale, al Comune, alla Provincia e alla Regione, «anche se sono realtà guidate da amministrazioni di sinistra». Ieri questi temi (dal ruolo della capitale subalpina, alla cultura che deve nascervi ed esprimersi) sono stati rilanciati in una conferenza stampa, presente lo staff dirigente dell'associazione: il presidente De Stefanis, la segreteria con Rho, Moggi, Muttonl e altri. Nel mirino della critica (ammorbidita solo dalla considerazione che le sinistre al potere hanno determinato una reale stabilità politica) l'iniziativa del Comune e delle forze economiche, di un «privato che, se esiste, sul plano della cultura è stato troppo spesso latitante». Oggi a Palazzo civico è tempo di verifica fra le forze (pei e psi) del governo locale. E ciò, a giudizio dell'Arci, può dare l'occasione per un'effettiva svolta alla politica culturale di Torino: non in una direzione «totalizzante» («Abbiamo lottato — dicono i dirigenti dell'Arci —per lo scioglimento dell'Enal, non vorremmo trovarci a lottare contro un servigio pubblico del tempo Ubero, magari a livello municipale»), ma con un'amministrazione attenta nel predisporre gli strumenti indispensabili alla cultura e alla sua diffusione. •In questo campo della vita urbana, il Comune, pur avendo raddoppiato la percentuale di spesa, investe ancora trop¬ po poco, appena l'I,55 per cento della spesa corrente, circa un miliardo e settecento milioni l'anno». Ecco allora perché l'immagine di Torino non decolla, ecco perché l'ex capitale d'Italia è esclusa dai circuiti delle iniziative di richiamo: nessuno (né in passato, né oggi) ha saputo creare quel tessuto che può far emergere le culture somemrse. Ritardi dunque, imputabili a miopia politica, anche del tradizionale associazionismo della sinistra storica. Ritardi nel capire che la proposta culturale può giungere anche da committenti privati, che può essere utilizzata. «Oggi — confidano all'Arci — siamo molto Interessati a questo rapporto. Afa vogliamo ancor prima porci come soggetto sodale, come protagonisti della vita cittadina, accanto a partiti e sindacati, addirittura come sindacato della qualità della vita,. E per far fronte a questa funzione l'Arci chiede al Comune di porre a disposizione delle culture esistenti, sedi, spazi, strutture, per rilanciare l'associazionismo, dandogli la possibilità di gestire impianti, teatri, cinema, piscine, palestre, anche attraverso apposite convenzioni. Insomma, a giudizio dell'Arci, nella nuova pagina culturale che uscirà dalla verifica in Comune, le associazioni dovranno essere considerate «un reale soggetto» che possa esprimere le proprie idee non solo sul plano consultivo, ma talvolta anche a livello di iniziative concrete. Giuseppe Sangiorgio
Persone citate: De Stefanis, Giuseppe Sangiorgio, Moggi
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