Massa: grido d'allarme per i castelli lunigiani

Massa: grido d'allarme per i castelli lunigiani Convegno-proposta di studiosi e politici Massa: grido d'allarme per i castelli lunigiani NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE MASSA — Salviamo i nostri castelli, ma non perdiamo tempo, altrimenti non rimarranno che frammenti di mura crollate. Questo, in sostanza, l'appello lanciato in un convegno svoltosi di recente ad Aulla sui castelli della Lunlglana con la partecipazione di politici, uomini di cultura, studiosi di archeologia e di storia medioevale. Si è parlato molto della proposta di legge n. 2029 presentata da parlamentari liguri e toscani e illustrata al convegno dal socialista on. Valdo Spini; una legge progettata in particolare per i castelli della Lunigiana, che però dovrebbe concorrere a salvare l'immenso patrimonio artistico d'Italia. Non a caso si parte dalla Lunigiana per parlare di castelli e del loro recupero. Questa terra, infatti, è una delle più ricche di testimonianze del passato: quasi ogni paese ha una torre medioevale, una fortezza o un palazzotto, simbolo di un antico potere. La Lunigiana storica ha confini ben più vasti di quelli indicati dalle moderne carte geografiche. Sul mare va da Pietrasanta in Versilia sino a Framura, al confini della provincia di Genova; nell'interno arriva all'Alta Garfagnana, tocca il crinale appenninico tosco-emiliano. Tre regioni: Liguria, Toscana, Emilia; quattro province: Spezia. Massa, Lucca e Parma. Al centro di questo vasto territorio è la Valle del Magra, conosciuta come la via Francigena o degli Eserciti, percorsa e de- vastata dal grandi condottieri, strappata duemila anni fa dai romani ai bellicosi liguri-apuani, terra di conquista del Medio Evo. In Lunigiana passarono gli eserciti di Federico Barbarossa, di Corradino di Svezia, di Carlo vili che rase al suolo i borghi di questa regione impreparata a sostenere l'attacco delle prime armi da fuoco; qui si scannarono i guerrieri dei Malaspina, dei vescovi di Luni, delle grandi famiglie Fieschi e Dona, dei Medici di Firenze. I segni del potere rappresentati nel 1000 da torri isolate divennero nel 1300 e nel 1400 castelli con sistemi di difesa piombanti, dal '500 in poi palazzotti riservati ma non più fortificati; a significare che il Medio Evo era finito. Che cosa è rimasto di quei lontani secoli? «t7n patrimonio enorme — dice 11 prof. Augusto Ambrosi, direttore dell'istituto lunigianese dei castelli —; nella nostra regione sono documentate oltre duecento opere murarle. I castelli esistenti sono ancora 160, appartenenti ai Malaspina, ai vescovi di Luni,'ai Fieschi o ai Doria; una trentina nelle province di Massa e della Spezia sono in buone condizioni; gli altri stanno andando in rovina. Ecco perché è urgente l'approvazione della nuova legge*. Perché tanti castelli In Lunigiana? Una spiegazione l'ha fornita il prof. Ambrosi al convegno di Aulla. I Malaspina, che dominarono a lungo una gran parte della regione, rispettavano, per quanto riguarda il diritto d'eredità, la legge germanica secondo la quale 11 patrimonio veniva diviso fra i vari figli; ognuno degli eredi aveva quindi la possibilità di far erigere 11 proprio castello. Ma adesso, abbandonati da secoli, questi simboli di un potere ormai finito e testimonianze di un mondo lontano, ina che fa parte della storia dell'umanità, rischiano di sparire per sempre. Sia che appartengano ai Comuni sia a privati, U destino dei castelli, se non intervengono misure protettive, è segnato: una lenta ma inevitabile decadenza. Mantenerli sani ed efficienti è im¬ presa quasi proibitiva. ••Parecchi privati rinunciano alla proprietà — dice 11 prof. Ambrosi — perché non sono in grado di far fronte alle spese di manutenzione. Le sovrintendenze, lo sappiamo, vivono di molta buona volontà ma i fondi sono scarsi. La conclusione è triste ma quasi inevitabile, le opere abbandonate, anche se costruite con il massimo impegno e senza economia di materiale, vanno in malora. La proposta di legge illustrata al nostro convegno, se diventerà legge, può frenare la rovina dei castelli perché prevede maggiori finanziamenti alle sovrintendenze e aiuti anche ai privati. Ma non si deve perdere troppo tempo se non vogliamo che lè pietre ci cadano in tèsta*. Bruno Marchiare