Jane Fonda: «Pioniera per sempre» di Lietta Tornabuoni

Jane Fonda: «Pioniera per sempre» INTERVISTA CON L'ATTRICE PRIMA SEXY POI CONTESTATRICE ORA MANAGER Jane Fonda: «Pioniera per sempre» A quarantacinque anni, è divenuta produttrice fortunata e premiata di film su catastrofi economiche o nucleari: «La gente non vuole fuggire la realtà ma capirla» - «Mio padre Henry Fonda lo adoro anche perché mi ha insegnato l'autodisciplina» • Non ha pentimenti: «Lottare contro la guerra nel Vietnam non è stato sbagliato ne inutile» - Conserva la voglia politica di battersi - «Finita la schizofrenia, sono una donna felice» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ROMA — Jane Fonda, ormal più donna d'affari e di politica che attrice, ha quarantacinque anni, una figlia adolescente, una propria società, di produzione cinema-' tografica, e siamo ancora U: sarà una candida pronta a cadere in tutte le trappole, un'ostinata troppo americana per ammettere errori, un'onesta radicai troppo coerente per cambiare idea, oppure sarà una gran f urbona? Una donna carina, questo è sicuro, vestita benissimo: e abbastanza ironica da attribuirsi in Rollover, II volto del potenti, l'ultimo suo film che è venuta a presentare in Italia, il personaggio di un'ex attrice divenuta donna d'affari, sostituta del marito assassinato alla presidenza d'una industria petrolchimica. Il film sembra una specie di Dottor Stranamore: dove i pericoli mortali dell'assoluta artificiosità e vulnerabilità del sistema finanziario internazionale sostituiscono il rischio dell'armamento atomico affidato alla labilità umana. Un Dottor Stranodollaro con in più strette sessuali furenti e nevrotiche sotto coperte di pelliccia; con il gran lusso freddo di quelli che non lo amano perché non hanno tempo d'apprezzarlo; con miliardari arabi ammantellati che mangiano con le mani nel deserto e mandano in malora l'economia mondiale con un numero di conto bancario; insomma, con quell'universo dell'alta finanza di cui sentiamo parlare sempre senza mai capire niente. E com'è adesso Jane, figlia di Henry e sorella di Peter, sola donna tra i famosi Fonda, la famiglia Barrymore dei poveri? La interroghiamo su se stessa. Negli Anni Cinquanta una diva giovane, divertente, e obbediente alle regole del sistema hollywoodiano. Nei primi Anni Sessanta una: «swlnging», un'interprete erotica della nuova libertà sessuale come poteva intenderla Roger Vadim.' Dal Sessantotto, un'attrice impegnata nella politica, attivista in America contro la guerra del Vietnam, femminista, organizzatrice di movimenti a favore di tutte le cause giuste della sinistra. Negli Ottanta, adesso, una produttrice cinematografica, una manager. Le va bene, come sintesi della sua vita? E' giusta, è sbagliata? — Detta cosi, più che una' vita sembra una sartoria: come se lo non avessi fatto che aggiornarmi alle diverse eiegame del momento, che seguire per istinto o per furberia tutte le mode radicai. Invece, come tutti, sono un prodotto del periodo storico in cui Ito vissuto; e forse anche di un dinamismo molto americano, pionieristico e inno- vatore. Io la racconterei diversamente, la mia vita. Come? — Negli Anni Cinquanta volevo fare la psicologa oppure la pittrice oppure la modella oppure niente. Ero esattamente come sono i ragazzi d'oggi: sema identità, sema ideali, pieni di paura. Non capivo la vita, non sapevo quale senso darle, non avevo idea di cosa fare né del perché stavo al mondo: bruttissimo. Incontrai allora Strasberg, die m'incoraggiò a studiare per diventare attrice: doveva esserci entrato anche mio padre ma non lo so, non me lo disse mai. Come mio padre, sono molto timida: recitare personaggi m'ha dato fiducia in me, ho acquistato un po'di sicurezza. Ma restavo una starlet, figlia di papà, carina, superficiale, con la vita vuota: nessuno pareva credere granché alle mie capacità né mi offriva la possibilità di darne prova. Come tanti in Francia, dove allora vivevo, ho sentito linfluema del movimento del Sessantotto; in America, dove sono tornata, analizzando le lotte contro la guerra del Vietnam ho constatato che la gente, organizzandosi, può davvero cambiare la Storia. La militama politica è stata per me un modo più diretto di partecipare alla vita del mio Paese. In questa maturazione, ho capito che era essenziale conquistare il controllo su me stessa e sul mio lavoro: dunque essere anche produttore e manager dei miei film. Non ha saltato del tutto il matrimonio con Roger Vadim, i film come «Barbarella.? — Vero: ma è un tempo cosi remoto. Chiuso. Il periodo in cui sono stata più frustrata come attrice e più infelice come persona. Decisi di farla finita, e non ho rimpianti. Con Vadim siamo amici, viene spesso a passare le vacarne in California con la nostra figlia tredicenne Vanessa, con me e mio marito e con il nostro figlio di otto anni Troy. Ma sono contenta di aver avuto la possibilità di stare in Europa, e in quegli anni. Come americano, vivendo in Europa diventi un po' meno arrogante, un po' meno ignorante e immaturo, impari a considerare il mondo con meno egocentrismo isolazionista. Nel nuovo mestiere di manager si diverte? — Detta cosi, più che un 'evoluzionc sembra un salto con l'asta: come se, adesso che sono quarantenne, io avessi di colpo deciso di non essere più una dipendente ma di diventare una padrona. E' diverso. Divenuta una militante politica, ho scoperto che c'erano molte cose che avrei desiderato esprimere e comunicare attraverso i film: ma, eccetto forse per il film Giulia, 7(on trovavo produttori che mi offrissero simili opportunità. Quindi, ho fatto dame. Le piace comandare? — No: il boss è un personaggio troppo solitario e troppo esposto a diventare scemo, peché la gente die ha intorno ha troppa paura per criticarlo quando sbaglia. A me piace lavorare in gruppo, con persone che rispetto e die la pensano come me, die amano quel che fanno: tutti insieme, appassionatamente, e per quanto si può egualitariamente. Anche come produttore ho un consigliere, mio marito Tom Hayden, dirigente politico della sinistra; ed ho un socio-partner. Brace Gilbert. Giovane, molto più giovane di me, eccellente organizzatore, dotato d'un gran senso del soldi e della competema finanziaria che a me mancano. L'ho conosciuto nel movimento contro la guerra del Vietnam: andie se non aveva mai visto uno Studio sognava di diventare produttore cinematografico, e gliene ho dato la possibilità. Volevo fare un film sui reduci dal Vietnam: durante tre anni avevo lavorato con loro, sostenendo l'organizzazione di quei reduci che erano i più legittimati a parlare contro la guerra, contro ciò che essa aveva significato per l'America. Ma nessuno era disposto a rischiare soldi sulla crisi tragica, la solitudine e il coraggio di quei reduci: cosi per Tornando a casa di Hai Ashby ho azzardato io. Mi sono improvvisata produttore, ho pure interpretato il personaggio femminile: mi hanno premiato conl'Oscar. Dopo quanto è accaduto poi nel Vietnam non si pente di nulla, non le pare che la protesta di allora contro la guerra fosse sbagliata o almeno inutile? — Gli americani die si sono battuti contro la guerra nel Vietnam erano gli eredi di una grande tradizione di libertà, d'umanità e di indipendenza: due secoli fa anche noi facemmo una rivoluzione contro il colonialismo inglese. Anctie allora c'erano coloni che criticavano i rivoluzionari, ma la rivoluzione nazionale americana ha vinto. Voler porre fine alla guerra nel Vietnam, conflitto impopolare, conflitto finamiariamente rovinoso di cui l'economia americana ancora soffre adesso le conseguenze con l'attuale inflazione e disoccupazione, era una causa giusta. La causa giusta cui si dedica adesso è quella della forma fisica, della salute? — Questo è offensivo: non vede che film facciamo? Con Michael Douglas, il figlio di Kirk, abbiamo prodotto La sindrome cinese, avendo quello che è stato definito un colpo di fortuna sinistro: centrato sul tema dell'immenso rischio rappresentato per la gente dall'installazione di centrali nucleari sul territorio abitato, il film era appena uscito in America e il protagonista Jack Lemmon stava per venir premiato al Festival di Cannes, quando il tragico incidente alla centrale nucleare di Three Mite Island dimostrò quanto poco fantasiosi fossero i pericoli che denunciavamo. Adesso abbiamo prodotto Rollover. Il volto del potenti, perché nulla oggi è più importante della crisi energetica, e da essa deriva quella particolare vulnerabilità dell'economia americana nei confronti degli arabi cui il film è dedicato: io ne ho appena ricavato la nomination per l'Oscar come migliore attrice non protagonista. Sono convinta che la cultura, quindi anche il cinema, non debba aiutare la gente a sfuggire la realtà, ma a comprenderla meglio: e credo che la gente abbia voglia di capire, almeno a giudicare dai nostri incassi e risultati. E la forma fisica, la ginnastica, la salute? — Sono importanti anche quelle: i «Jane Fonda Work OuU, istituti per il benessere fisico, sono due a Los Angeles e uno a San Francisco. Appena posso vado a tenervi lezione; gli incassi vanno a finanziare la nostra organizzazione politica, la Ced, Campagna economica democratica. Personalmente, non ho il mi¬ to della bellezza o della giovinezza né il culto della magrezza, ma ho imparato molto presto ad apprezzare il valore dell'esercizio fisico. Senza la salute diventi impotente; sema esercizio fisico diventi tetro. Stamani, come ogni mattina, mi sono alzata alle sei, ho fatto le mie due ore di ginnastica: e mi sento benissimo. L'autodisciplina è la sua morale? — Se non fossi io a disciplinare me stessa, altri mi imporrebbero la loro disciplina: e io non voglio. E' stato mio padre a insegnarmi l'autodisciplina: anche per questo lo adoro. A sua madre Frances Seymour Borkaw, inalata di nervi e morta suicida quando lei aveva quattro anni, le capita mai di pensare? —No. Non mi capita. Come le piace, oggi, la sua vita? — Ho la gran fortuna di aver eliminato quella schizofrenia e alienazione dell'esistenza che fa diventare matta tanta gente. Ho sposato un uomo che ha la mia stessa visione della società, insieme con il quale svolgo attività politica per il mio Paese. Ho un lavoro nel quale posso esprimere le mie idee, rendermi utile, e che mi permette di vivere bene, d'ottenere anche soddisfazioni della vanità. I miei figli condividono le mie aspirazioni. Sento d'avere la forza per progredire e la voglia di continuare a battermi contro ciò che giudico ingiusto. Pioniera per sempre? — E non è questa, la felicità? Lietta Tornabuoni L'attrice Jane Fonda si riposa sul set del film «Rollover» (Il volto dei potenti) accanto al regista Alan J. Patitila