Padova, l'industria del Santo di Sandro Doglio

Padova, l'industria del Santo UN'IMMENSA DEVOZIONE E UNA FABBRICA DI MILIARDI Padova, l'industria del Santo Sei miiionì di pellegrini visitarono nell'81 la basilica che conserva le spoglie di Antonio, il grande predicatore del 1200 Si organizzano viaggi da tutto il mondo, Russia e Arabia comprese - Ogni giorno sacchi di messaggi disperati Le elemosine e il ricavo di libri, rosari, santini e candele vanno al Vaticano - L'ultimo fatto miracoloso DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PADOVA — C'è un'industria, a Padova, che sfugge a tutte le statistiche dell'Associazione Industriali, che non pubblica bilancio, non lascia tracce nei registri del fisco, non crea disoccupati e in definitiva non produce niente, niente di tangibile per lo meno: eppure coinvolge ogni anno milioni di persone e ha un reddito valutabile a parecchi miliardi. E' l'industria del Santo; è la gigantesca macchina di interessi che si muove attorno alle spoglie di Antonio, morto più di 750 anni fa. Sei milioni di visitatori nel 1981 e seimila pellegrinaggi organizsati da tutto il mondo (Russia e Arabia Saudita comprese). Il giornaletto stampato nella basilica — il Messaggero di Sant'Antonio — ha superato il milione e messo di copie nell'edizione italiana, ed è diffuso anche in francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese. Ogni giorno giungono sacchi e sacchi di lettere, cartoline, messaggi disperati o esaltazioni liriche indirizzati a «Sant'Antonio-, o anche semplicemente al «Santo». La stagione di punta comincerà fra pochi giorni, con la ricorrenza di San Giuseppe, e si concluderà a fine ottobre. D'inverno vengono in prevalenza pellegrini dall'altro emisfero, soprattutto dall'America Latina. Ma l'anno scorso, avendo le autorità religiose effettuato in gennaio una -ricognizione' della salma del Santo, e avendone esposto ossa e saio pietosamente ricomposti per tutto il mese seguente, febbraio registrò un record assoluto: oltre 800 mila visitatori in appena 28 giorni. «Un puritano rigorista», notava già venticinque anni fa nel suo Viaggio in Italia, Guido Piovene, «sarebbe indignato sapendo quante persone che non credono in Dio, credono in Sant'Antonio, e quando passano per Padova vanno al Santo a portargli un cero». Ceri picco», bianchi, lunghissimi; ceri grossi. colorati, adorni di immagini di Antonio con in braccio il Bambino; ceri a migliaia, a disposizione dei fedeli in giganteschi cassoni all'interno della basilica e che possono essere accesi con un contributo di poche centinaia di lire; ceri in vendita sulle bancarelle e nei negozi di articoli religiosi che si affacciano sulla piazza del Gattamelata, e die costano anche decine di migliaia di lire. Con la parola Per un credente questa marea di simpatia e devozione non ha misteri: Antonio è uno dei mas'siyni Santi della Chiesa Cattolica, studioso, taumaturgo, combattente per la difesa dei poveri e degli oppressi, francescano dallo spìrito purissimo ma realista. I fedeli gli chiedono conforto spirituale, gli studenti gli si rivolgono per un aiuto agli esami; è «il Santo delle cose perdute», ma gli si attribuiscono anche miracoli concreti, dimostrati dalla scienza medica. Per un laico è invece più difficile indagare sulle cause di tanta, straripante popolarità: già da vivo fu famoso non ostante la -concorrenza» temibile di Francesco da Assisi e di Domenico. Fatto santo da Gregorio IX quasi a furor di popolo, di fronte ai cardinali perplessi, fu messo sugli altari in appena undici mesi. Era morto a 36 anni, e per il possesso della salma a Padova si scatenò una lotta armata. Portoghese, nato da una famiglia-bene di Lisbona, era scontroso e taciturno. «Incuteva ammirazione e timore anziché confidenza», ha scritto Paolo Scandaletti, l'ultimo suo biografo. Fisicamente non era prestante: era piuttosto piccolo, corpulento, bruno. Soffriva di idropisia; forse anche di gotta, asma e diabete: «Non stava volentieri in piedi, non poteva camminare agevolmente». L'immagine che lo mostra seduto su un ramo di noce è la più veritiera. Si esclude che da vivo abbia compiuto miracoli, la sua forza era l'eloquenza. Ma ancora nove anni prima di morire era uno sconosciuto frate che lavava i piatti e spazzava il dormitorio nell'eremo di Montepaolo presso Forlì: venuto a mancare l'oratore per celebrare nuove ordinazioni sacerdotali, ed essendosi rifiutati dì predicare i domenicani, il superiore del convento — fra Graziano — per punire i superbi ordinò al riluttante Antonio di salire sul pulpito: non aveva mai predicato, nessuno lo aveva mai neppure sentito parlare in latino. Ci fu ilarità fra i suoi confratelli, forse si scambiarono gomitate di sarcasmo, ma Antonio stupì tutti per eloquenza e cultura e capacità di avvincere. Cominciò cosi la sua breve stagione di predicatore dotto. Ed ebbe subito un successo che oggi si definirebbe clamoroso. Nel 1300 — Antonio mori nel 1231 — cominciarono nella storia della Cristianità i primi grandi pellegrinaggi: a Santiago di Compostela per San Giacomo, a Venezia per San Marco, a Roma per San Pietro; con rapidità incredibile si aggiunsero i pellegrinaggi a Padova per Sant'Antonio. I fedeli viaggiavano a piedi, a cavallo, i più ricchi in carrozza o anche in portantina. Per secoli, accanto al richiamo della sua università, pur fra guerre e distruzioni, Padova attirò folle di curiosi e di devoti per la tomba del Santo, e quindi per la Basilica, che divenne via via più grande e ricca: Altichiero, Avanzo, Tiziano, e soprattutto Donatello — con la Deposizione e lo stupendo altare — adornarono e contribuirono a rendere celebre la Basilica anclie per gli amanti dell'arte. Ma tutto questo ancora non spiega all'agnostico le ragioni della popolarità di Antonio: i 'suoi sermoni sono pressoché sconosciuti al gran pubblico, non ha lasciato •verità» sconvolgenti, non è stato che uno dei -soldati» della crociata cattolica contro la corruzione, la simonia, contro l'usura e lo strapotere dei ricchi e dei signori. «Eppure», dice pianamente fra Luciano, uno dei cinquanta religiosi che a Padova fanno funzionare la Basilica e accolgono i pellegrini: «Antonio è il Santo più conosciuto nel mondo. Non è un caso che anche Antonio sia il nome più diffuso ancora oggi... «Poco fa, aggiunge, ha finito di cantare mottetti una corale venuta apposta dall'Argentina; per domani è annunciato l'arrivo di un centinaio di brasiliani. Ogni giorno ci porta centinaia di fedeli che tutto sommato non chiedono neppure molto: per tutta la vita hanno sognato di venire a raccogliersi accanto alla tomba del nostro Santo». Vengono, lasciano elemosine, acquistano libri, rosari, santini, statuette; accendono candele, «e se ne vanno in pace con Dio». Nella scura navata sorge una fila quasi ininterrotta di austeri confessionali, sui quali sono annunciate le lingue conosciute dai frati. La Basilica di Antonio non dipende gerarchicamente dal vescovo di Padova, ma risponde direttamente al Vaticano: le offerte, le donazioni, le eredità che i pellegrini lasciano al Santo vanno direttamente a Roma, che si cura di mantenere direttamente i frati e si occupa delle spese necessarie per la manutenzione e la custodia del santuario e delle opere d'arte. In chiesa, marciando a grandi passi, getta un occhio su tutto dall'alto della sua divisa gallonata Giovanni Tarato, cavaliere di San Gregorio Magno e da -10 anni guardia pontificia della Basilica: «Qui sosta la povera gente, ma anche i gran signori: non ostante tutto ciò che ho visto, ogni giorno mi stupisco per l'amore e la curiosità che An¬ tonio suscita». «Forse è vero», commenta sottovoce un frate, «che i fedeli di Sant'Antonio sono cattolici diverslidagli altri». Attorno al santuario sono sortì alberghi, ma anche la -Casa del Pellegrino», in grado di dare ospitalità con poca spesa a 400 persone: «Ma è sempre al completo». Padova sta diventando piccola per il suo Santo; le attrezzature alberghiere spesso sono insufficienti: all'epoca dei grandi pellegrinaggi o nei giorni di particolari festività non bastano neppure i cento e più alberghi della vicina zona termale. «Il Comune si occupa poco di questa ma^sa di pellegrini», scappa detto a un frate. Ma il Comune di Padova non è retto e dominato dai democristiani? «E allora?» ribattono in Santuario. Due mastini Durante la guerra, specialmente dopo che un rifugio antiaereo scavato sotto le antiche mura di Padova fu sventrato in un'incursione che provocò trecento morti, si dovette aprire il Santuario anche di notte, per dar asilo a migliaia di cittadini che non avevano più fiducia nel cemento armato ma che continuavano a fidarsi della casa del Santo: qualche spezzone toccò la chiesa, ma non ci furono vittime. Anche questo oggi è citato come uno dei miracoli di Antonio; l'ultimo fatto miracoloso di cui si parla è la «resurrezione» di una bimba australiana il cui cuore si fermò per 24 minuti, ma che non morì per le preghiere della madre a Sant'Antonio: la ragazza è poi venuta a Padova per ricevervi la Prima Comunione. Con l'Università, la ditta ha conosciuto e conosce fermenti giovanili, contestazioni; recentemente questa zomi è stata al centro di imprese terroristiche. Ma la «industria del Santo» non sembra soffrire di queste inquietudini: i primati di affluenza continuano — per dirla in gergo sportivo — a essere "battuti^ «Forse quest'anno patiremo' un po' la concorrenza di San Francesco: Assisi celebra le feste centenarie per il suo fraticello. Ma vedrà che il Santuario non andrà in fallimento», sorride fra Luciano. E' sera; il cavalier Turato spinge con cortesia gli ultimi fedeli fuori della Basilica, gli ultimi pellegrini che si soffermano sulla piazza a comperar ricordi e a spedire cartoline in tutto il mondo. Nel convento i cinquanta religiosi si chiudono in preghiera e meditazione. Nell'interno della Basilica sono lasciati liberi due mastini napoletani che faranno la guardia ai tesori: Antonio ammette persino i cani nella sua chiesa. Sandro Doglio ,1 Padova. Pellegrini sfilano davanti alla Cappella del tesoro, nella grande basilica che ospita le spoglie di sant'Antonio

Persone citate: Antonio Mori, Arabia, Avanzo, Gregorio Ix, Guido Piovene, Paolo Scandaletti, Pellegrini, Portoghese